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Jackie. Il peso del diventare icona

Jackie. Monologo di Elfriede Jelinek sul palco dell’Angelo Mai di Roma per la regia di Manuela Cherubini, con Luisa Merloni. Psicopompo Teatro. Recensione

Jackie
Ph. Gianluca Moro

Il Novecento, qualche giorno fa. L’icona, raffigurazione mitica di derivazione sacra, durante l’ultimo secolo del millennio è stata deprivata del sacro e sostituita dal concetto di personaggio, quindi assecondando la rivoluzione pop del mito. Ecco allora che alcuni protagonisti della storia novecentesca, veicolati dai mezzi di informazione di massa, hanno imposto non un valore morale ma più facilmente un gusto, non un modello di vita intima ma di vita sociale, secondo un sistema di crescente mostra perpetua, l’apparenza, estremizzata e presto sistematizzata. Tale evoluzione ha tuttavia subito dei cambiamenti, nell’epoca contemporanea: allora il significato emergeva dall’immagine, divenuta simbolo, che ne sprigionava l’impatto; quelli che oggi chiamiamo “influencer”, in contrario, sviluppano il proprio successo certo ancora a partire dall’immagine, ma sulla base delle scelte compiute o adombrate, più o meno interessanti per il grande pubblico. Pertanto sappiamo ogni elemento, ogni passaggio della biografia in corsa delle star, per il fatto che il modello immobile dei mass media si è dinamizzato attraverso l’immagine in movimento sui social network. Ma il Novecento, si diceva, è qualche giorno fa. E noi storicizziamo il passato ché il presente è un mostro di molte forme. Di un’icona recente si occupa un testo della scrittrice austriaca Premio Nobel 2004 Elfriede Jelinek, Jackie, dedicato alla figura di Jacqueline Kennedy, la first lady americana più tragica della storia, che Manuela Cherubini di Psicopompo Teatro ha portato sul palco dell’Angelo Mai di Roma per voce e corpo di Luisa Merloni.

Jackie
Ph. Gianluca Moro

Il monologo prende forma attraverso una frammentazione di interlocuzioni: Jackie sul podio, Jackie a contatto con una opinione pubblica con cui non ha fondamentalmente mai avuto un dialogo di contenuti, ma per la quale ha rappresentato l’immagine simbolica di un’America che stava compiendo il passo decisivo per affermarsi in quanto potenza interplanetaria, rinforzando l’idea di un nuovo tipo di sogno americano dentro e fuori i confini statunitensi. La moglie del primo presidente americano pop, John Fitzgerald Kennedy, assunta in famiglia per incarnare un modello di riferimento preordinato e previsto dalle intenzioni di successo mediatico, passa per la penna di Jelinek come un disturbo di sistema, eliminato da un meccanismo in cui fu presto di troppo – a causa dell’omicidio di colui che è ritenuto, a torto, un “grande padre” dell’America democratica.

Jackie
Ph. Gianluca Moro

Il personaggio narrativo vive in una sorta di isteria linguistica, ossessionata proprio dall’immagine. Jackie in tallieur, Jackie in foulard. Jackie impossibile da separare dal proprio abbigliamento. È questa la figura che si va a misurare con la percezione di una vita riflessa, mai davvero riferita a sé stessa: Jackie moglie, Jackie madre, Jackie tradita, Jackie amante e ancora moglie (solo accenni al secondo amore Aristotele Onassis). Jackie vecchia e malata, raffigurazione di un’epoca precedente. L’idea di Jelinek è sovrabbondante di segni, ma un testo come una slavina passa intelligentemente per una visione che Manuela Cherubini sottrae fino all’essenzialità, stringendo su un’attrice abilissima come Luisa Merloni, capace di perdonare al tragico una tendenza alla pomposità talvolta boriosa, trattandola con alcune sapienti armi del comico, quali l’ironia e l’interazione. Jackie moglie di. Jackie vittima sacrificale di una meccanica servile al potere. L’ex first lady emerge nelle proprie parole come da un passato non perfettamente redento, non risolto, in cui l’esistenza di relazione ha soverchiato quella primaria, l’ha anticipata, l’ha portata a invecchiare senza in fondo aver avvertito la scansione del tempo, preservando tuttavia un’esigenza intima che ne conserva volontà e sacrifici. Sulle spalle un peso della vita che le resta addosso, non scelta, divenuta suo malgrado un modello visivo, di superficie, senza che nessuno abbia mai desiderato conoscere davvero Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis. Una donna.

Simone Nebbia

Angelo Mai, Roma – Marzo 2018

JACKIE
di Elfriede Jelinek
con Luisa Merloni
regia di Manuela Cherubini
traduzione di Luigi Reitani
Psicopompo Teatro

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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