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Barbareschi e il suo Teatro Eliseo. Una cronistoria e un commento

Da circa un anno e mezzo va avanti un tira e molla tra il Teatro Eliseo di Roma e il finanziamento pubblico. Mettiamo in ordine i fatti, proponendo un breve commento a margine.

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foto di Marco Di Meo

Nell’immortale dramma in versi di Rostand, il poeta dal naso smisurato Cyrano de Bergerac era pronto a dilapidarsi il patrimonio pur di restituire di tasca propria i soldi agli spettatori, per evitare che vedessero un attore «che abbaia a squarciagola». Un esempio di onestà e militanza per il teatro popolare d’arte. Proprio Luca Barbareschi, che vestirà i panni dell’eroico cadetto di Guascogna nel debutto al suo Teatro Eliseo di Roma, finisce di nuovo su tutti i giornali.
«Traffico di influenze». Questa sarebbe la motivazione che ha inserito Luca Barbareschi nel registro degli indagati, insieme all’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio e il giornalista e lobbista Luigi Tivelli. L’annosa questione sui quattro milioni (poi otto, poi quattro, poi di nuovo otto) assegnati al Teatro Eliseo per un fantomatico (ed ennesimo) centenario sarebbe finita all’interno di un’operazione più ampia, che già due anni fa – battono le agenzie – metteva in carcere ventuno persone. Secondo lo stato d’accusa, il direttore dello stabile romano avrebbe ricompensato con del denaro la «mediazione illecita di Tivelli presso pubblici ufficiali funzionari del ministero dell’Economia e della presidenza del Consiglio». Lo scopo era quello di inserire i quattro milioni di “regalo” all’Eliseo nella manovra finanziaria 2017. La moneta di scambio pretesa da Tivelli sarebbe consistita in un bonifico di 70mila euro e la promessa di assunzione della figlia Giulia al soldo della Casanova multimedia SpA, di proprietà di Barbareschi. E dunque oggi, a rimanere pendente, non è più solo la risposta del tribunale amministrativo sui famosi 8 milioni, ma anche un’accusa grave a quella che, di certo, è una delle personalità del mondo teatrale con maggiore influenza nella sfera politica. Nel bene e nel male.

QUI DI SEGUITO, ANDANDO A RITROSO, RIPERCORRIAMO TUTTA LA VICENDA PASSO DOPO PASSO


Buone notizie?

Il Penitente – foto di Bepi Caroli

Riprendiamo da qui. Nel novembre 2017 sei teatri della Capitale (Nuovo Sistina, Vittoria, Parioli, Ambra Jovinelli, Quirino e Cometa) presentavano ricorso al Tar contro gli 8 milioni destinati al Teatro Eliseo diretto da Luca Barbareschi, «erogati violando la Costituzione e le norme sulla concorrenza» (si leggeva nell’istanza, fonte Corriere della Sera). Il 31 marzo 2018 il Consiglio di Stato ha dichiarato ammissibile il ricorso, indicando al Tar (che lo aveva inizialmente respinto) di «fissare rapidamente un’udienza». Secondo l’avvocato Marco Orlando, «non c’è un provvedimento amministrativo con cui i fondi vanno all’Eliseo, ma una legge», tacciabile di incostituzionalità perché il nostro Testo in effetti protegge «la parità di trattamento per l’attività imprenditoriale». Il gancio normativo al quale è appesa l’istanza di ricorso sta nel fatto che un contributo straordinario verrebbe assegnato mentre un giudizio di merito è ancora pendente (il Ministero di Economia e Finanze non si esprimerà almeno fino al prossimo autunno). Secondo il lancio di Adnkronos, proprio sul sollecito di questa «fissazione del merito», che è competenza del Tribunale amministrativo regionale, si basa l’accoglienza del ricorso, mentre l’efficacia del provvedimento è ancora intatta.

Cattive notizie. 26 gennaio 2017. Nell’ambito della legge di conversione del “Decreto Milleproroghe”, che prevedeva 10 milioni di euro destinati alle Fondazioni lirico-sinfoniche, il senatore e membro della direzione nazionale del Pd, Bruno Astorre, propone questo emendamento: «Per l’anno 2017, una quota delle risorse di cui all’articolo 24, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni, può essere destinata, nel limite massimo di 4 milioni di euro, in favore del teatro ”Teatro Eliseo”, in occasione del centenario dalla sua fondazione».
Ha così inizio un lungo corso di polemiche su una serie di pressioni politiche attorno a quello che a tutti gli effetti pare un provvedimento “ad personam”. La stessa motivazione espressa, quella del «centenario della sua fondazione», risulta controversa, perché le mura dello stabile romano risalgono al 1900; come fanno notare diverse testate, già nel gennaio 2000 il Teatro Eliseo aveva festeggiato il primo secolo di vita (qui un’approfondita retrospettiva di Alessandro Toppi).

