Teatrodilina ha debuttato con l’ultimo lavoro, È quasi natale. Visto al Teatro Brancaccino di Roma. Recensione
Prendete una famiglia, tre fratelli che si riuniscono alla soglia del Natale perché la madre malata vuole parlare a tutti, forse un’ultima volta per consegnare un ultimo e definitivo messaggio. Innestate un elemento estraneo, una giovane donna che appare inizialmente come la fidanzata di uno dei fratelli per poi scoprirsi altro. Definite questi caratteri in modo molto preciso, con tratti decisi ma delicati. Dispiegate trama e personaggi in una scena semplice in cui poltrone e altri pochi oggetti siano utili alla drammaturgia. Soprattutto abbiate la fortuna di poter lavorare con attori come quelli che compongono la compagnia Teatrodilina. Allora ecco che il quadro sarà molto simile a quello presentato al Teatro Brancaccino durante la passata settimana.
Francesco Lagi, che firma drammaturgia e regia (come spesso è accaduto per i lavori della compagnia), sembra voler lavorare su un piano di leggerezza che permetta di far stagliare i personaggi, entità queste dai sentimenti complessi e credibili. La situazione familiare serve come catalizzatore, ambiente sperimentale in cui osservare la reazione dei caratteri messi alla prova dallo svelamento di fronte ai cari.
Gli interpreti di Teatrodilina sono veri e propri artigiani del dettaglio, e l’uso della scenografia è pensato per logiche quasi simboliche astraendo alcuni spazi precisi attraverso l’uso di zone circolari rosse a delimitarli. La recitazione è invece una ricerca a tratti maniacale di un naturalismo dei caratteri e dei sentimenti che viene restituito attraverso una gestualità sempre curata, la creazione di azioni coerenti e per mezzo di impasti vocali che non hanno necessità di riverberi accademici o di calcare timbri lontani. Gli attori non si trasformano, ma prestano la propria natura utilizzandola al meglio; ci sono le giuste corde per mettere in scena un Čechov.
Il tentativo (in gran parte riuscito) sembra essere quello di dar vita a comportamenti che risultino pienamente credibili, così come se avvenissero nella vita quotidiana. L’inizio è in questo senso emblematico, fratello e sorella (Anna Bellato, Francesco Colella) si parlano con una naturalezza tale che le battute sembrano rincorrersi, a volte rischiano felicemente di sovrapporsi.
Quella precisione per il dettaglio che anima la recitazione si perde nella drammaturgia proprio a causa di questa fascinazione per l’ordinario: il problema è che lo slittamento tra un certo sentimentalismo del quotidiano e la stasi data da uno scheletro narrativo fin troppo semplice rischierebbe di palesarsi più volte se non ci fossero iniezioni di buona ironia. Tutto sembra volersi muovere senza scossoni nel testo di Lagi: vengono di tanto in tanto depositati piccoli semi che potrebbero far sbocciare il dramma, ma rimangono inerti. Il video sul telefonino del fratello (Leonardo Maddalena), genio negli affari, apre interessanti prospettive che però vengono subito richiuse; stessa questione per il rapporto tra la ragazza (Silvia D’Amico, unico personaggio fuori dalla famiglia) e i due fratelli maschi, sono tutte piccole possibilità che rimangono a galleggiare a mezz’aria senza esplodere mai.
Nell’epilogo questo gioco (un po’ perfido per lo spettatore) si concretizza nel classico, e astuto, finale aperto. Poco prima infatti Lagi immette un’altra carica esplosiva nella sua architettura drammaturgica: fa discutere due dei fratelli su un tema che spaccherebbe gli equilibri, l’eventuale vendita della casa di famiglia. Interessante no? Se non fosse che la notizia (almeno così sembra) non fa in tempo ad arrivare alle orecchie del fratello a cui creerebbe difficoltà che i protagonisti finiscono per dedicarsi, invece che al conflitto, a un’altra di quelle rincuoranti immagini – quasi dal valore sineddotico rispetto alla realtà quotidiana – e rimangono tutti lì a mangiare polpette, le polpette preparate dalla madre negli ultimi anni di vita e poi congelate.
Andrea Pocosgnich
Gennaio 2018, Teatro Brancaccino, Roma
Quasi Natale
con Anna Bellato, Francesco Colella, Silvia D’Amico, Leonardo Maddalena
suono Giuseppe D’Amato
luci Martin E. Palma
scene Salvo Ingala
costumi Andrea Cavalletto
organizzazione Regina Piperno, Francesca Davide
scritto e diretto da Francesco Lagi