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Teatro Immediato. I “legami” di Pescara

Teatro Immediato ha ideato il Festival La Cultura dei Legami a Pescara. Un’occasione per un confronto sulle tendenze del contemporaneo e per il debutto di Sutor. Recensione

Foto di Carlo Pavone

Dietro a questo articolo c’è un pensiero lievemente autoriferito. Astenersi giudicanti preventivi. Il critico che scrive qui è quello che scrive da ormai un bel po’ di anni, che ha da un certo momento in poi virato il suo intervento da un luogo stanziale, quello di appartenenza e di domicilio, a un luogo più esteso, quindi da un territorio locale a un territorio nazionale. Non ci si accorge di questo passaggio, si assimila a un percorso soltanto quando arrivano sollecitazioni particolari, chiamate come quella che al critico in questione ha mosso Teatro Immediato, compagnia di Pescara che ha ideato e messo in atto la quarta stagione del Festival La Cultura dei Legami. Edoardo Oliva, direttore del festival, l’avevo conosciuto mentre guidavo una redazione locale, messa su in mezza giornata, per dare conto di un altro festival, Primavera dei Teatri 2017 a Castrovillari. Quindi durante un lavoro operativo in cui si poteva testare “la cultura del legame” con una terra per mezzo di uomini e donne, ragazzi e ragazze, impegnati a veicolare l’informazione teatrale verso la loro gente, a volerne testimoniare il primato morale perché estetico. Così la telefonata del direttore di questo festival è stata un primo passo verso la possibilità che una buona pratica di “legame” si accordasse con un altro territorio; per testarlo, ha invitato in una sala del Museo delle Genti d’Abruzzo artisti, operatori, tutti coloro che abbiano a che fare con il teatro nella zona perché fossero in dialogo con il critico che qui scrive e con il collega del posto Paolo Verlengia, animatore di teatrionline.com, sulla cui piattaforma ha raccolto interventi e riflessioni di ognuno, dedicate a tematiche trasversali ma volte a spostare l’asticella culturale più in là di dove si trova ora.

Foto di Carlo Pavone

Leggendo queste riflessioni, nutrite da diverse esperienze e da visioni diverse sul teatro e sul sistema culturale a cui riferirsi, il critico “straniero” ha avuto possibilità di accedere nel modo più diretto alle esigenze di una realtà certo meno estesa ma che si evince viva e desiderosa di un confronto nazionale. Ognuno degli interventi, di chi ha o ha avuto per qualche motivo una relazione con questa zona teatrale – da Andrea Adriatico ad Andrea Cosentino, da Franco Mannella a Silvio Peroni – rilancia un valore del teatro come fondamento culturale di una comunità, senza il quale la comunità proprio rischia di sfaldarsi e disinnescare la portata umana di un nucleo coeso; ma anche, più nel dettaglio, promuove il richiamo al ritorno dell’attore come fulcro di questo meccanismo in grado di riportare il teatro, come e meglio della proverbiale chiesa, al centro del villaggio.

E poi c’è, proprio, il teatro. Sempre all’interno del complesso museale, in una sala dell’Auditorium Petruzzi miracolosamente divenuta spazio scenico per le mani sapienti dello scenografo Francesco Vitelli, Edoardo Oliva ha diretto sé stesso e l’autore Vincenzo Mambella in Sutor, terzo capitolo della trilogia “Destino e destinazioni”, di cui avevamo già avuto modo di apprezzare il primo movimento, Caprò, lo scorso anno. La dimensione prescelta è un dialogo tra due fratelli, entrambi calzolai, intenti nel loro mestiere, seduti di fronte al pubblico mentre continuano gli usati gesti con cui compongono la giornata, il lavoro, l’esistenza. Ma quando in quest’ultima entra il germe misterioso della consapevolezza che tutto è effimero, che il tempo non è eterno e la vita ha una vocazione alla fragilità, sintomo di finitudine, nei fratelli inizia a prendere corpo la volontà inammissibile ma ora d’improvviso realistica di concludere la vita come ultima azione della stessa. Lo spazio è disegnato come un’intenzione pittorica che riporta a un binomio di interpreti, dai Giocatori di carte di Cèzanne a certi dipinti di un Realismo operoso e caldo, all’interno del quale i due attori possono dar vita a una progressiva acquisizione di coscienza, sviluppando un’interazione che non dimentica, con una lodevole e raffinata scelta linguistica, la drammaturgia geometrica di Scimone e Sframeli. Un pensiero li coglie dunque in cima a una solitudine, attiva un processo che riconosce l’umanità dei due, privi della relazione con un mondo esterno dal quale sono esclusi, proprio dalla scelta di privarsene, passare dall’altra parte, sottrarsi là dove la sottrazione è già prassi, già immobilità. Chissà che l’uomo non riabbia forza proprio dalla forzatura di una soglia, sul margine possa girarsi e come ultimo atto di una vita, riconoscere la vita.

Simone Nebbia

Auditorium Petruzzi, Pescara – Febbraio 2018

SUTOR
di Vincenzo Mambella
regia Edoardo Oliva
con Vincenzo Mambella e Edoardo Oliva
scenografia Francesco Vitelli

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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