Buone notizie. Nel febbraio 2017 cominciano a scatenarsi proteste da parte dell’Agis e reazioni indignate dal mondo della politica. Come conseguenza, l’emendamento presentato da Astorre viene ritirato: i 4 milioni originariamente destinati al Teatro Eliseo vengono aggiunti all’aumento di 8 milioni già previsto per la spartizione del FUS 2017, raggiungendo così 12 milioni per lo spettacolo dal vivo. Sommati ai 20 milioni per le fondazioni lirico-sinfoniche, si raggiungono 32 milioni.

Cattive notizie. Il 15 marzo Luca Barbareschi convoca una conferenza stampa al Teatro Eliseo per annunciarne l’imminente chiusura (qui un video filmato dalla nostra redazione). L’argomento sostenuto dal direttore è che che la gestione dell’Eliseo necessita di 4 milioni di euro ogni anno: «E oggi – sostiene Barbareschi – ce ne arrivano soltanto 480mila dal Fondo unico per lo spettacolo. Dai biglietti riusciamo a incassare poco più di mezzo milione, e se il teatro fosse sempre pieno potremmo a malapena raddoppiarli. Anche il Comune di Roma ci fa la guerra». Secondo il regista, l’amministrazione pentastellata, guidata alla Cultura dal vice sindaco Luca Bergamo, avrebbe «tolto anche i 200mila euro […] garantiti dal commissario straordinario Tronca per portare il teatro nelle periferie. Oggi sono obbligati a versarne appena 90mila, ma fosse per loro ci lascerebbero all’asciutto». Giunge una risposta aspra dal Mibact, che per l’Eliseo ha stanziato oltre 1,2 milioni di euro in due anni. In una nota stampa si legge: «Si tratta dello stanziamento in assoluto più consistente fra i 13 progetti speciali approvati nel 2016».

Teatro Eliseo – foto wikicommons

Altre cattive notizie. Nell’aprile 2017 rispunta fuori il famoso “centenario”. Il Decreto Legge del 24 aprile 2017 (n° 50 Art. 22 comma 8) torna a prevedere 2 milioni di euro «per spese ordinarie e straordinarie al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario dalla sua fondazione».

Ancora cattive notizie. Il 30 maggio 2017 la Manovra-bis approvata il giorno prima al Senato arriva in aula a Montecitorio per la discussione. Durante la Commissione Bilancio le risorse di 2 milioni destinate al Teatro Eliseo vengono raddoppiate per due annualità (2017 e 2018), raggiungendo 8 milioni di euro in due anni (su proposta dei deputati Alberto Giorgetti, FI, e Sergio Boccadutri, Pd), nonostante il parere contrario del viceministro dell’Economia Enrico Morando.

Buone notizie. Negli stessi giorni, tornano a mobilitarsi l’Agis e la Federazione dello Spettacolo dal Vivo, chiedendo un aumento generale dei fondi per lo spettacolo, per contrastare «norme ad personam». Decine di teatri sottoscrivono una lettera in cui chiedono spiegazioni al Ministro.

Notizie di corridoio. Nella primavera 2017, mentre la Manovra riceve un via libera praticamente definitivo e pressato dall’urgenza, cominciano a circolare indiscrezioni riguardo a una probabile trattativa di acquisto della proprietà del Teatro Eliseo da parte di Barbareschi. Come riportano Anna Bandettini e Rosaria Amato su La Repubblica del 1° giugno (articolo ripreso qui), Carlo Eleuteri, uno dei soci proprietari delle mura quantifica la cifra di compromesso tra i 6,4 e i 6,8 milioni di euro, che verrebbero ammortati nel giro di due anni se l’emendamento da 8 milioni entrasse in effetti in vigore. In altre parole, un “regalo” elargito con soldi pubblici andrebbe, indirettamente, a finanziare l’acquisto di una struttura privata, in una sorta di gioco delle tre carte tra il termine “gestione” e il termine “proprietà”. Barbareschi si difende lasciando intendere che gli basterebbe vendere un paio di appartamenti per potersi, in ogni caso, permettere l’acquisto dell’edificio. E, ci si diceva allora nei foyer, visto che dal primo giorno di gestione il regista rivendicava gli ingenti investimenti delle proprie stesse tasche, dove sarebbe di fatto la necessità di fare pressione politica per ricevere un così consistente aiuto statale?

