Occident Express, scritto da Stefano Massini, curato da Enrico Fink e Ottavia Piccolo e prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, ha debuttato al Teatro Morlacchi di Perugia. Recensione
A dispetto della scettica profezia pronunciata dalla sorella «Tu sei fatta per star ferma», Haifa si mette in viaggio. Occident Express è il racconto della sua migrazione, lunga cinquemila chilometri – dai terreni arsi dell’Iraq del Nord fino alle brume e ai ghiacci svedesi – al fianco della nipotina Nassim. È una storia che proviene dalla cronaca più recente e la pièce prende le mosse da una narrazione-documento: nelle note Stefano Massini – drammaturgo di fama internazionale, Premio Ubu 2015 per Lehman Trilogy e autore delle più recenti produzioni del Teatro Stabile dell’Umbria, 7 minuti e L’ora di ricevimento – spiega di aver conosciuto la vicenda di Haifa Ghemal nel 2016, quando un quotidiano gli ha commissionato un pezzo sul tema.
Il delicato passaggio from page to stage – più precisamente dalla scrittura reportistica al «melologo contemporaneo» – è affidato alle intuizioni registiche di Ottavia Piccolo, che ad Haifa presta il corpo e il garbo, e di Enrico Fink, che ha composto la musica e dirige le esecuzioni degli strumentisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo, sul palco insieme all’attrice.
La scena è sgombra e opaca, dominata soltanto da un vasto piedistallo poligonale: nel corso dei novanta minuti dello spettacolo sarà abitata da una raffinata geometria di avvicendamenti (la presenza scenica dei musicisti è utilizzata per delineare dinamiche e suggerire un’impressione cinetica che mimi l’avventura della protagonista) e disegnata attraverso un gioco di luci (curato da Alfred Piras) che ne accentua spigoli e simmetrie.
L’equilibrio tra la dizione enfatica e precisa di Piccolo e la suggestione dell’habitat sonoro (fatto di espansioni concertistiche e passaggi che, attraverso fruscii e crepitii, evocano la dimensione dettagliata e sussultante del viaggio) è molto accurato. Eppure, nonostante questo dispiego di maestranze, l’effetto finale è sorprendentemente monocorde.
La sensazione è che Occident Express sia un’operazione teatrale onesta e meticolosa, pregiudicata dalla sua stessa ambizione a mantenersi su troppi bilici: quello tra vocazione epica e racconto intimistico, quello tra urgenza documentaria e restituzione artistica e, soprattutto, quello imposto dalla precisa intenzione di astrarre dalle cronache dell’immigrazione un paradigma narrativo che eluda le enfasi più abusate. Se le cautele – soprattutto in fase di approccio alla materia e di riflessione – sono apprezzabili e doverose, la ricerca di sobrietà si traduce, in questo caso, nell’allestimento di un apparato di mansuete esplicazioni e Occident Express soffre la mancanza di un’idea registica più coraggiosa e organizzata.
Pensando ad altri lavori che si sono presi carico della responsabilità storica di parlare di immigrazione, ne menzioniamo due che hanno recentemente trovato spazio su queste pagine: Alan e il mare di Giuliano Scarpinato e Naufragio con spettatore di Roberto Zappalà. Ad accomunarli è il preciso intendimento di ridiscutere la frontalità distante dell’osservatore, il primo pretendendo una riflessione più profonda e responsabile sulla nostra ricezione, il secondo cercando, nella stessa struttura dell’accadimento scenico, la compromissione del pubblico.
Occident Express, così imperturbabilmente narrativo, sembra rifuggire invece ogni forma di alterazione della distanza spettatoriale e propone la vicenda come fenomeno conchiuso (la circolarità è costantemente suggerita, a livello testuale e di gestione dello spazio) e, per questo, estraneo.
Nella stessa presentazione dell’allestimento musicale da parte di Enrico Fink – «fantasmagoria di ambienti, climi, spazi diversi» – si avverte l’intonazione di una “sfida” a rappresentare il mosaico delle identità e degli accadimenti, quasi la auto-denuncia di uno sguardo etnografico.
Infine, il proposito di Massini di «trattare la realtà dei fatti come terreno fertile da cui far sorgere la pianta verde di un’epica moderna». La scelta di giocare sui domíni solenni dell’epica – che, vale ricordarlo, nasce come veicolo di trasmissione enciclopedica – e di presentificarla, inevitabilmente deprivata della sua funzione, nel tempo del digitale, con l’alterigia di stare sviluppando una narrazione necessaria (perché più profonda e sensibile di quella mediatica) rischia di far inciampare nel deficit di seduzione, oltre che in quello di senso. Al cospetto di questa macchina di divulgazione pedagogica, tutti applaudiamo per smaltire, in forma di commozione, un sentimento dell’errore – una postura dolorosa, asimmetrica e irresolubile – che storicamente non può che appartenerci. Ma rimane l’idea che un artista, a contatto con la storia, quel sentimento dell’errore sia chiamato a interpretarlo, magari a ridicolizzarlo, a farlo deflagrare o fiorire, ma non certo a estinguerlo nella sua pedissequa enunciazione.
Ilaria Rossini
Teatro Morlacchi, Perugia – ottobre 2017
OCCIDENT EXPRESS
scritto da Stefano Massini
uno spettacolo a cura di Enrico Fink e Ottavia Piccolo
con Ottavia Piccolo
clarinetti e fisarmonica Gianni Micheli
oud, cümbüs, bouzoki e chitarra Massimo Ferri
basso e contrabbasso Luca Roccia Baldini
violino Mariel Tahiraj
viola Leidy Natalia Orozco
violoncello Maria Clara Verdelli
salterio e percussioni Massimiliano Dragoni
flauto Enrico Fink
musica composta e diretta da Enrico Fink
disegno luci Alfred Piras
una produzione Teatro Stabile dell’Umbria, Officine della Cultura