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PuSh Festival. Scavalcare le frontiere con garbo canadese

Tra il 16 gennaio e il 4 febbraio, Vancouver ha ospitato il quindicesimo PuSh – International Performing Arts Festival. Ci siamo stati. Tra spettacoli, talk con artisti e curatori, riunioni di operatori, un reportage.

Foto di Daina Ashbee & Alejandro Jimenez

Nel nome già una dichiarazione. Il PuSh – International Performing Arts Festival – muove dall’intento di spingersi oltre gli steccati di genere, al di là dei recinti preconfezionati intorno alle arti della scena, per articolare una programmazione di live performance che sia «un atto di immaginazione collettiva».
Tra virgolette la suggestione di Joyce Rosario, curatrice della quindicesima edizione di questo importante festival canadese, che si snoda su differenti luoghi della città di Vancouver. Siti che rappresentano stazioni di senso di un percorso che, da metà gennaio ai primi di febbraio, si è animato di un afflato immaginifico, insofferente a cartelloni prevedibili tipici di tante programmazioni nostrane, salvi dalla dittatura di algoritmi estetici.
L’eterogenea e indocile complessità del festival compone un palinsesto disarmonico e bizzarro, nonché ricco viviace di cui proviamo disordinatamente a rendere conto.
Al Queen Elizabeth Theatre in migliaia si sono affastellati per lo spettacolo The Eternal Tides, della coreografa taiwanese Lin Lee-Chun: un cerimoniale di suono e movimento, corpi e vocalità che, in più tappe, dipana una chiassosa ritualità, rispondendo a quell’acceso bisogno di folklore espresso dalla società liquida. Uno spettacolo che possiede una cifra di grandiosità. Tra la gravità di percussioni, la magnificenza dei colori delle vesti, le grida e i movimenti corali, resta tuttavia impressa la sintetica immagine iniziale: la danzatrice che, avvitandosi su spirali inesauste, scudiscia la lunga chioma al suolo.
In quella medesima programmazione presenzia felicemente, tra gli altri, senza soluzione di continuità, lo spettacolo MDLSX di Motus, ma anche Pour, il lavoro della coreografa canadese Daina Ashbee, visto allo Scotiabank Dance Centre. Un assolo intimista, nato a partire da alcuni dati biografici della coreografa che – racconta lei stessa all’incontro Contemporary Indigenous Women’s Performance – coinvolgono la percezione che ha lo spettatore del proprio bacino e della propria zona pelvica, includendo anche il divieto di fare pipì durante la lezione di danza dell’infanzia. Il risultato è un lavoro cupo, un affondo personale e potente in cui la danza si fa medium per oltrepassare i tabù sociali, parlare di crampi mestruali, evocare la violenza sessuale, incedere sulle sofferenze di essere donna.

Foto di Chin Cheng-Tsai

La Russian Hall, superata la più grande Chinatown canadese, ha invece accolto Industry Series – lo spazio di dialogo tra i tanti operatori autoctoni e non – e il Push Off: l’alternarsi della selezione di alcuni lavori in fieri, a cura di personalità artistiche alla ricerca di una cifra e di temi da sviscerare, tra cui si segnala il talento e la puntuale linearità della danza di Vanessa Goodman. Al Vogue Theatre, in centinaia si sono stretti per il live di Antonio Sánchez, autore e interprete della colonna sonora del film di Alejandro González Iñarritu, Birdman, che in quell’occasione ha ripercorso quel tappeto sonoro sulle immagini del film. Un evento popolare, di facile presa sul pubblico, in grado di far convergere – grazie alla collaborazione con il Vancouver International Film Festival – due eccellenze del mondo cinematografico e musicale.

A tentare un bilancio complessivo, quel che sembra affiorare del PuSh festival è una sana indifferenza nei confronti della tradizione; l’immersione artistica affonda nelle viscere del contemporaneo, affronta progetti di comunità, rileva le specificità di ciascun linguaggio e ambisce a farsi occasione di incontro tra culture.