Buone notizie. Il 10 giugno 2017 si mobilita anche il Teatro Nazionale della città. In una lettera alle istituzioni tutte, il Teatro di Roma mette in luce gran parte delle incongruenze delle decisioni politiche, parlando di «colpo ferale all’equità di trattamento», «mancanza di visione complessiva delle istituzioni culturali del Paese» e vilipendio nei confronti dell’allora ministro dei Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini.

Buone notizie. Il 29 giugno 2017 viene presentata la nuova Legge sullo Spettacolo dal Vivo. Gli 8 milioni tornano a essere dimezzati: 4 milioni verranno piuttosto destinati ad attività culturali nei territori terremotati del centro Italia (recipiente che aveva già ricevuto la stessa somma nel 2017). In questo articolo di Anna Bandettini uno sguardo ravvicinato all’indomani dell’approvazione alla Camera (8 novembre 2017).

Le ultime cattive notizie. Come si legge su La Repubblica del 28 dicembre 2017, il 20 dicembre scorso, nel corso della Commissione Bilancio alla Camera presieduta da Francesco Boccia (Pd), viene nuovamente approvato un emendamento presentato da Stefania Prestigiacomo (FI), destinato ad assegnare al Teatro Eliseo gli ormai celebri 4 milioni valenti per l’annualità 2018, tolti lo scorso 29 giugno. Secondo Prestigiacomo, l’emendamento propone un «aumento generale di 4 milioni destinato al Fus», lasciando poi al ministro Franceschini la decisione «come da loro precedente accordo». Sullo stesso quotidiano, nell’articolo firmato da Bandettini e Valentina Conte, si legge anche la risposta di Franceschini, il quale ritiene «quell’emendamento un errore e una forzatura. […] sono stato informato ad approvazione già avventura, nel caos dell’ultima notte della legge di Bilancio».

campagna Eliseo 2016/2017 – ufficio stampa

Un commento. A margine di questa sintetica cronistoria, e mentre ci prepariamo a un nuovo anno, a una nuova tornata di assegnazioni dei contributi Fus, alla messa in pratica della nuova Legge sullo Spettacolo dal Vivo, osserviamo come molti artisti e operatori del settore stiano tornando a valutare una risposta “dal basso”, una reazione comunitaria che dimostri sdegno per questi giochi di potere. Nell’agorà dei social media si incrociano i post indignati che invocano un vero e proprio boicottaggio: chi propone di disertare la stagione dell’Eliseo, chi di interdire l’ospitalità alle produzioni di Barbareschi.
Ci piaccia o no, tali (per ora solo minacciate) soluzioni al problema evidenziano almeno l’esigenza di rispondere a questi botta e risposta puramente politici con un allarme di matrice etica, con buone pratiche di pensiero che siano in grado – e questa sarebbe la vittoria – di riportare il discorso su un piano culturale. Il DM 2014 del Fus, ora giunto anche a un parziale restyling in vista del secondo triennio, ripartisce e soprattutto valuta le assegnazioni in base a criteri di sostenibilità e competitività quantitativa e in base a effettiva qualità artistica delle attività che richiedono un contributo dello Stato.

Tra le buone e le cattive notizie riportate qui, in nessuno dei termini di domanda, accettazione, negazione, ridefinizione e pretesa si intravede una benché minima valutazione diversa da una somma di criteri finanziari. Resiste l’ammuffita retorica della conservazione di un teatro in quanto espressione di un patrimonio storico, senza tenere conto che, in questo caso, l’Eliseo degli anni Dieci del Novecento e quello degli anni Dieci del Duemila presentano sostanziali differenze.
Dov’è la necessaria analisi di ciò che di fatto 8, 4 o 2 milioni di euro andrebbero a finanziare? Dove si parla di scelte artistiche? Dove di cura di una rilevanza culturale?  Non entreremmo nel merito di questo e lasceremmo volentieri la responsabilità di questi pensieri a colui che si incaricasse di dar vita a un’impresa. Ma qui la stessa impresa, già beneficiaria di quei contributi monitorati, pretende un’ulteriore carta bianca emessa su filigrana statale.
Queste parole non servono a buttare fango sulla programmazione di Barbareschi, della quale di certo qualcosa potremmo ritenere virtuoso, ma a evidenziare che una presa in considerazione attenta del valore delle attività di questo spazio e, di contro, di troppi altri (vogliamo ricordarci degli sgomberi incondizionati?) è sempre più spesso sostituita da un’applicazione di favori o sfavori a opera di soggetti che non posseggono una reale conoscenza della materia e che agiscono dentro stanze inaccessibili ai più. Da gestione autorevole, dunque, a gestione autoritaria.

