Il padiglione 31 dell’ex manicomio di Santa Maria della Pietà di Roma continua, al buio, l’occupazione per un uso culturale del complesso. Intervista al presidente Fabio Taloni
Il 15 ottobre del 2004 oltre 100 cittadini e rappresentanti di associazioni prendevano possesso del padiglione 31 dell’ex complesso manicomiale Santa Maria della Pietà a Roma, per difenderne l’uso culturale di tutta la struttura. Un mese dopo la ASL che gestiva il complesso staccava la corrente al padiglione; a lume di candela l’assemblea elaborava lo statuto e fondava l’Associazione Ex Lavanderia. Tornata “alla luce” nel 2005, dopo tredici anni di occupazione, di promozione culturale e sociale, l’Ex Lavanderia festeggia il 15 ottobre 2017 il tredicesimo compleanno nuovamente a lume di candela, ma non per scelta romantica. «Un giorno arriva l’informativa della ASL – che da delibera della Regione sarebbe la nuova affidataria del complesso – sulla possibilità di problemi con la corrente a causa di lavori, ma la corrente non è stata più attaccata» ci dice il presidente dell’associazione, Fabio Taloni, che ci accoglie nel padiglione 31 per rispondere a qualche domanda, mentre al piano di sopra il teatro ospita l’orchestra di percussioni Criansa, anche se l’unico rumore che si percepisce in sottofondo è il gruppo elettrogeno che permette alle luci di rimanere accese.
Qual è il processo politico e culturale che sta portando avanti l’Associazione da tredici anni?
La legge Basaglia (L.180 del 13 maggio 1978) dice che nei presidi ex ospedalieri psichiatrici non possono essere reinserite strutture nelle quali possano soggiornare persone con problemi mentali. La battaglia dell’Ex Lavanderia è contro la ri-ospedalizzazione della struttura e a favore di un uso culturale del Santa Maria della Pietà; questo quadrante di Roma, tra Ottavia, Monte Mario e Prima Valle, è già abbondantemente rifornito di strutture ospedaliere: il Gemelli, il San Filippo Neri, Città di Roma, il Sant’Andrea sulla Cassia. e il Policlinico di via di Grottarossa. Mettere in questo parco di più di trenta ettari un altro centro sanitario sarebbe trasformare questo quadrante di Roma nord in un immenso polo ospedaliero. Per questo luogo, il Coordinamento Città Ideale (al quale parteciparono più di 60 associazioni e gruppi di quartieri, alla presenza di Comune, Provincia, Regione e ASL) già ventisei anni fa aveva pensato a qualcosa di diverso, a tutto quello che in questo quadrante di Roma manca a livello culturale. Nonostante questo sia un complesso che, da Piano regolatore, dovrebbe essere adibito a uso sociale e culturale, nonostante la società civile abbia espresso la sua volontà (raccolte circa 6.000 firme con la petizione popolare), la politica non ha mai dato le risposte che i cittadini pretendevano per questo spazio. Noi come Ex Lavanderia abbiamo raccolto 12.500 firme per una proposta di legge (n.304 del 2 dicembre 2015) per il riuso funzionale in termini culturali; ciò nonostante questa proposta sta ferma da circa due anni e mezzo, non è mai stata discussa dalla regione.
Quali sono le attività culturali che hanno caratterizzato l’occupazione in questi anni?
Concerti, teatro, reading di poesie, mostre di pittura, scultura, per anni abbiamo avuto Techné, iniziativa che raccoglieva le opere di 20 artisti presi del quartiere e di Roma. Quest’estate per nove giorni ci sono state proiezioni a tema sulla situazione delle periferie urbane, sul padiglione 25, quello in cui gli infermieri lasciati soli hanno cominciato a interagire da persona a persona, fino alla Legge Basaglia, e diventato poi occupazione di emergenza abitativa. Abbiamo diversi laboratori tra cui uno di percussioni e uno di danza, ospitiamo una comunità peruviana che insegna la marinera anche a bambini italiani…
Avete costruito uno spazio teatrale, che ruolo ha avuto il teatro in questi anni?
Abbiamo avuto per diversi anni la fortuna di avere con noi la compagnia Lafabbrica che curava l’aspetto artistico teatrale e per diversi anni siamo riusciti a portare avanti una proposta culturale. Sei anni fa c’è stato Linea35, l’anno scorso la nostra estate romana è stata improntata al teatro, quest’estate invece durante “Estate al Parco 13 #noinoncispegniamo” abbiamo avuto Altri mondi bike tour, spettacolo di strada ecosostenibile che si alimentava a pedali. Oggi ci manca molto un progetto teatrale, stiamo aspettando che qualcuno se ne occupi, nessuno attualmente qui dentro ha una capacità specifica in questo senso.
Che ruolo hanno avuto gli artisti nell’occupazione?
L’artista cerca un posto e lo rende migliore, anche se non sempre è l’artista a portare avanti direttamente la battaglia politica. È molto difficile far innamorare le persone di qualcosa che parla di piani regolatori, di delibere, di cose che sanno di muffa e cantina ma che sono il sale di questa battaglia; senza queste cose, senza l’interesse e l’azione di pressione politica che la Ex Lavanderia fa presso i vari gruppi che siedono alla Regione e al Comune non saremmo qui. L’artista dà grande risonanza alla battaglia.
Quali sono i rapporti che avete con l’amministrazione pubblica?
Quello che preoccupa è il silenzio della politica nonostante il consenso popolare attorno a un progetto. Da Storace, passando per Marrazzo e infine Zingaretti la risanitarizzazione è sempre andata avanti. Il 10 dicembre 2016 la delibera 787 della Regione riaffidava tutto il comprensorio alla ASL; noi abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato e poi al T.A.R.; qualche mese fa è arrivata un’informativa dell’Avvocatura capitolina la quale chiede al Municipio XIV se sia il caso di valutare l’opportunità di mettersi al fianco dell’Associazione Ex Lavanderia per il ricorso al T.A.R. Stiamo cercando di contattare il Municipio che però non ci risponde e probabilmente non è interessato a perorare la nostra causa. Speriamo a questo punto che possa affiancarci direttamente il Comune, ma per ora non ci ha risposto nessuno.
Perché si sposa una causa del genere?
È bello immaginare la propria città tra venti anni, arrivare in un quartiere dove non c’è niente, trovare una realtà con delle potenzialità in un posto incredibile come questo. Poi certo ognuno sta dentro l’occupazione per i motivi più disparati, per soddisfare anche i proprio bisogni, ma sempre nello stare con gli altri, immaginare e costruire qualcosa insieme agli altri. È un punto di aggregazione che negli anni è stato riconosciuto nel quartiere. Ci piace immaginare che questo spazio possa diventare qualcosa di diverso dal passato, emendare le colpe di un luogo di sofferenza, un luogo terribile. Ora entri qui dentro e vedi un giardino, palazzine di inizi Novecento e quello che è il secondo orto botanico di Roma; 40 anni fa avresti trovato le sbarre.
Luca Lòtano