Si chiama “Tournée da bar. Il teatro dove meno te lo aspetti” il progetto di Davide Lorenzo Palla che negli ultimi anni si è diffuso in modo capillare aggiudicandosi il premio CheFare2015, quello di Rete Critica 2016 come miglior progetto di comunicazione e Funder35 di Fondazione Cariplo.
La formula è elementare, ma affatto semplice: portare Shakespeare nei bar, bistrot, locande, taverne, bettole, cantine, osterie, pub, quei luoghi dove appunto “meno te lo aspetti” e che costringono lo spettatore a una stortura dello sguardo. Perché scegliere Shakespeare può voler dire – tra le altre – due cose: riprendere le storie che lui ha raccontato, o ricreare un’atmosfera che era il teatro nel quale quelle storie sono nate.
Ma è forse vero che quelle storie abitino da intruse questi luoghi? Da qui la stortura.
Tournée da bar sceglie Shakespeare come autore portavoce di un teatro che si allontana dalle forme verosimili per accedere a una drammaturgia che accende nel pubblico le forze visionarie della fantasia. Il tour autunnale di Tournée da Bar si preannuncia serrato: più di 60 date distribuite tra grandi città, medi centri e piccoli paesi. Questa volta siamo a L’Aquila, in un pub molto frequentato ben al di là della periferia, ma non è difficile rendersi conto di chi, tra la gente, abbia accolto la chiamata del teatro e distinguerlo dai soliti habitué. Accade che i due attori Enrico Pittaluga e Graziano Sirressi ci accolgano invitandoci a immaginarci in un ambiente che abbia come modello il Globe Theatre, un edificio pubblico che già da sé derivava dall’abitudine di allestire gli spettacoli entro cortili di locande. La scena nel pub è però essenziale: un fondale di stoffa dipinto, due piedistalli da cui gli attori salgono o scendono intrecciandosi alle parole della storia di Romeo e Giulietta, di lato il musicista (Roberto Antonio Dibitonto).
Un testo classico, quindi, la vicenda d’amore per eccellenza affianco alla radicalizzazione dello scontro Montecchi-Capuleti che scorre come sotterraneo sottotesto delle vicende. Facile immaginare come gli attori ci invitino a rompere gli schemi della frontalità e della distanza, per renderci protagonisti e portavoce delle due fazioni opposte. Nell’altra sala del pub un altro scontro, più ruvido, anima altri spettatori: in tv la partita di Europa League Milan contro Aek accende altri umori. Teatro da una parte, sport dall’altra. In altri tempi si sarebbe detto scontro diretto tra intrattenimenti. Poi il teatro è andato per una strada, quella dell’arte e lo sport ne ha fagocitato parte del pubblico. Ma questa è un’altra storia. Nel nostro pub la vicenda di Romeo e Giulietta va avanti come noto, gli attori palleggiano le battute di una drammaturgia che rendono incalzante e gli spettatori sono sollecitati a reagire con battute o schiamazzi. Il pubblico di fatto non prova imbarazzo a seguire le parole di una vicenda che conosce bene mentre beve una birra e sceglie se nell’hamburger sia preferibile il ketchup o la maionese.
Eppure nulla di nuovo, ci sono stati i fumi licenziosi del primo novecento che invadevano gli ambienti del café-chantant, music-hall, varietà, vaudeville dove lo scambio tra attore e spettatore era il più diretto possibile.
Perché esista uno spazio teatrale c’è bisogno di una collettività che ne accenda il bisogno, dicono in molti. Siamo circondati ormai da immagini e video, che scorrono davanti gli occhi come filtro con cui guardiamo alla vita. Romeo e Giulietta al bar ci introducono invece in un contesto vivo dove il rapporto tra noi che assistiamo e loro che recitano si fa più acceso.
Dell’aspetto divulgativo che vorrebbe rendere questa operazione apprendistato per futuri nuovi spettatori, “gesto ideologico in grado di portare benefici alla cittadinanza tutta” importa forse poco. La forza del teatro in contesti non teatrali è certo lontana dai confini della “missione”. Trova asilo invece nell’idea che i bar – luoghi per eccellenza dove la società si rappresenta – possano diventare specchio per gli inciampi che quella stessa società vive. Allora nel momento in cui Romeo e Giulietta concludono le loro vicende nel tragico epilogo e gli attori ci propongono un finale artefatto e più consolatorio, lì si storce il naso: in quella risata che vorrebbe eludere il destino tragico della vicenda e nascondere i contorni drammatici di ogni propria esistenza, e questo non perché il classico non debba subire la stratificazione delle letture successive oltre il suo tempo. Si racconta che la regina Elisabetta I conclusa la prima di Romeo e Giulietta si lamentò per l’ennesima vicenda tragica. Se Shakespeare ha contravvenuto ai desideri di una regina che voleva ridere, possiamo pensare anche oggi di resistere alle lusinghe del sorriso?
Doriana Legge
L’Aquila – Irishcafè
ROMEO & GIULIETTA
di William Shakespeare
con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi
Musiche e accompagnamento dal vivo di Roberto Antonio Dibitonto
Traduzione e adattamento Tournée da Bar
Costumi Margherita Baldoni
Consulenza scene Fabrizio Palla
Regia Riccardo Mallus
Produzione Ecate Cultura
Tournée da Bar un progetto di Davide Lorenzo Palla
Con il contributo di Funder35
Media Partner Tw Letteratura