Sarebbe allora importante ricordare che dietro ai conti da far quadrare, dietro ai favori da chiedere o negare, dietro alle celebrazioni da onorare, c’è (o dovrebbe esserci) un pensiero artistico, fatto di lavoratrici e lavoratori, fatto di sistemi creativi, di sperimentazione dei linguaggi, di spettatori paganti, di pensiero critico. Tutto, a oggi, sommerso sotto le aule dei palazzi di Governo e Parlamento e sotto le carte e i timbri del Ministero.

Sergio Lo Gatto

Aggiornamento gennaio 2022: Barbareschi e la storia recente, fino alla vendita dell’immobile

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

3 COMMENTS

  1. Caro Paolo,

    fa bene ad aspettarsi proposte più serie di queste, che in ogni caso questo giornale non promuove direttamente, ma si occupa di riportare in forma di notizia argomentata. Ancora meglio farebbe, lei come chiunque non si trovi d’accordo con la situazione o con i tentativi altrui di risposta, ad avanzare altre proposte.
    In linea di massima, tuttavia, non so se riesco a trovarmi completamente d’accordo con il suo commento circa la responsabilità degli artisti.
    È un discorso complesso, che in ogni caso non affronterei usando termini che chiamano in causa una colpevolezza o un’innocenza.
    Certo è che il teatro, come scritto in fondo all’articolo in forma di sottolineatura di una realtà piuttosto incontrovertibile, è fatto appunto di persone. Non sarebbe la prima volta che forme di protesta di questo genere sortiscono effetti curativi. Magari, da coloro che usino il verbo “boicottare”, ci si aspetta che in esso innestino anche qualche pensiero anche costruttivo. Ma in generale nutro l’idea che l’arte svolga anche e soprattutto un compito politico. E che questo compito implichi, come tutti quelli assunti con coscienza, una responsabilità.
    Buona serata e grazie mille della lettura e del commento

    SLG

  2. Visto che avete rimarcato almeno due volte la mancanza di proposte concrete da parte mia, con tono “politically correct” che mascherava a stento il vostro malcontento, vi rispondo con maggior dettaglio: 1) secondo me in un Paese democratico la questione dei contributi in favore del Teatro Eliseo si affronta nelle sedi proprie, cioè istituzionali, chiamando i referenti politici (Governo, Parlamento, Ministro) a rispondere pubblicamente del proprio operato e, nel caso non si sortisse alcun effetto, attraverso manifestazioni di piazza (raccolta firme, volantinaggio, visibilità sui media). Mi piacerebbe, in sostanza, che si restasse sempre nell’alveo di una manifestazione corretta e “democratica” del proprio dissenso; 2) ne consegue che, sempre secondo me, il boicottaggio di spettacoli per molti versi meritevoli (e credo che nelle sale di via Nazionale, specialmente al Piccolo, ci siano titoli, artisti, creatività di elevato livello, “colpevoli” solo di esser ospiti di queste strutture per la corrente stagione), cioè la decisione (coerente e organizzata) di non presenziare agli spettacoli delle due sale, a parte ogni altra considerazione sull’impraticabilità concreta dell’azione e sulla sua illegittimità, sarebbe un atto sterile, capace solo di penalizzare economicamente chi ha investito soldi e talento in produzioni ospitate da via Nazionale. 3) Mi piacerebbe, infine, che mi fosse indicato in base a quali criteri si stabilisca, aprioristicamente, che l’attribuzione dei fondi pubblici per il teatro sia “opera di soggetti che non posseggono una reale conoscenza della materia”: chi stabilisce, secondo voi, se il soggetto ha la conoscenza della materia? Quali attributi deve avere? Da quali criteri deve essere guidato? Grazie

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