Le numerose occasioni di dialogo chiariscono intorno a quali quesiti si imperni lo sguardo della comunità artistica: quale dialettica tra valori e politiche? Quali progetti per contrastare la crisi? Quale la responsabilità politica di un curatore? Quanto è urgente la richiesta di accessibilità? E, se questi sono interrogativi più tecnici, non mancano quelli afferenti alla sfera più propriamente estetica ovvero poetica: che valore ha la nudità nella scena performativa e come la danza contemporanea è in grado di farsi raccontare da essa? Come le arti possono raccontare la whiteness? Benché non tutti i lavori riescano con profondità a calarsi in questa fitta trama critica, si tratta senza dubbio di interrogativi cogenti – di cui la comunità artistica si fa latrice con verve – da intendersi senza la faziosità aggressiva del militante, ma con sguardo profondo e – come da manuale – con garbo canadese.

Giulia Muroni

DAINA ASHBEE (CANADA)
Pour
CREATOR, DIRECTOR, CHOREOGRAPHER, SCENOGRAPHER Daina Ashbee PERFORMER Paige Culley
LIGHTING DESIGNER Hugo Dalphond
ORIGINAL SOUNDSCAPE DESIGNER Jean-Francois Blouin
UNDERSTUDY Émilie Morin
OUTSIDE EYES Andrew Tay, Angelique Wilkie
AGENT Sarah Rogers
PRODUCTION DIRECTOR André Houle, Centre de Création O Vertigo ADMINISTRATION Valerie Buddle, Centre de Création O Vertigo COMMUNICATION Christel Durand, Centre de Création O Vertigo COORDINATION Gaétan Paré, Centre de Création O Vertigo
SUPPORTED BY Canada Council for the Arts, Conseil des Arts et des Lettres du Quebec, La Chapelle Scènes Contemporaines DAINA ASHBEE is a Centre de Création O Vertigo associate artist

LEGEND LIN DANCE THEATRE (TAIWAN)
The Eternal Tides

RTISTIC DIRECTOR, CHOREOGRAPHER Lin Lee-Chen
PRODUCER Chen Nien-Chou
VISUAL DESIGNER Lin Lee-Chen
LIGHTING DESIGNER, TECHNICAL DIRECTOR Cheng Kuo-Yang
COSTUME DESIGNER Wang Chia-Hui
STAGE MANAGER Cheng Tzu-Wei
SINGER Hsu Ching-Chwen
DRUMMERS Ho Yi-Ming, Hsiao Ying
REHEARSAL MASTER Tsay Bi-Jue
ASSOCIATE REHEARSAL MASTER Cheng Chieh-Wen
PRINCIPAL DANCERS Wu Ming- Ching, Wang Chien-Yi, Cheng Chieh-Wen, Chen Chi-Shun
FEMALE DANCERS Feng Kai-Lun, Chan Hui-Fang, Cheng Yu-Shu, Chen Liang-Yun, Huang Yu-Wen, Yen Wei-Yi
MALE DANCERS Huang Yao-Ting, Ping Yen-Ning, Chen Hung-Chi, Guo Ding-Wei, Li Gen-Ang, Lee Chung Hei, Hsiao Ching-Hsin
PHOTOGRAPHER Chin Cheng-Tsai
COMMISSIONED BY National Performing Arts Center – National Theater & Concert Hall, Taiwan, R.O.C

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Giulia Muroni
Giulia Muroni
Giulia Muroni, giornalista pubblicista, lavora per Sardegna Teatro dal 2017. Per il TRIC cura la programmazione artistica del festival Giornate del Respiro, è referente di alcuni progetti europei larga scala, è direttrice responsabile del magazine anāgata, componente della giuria del Premio Scenario e è responsabile dell'ufficio stampa. Lavora inoltre per Fuorimargine – Centro di produzione di danza e delle arti performative della Sardegna, per il quale si occupa di programmazione artistica e ufficio stampa. Ha pubblicato su diverse testate giornalistiche e scientifiche, riguardo ai temi dell'arte performativa, della filosofia del corpo e del portato politico dei processi artistici nei territori e nelle marginalità. Nata a Cagliari, è laureata in filosofia all'Università di Siena, si è specializzata all'Università di Torino e ha conseguito all’Università di Roma3 un Master di II livello in Arti Performative e Spazi Comunitari. Ha effettuato un tirocinio alla DAS ARTS di Amsterdam, nel periodo della direzione di Silvia Bottiroli. Ha beneficiato del sostegno Assegni di Merito e Master&Back della Regione Autonoma della Sardegna per i risultati del percorso accademico.

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