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Lucifer. L’azzardo di Industria Indipendente

Industria Indipendente presenta Lucifer durante la rassegna Anni Luce inserita nella programmazione di Romaeuropa Festival. Recensione

Foto di Martina Leo

Si fa prima a parlare di diavoli, ormai gli angeli sono passati di moda. L’attuale contingenza ci sospinge, attraendoci, verso il diabolico: l’acqua santa sembra essere evaporata, sostituita dall’odore di spirito pungente, esalatore di alcolica purezza, smacchiatore di tutti i mali. Il fascino terrigno dell’impersonificazione del male conturba e lusinga per cui scegliere di rappresentarlo, prescindendo dalla tradizione iconografica, implica il rischio di cadere nell’archetipico, nel topos narrativo di facile suggestione. Consapevolmente, Industria Indipendente ha iniziato, circa un anno fa, a lavorare su Lucifero presentandone lo studio in anteprima questa estate a Castiglioncello durante la XX edizione di Inequilibrio.

Lucifer è un personaggio a suo agio col contesto esterno, nutrito dalla violenza contemporanea, cresciuto dal livore, figlio di un abbandono che lo ha dapprima cacciato e poi rinchiuso nell’isolamento; è corpo, sudore, saliva e lacrime. Una sferzata autonoma e coraggiosa di Erika Galli e Martina Ruggeri che si presentano con questo loro ultimo lavoro all’interno della rassegna Anni Luce pensata da Maura Teofili – che insieme a Francesco Montagna cura lo spazio di Carrozzerie N.o.t., tra i produttori dello spettacolo – e inserita nella programmazione di Romaeuropa Festival.

Foto di Martina Leo

Anni Luce sceglie l’azzardo, la futuribilità di un’idea che contiene in sé nuovi imprevedibili sviluppi. Non si tratta di presentare artisti emergenti, l’emersione è già avvenuta, ciò che conta ora è offrire alla loro ricerca in divenire l’opportunità di confrontarsi con un contesto che guarda all’internazionalità. Se è prevedibile dar voce ai diavoli non è tantomeno scontato che essi vengano capiti: anzi, non di rado si riscontra una resistenza da parte di alcuni spettatori “privilegiati” che rimangono fermi nella convinzione di preservare la purezza dello sguardo nonostante simili progetti ne richiedano proprio la compromissione, in bilico tra continuità e discontinuità, riconoscibilità e straniamento. Industria Indipendente ha preso parte alla rassegna per la sua audace ibridazione, per aver abbandonato la natura prevalentemente drammaturgica al fine di indagare invece quella più performativa e corporea. Svelando le capacità eclettiche della formazione attoriale di Piergiuseppe Di Tanno, Ruggeri e Galli hanno iniziato a muovere i primi passi nella genesi di questa “discesa techno agli inferi” improvvisando sull’isolamento coatto di Lucifero, costretto come un adolescente a starsene chiuso nel suo scantinato, e in questo spazio sondare i suoi atti di libero arbitrio. In una delle sale de La Pelanda, ex mattatoio del quartiere di Testaccio, lo spazio scenico è delimitato da un quadrato bianco ai cui lati troviamo a destra della platea alcuni flying case con sopra, poggiati ordinatamente, una dozzina di flaconi di alcool denaturato, una maschera mefistotelica (Tiziano Fario), bicchieri con cannuccia pieni d’acqua e sul fondo un appendiabiti con alcuni costumi. Dall’altro lato vi è la postazione dell’ “osservatore musicale”, il dj set di Lady Maru che scruta l’animale Lucifer, creare e ricrearsi.

Foto di Antonio Ficai

Nudo e sinuoso il corpo di Lucifer è di per sé contenitore di suoni viscerali, bassi. La parola è fisiologica propagazione di un rutto, risuonante dallo stomaco fino alla bocca e scaturita da una gestualità convulsa, che dall’angolo sul fondo, incede gradualmente verso il pubblico per compiere la sua vestizione: scarpe da basket, canotta, pantaloncini e cappello a visiera, tutto rigorosamente rosso. Lucifer è schiacciato dal peso della gravità, gran parte della scrittura corporea prevede movimenti ricurvi su se stessi, ripiegati verso il basso. Un angelo caduto sì, ma bisognoso di stare a terra, senza nessuna aspirazione ad elevarsi, non c’è in lui alcuna spinta verso la trascendenza poiché l’immanente è condizione performativa racchiusa nelle uova («chickenshit») che, una alla volta, fanno la loro grottesca comparsa in scena. Con loro Di Tanno gioca, dialoga, pone degli interrogativi e le fa addirittura accoppiare. Dio potente nella sua strafottenza e maldestro, con tenera goffaggine schiaccerà le sue stesse creature e, pentendosi, ne forgerà delle altre con alcool e carta. Lucifero parla sboccatamente in inglese, poi in francese, spagnolo e intona canti in sanscrito; frasi proiettate alle sue spalle a comporre quell’ossatura piuttosto esile del testo, che si configura come naturale prosecuzione del lavoro fatto precedentemente sul corpo.

Foto di Martina Leo

Adatto perlopiù alla dimensione installativa e musicale – prova ne è il lungo inciso dedicato all’improvvisazione sonora e campionata di Lady Maru che sembra non possedere una coerente attinenza con la drammaturgia – Lucifer incarna tematicamente il pensiero del filosofo rumeno Emil Cioran riprendendone l’aspetto pessimistico che si serve dell’ironia e del nonsense per dimostrare l’inevitabilità di un’esistenza disgraziata e abbruttita. Nell’attenzione al côté storico-filosofico, riconosciamo l’attitudine in prevalenza autoriale di Galli e Ruggeri che, pur nell’abbandono all’indagine visiva e musicale, cercano di mantenere il loro appiglio al testo, nonostante in questa occasione risulti meno corposo e meno determinante ai fini della restituzione scenica e conseguente fruizione. La forma, assai ricercata, e il contenuto, meno accurato, faticano a compenetrarsi l’una con l’altro restando due linee registiche parallele e ben distinte. Lucifer è una bestia che seduce, soggioga la malizia dello sguardo e disturba con la sua viva carnalità; però la sua è una parola debole, che non riesce a rendersi sufficientemente autonoma in quanto la scrittura scenica sembrerebbe più dedita a sperimentare la corporeità performativa del personaggio che il suo pensiero.

Lucia Medri

La Pelanda – Romaeuropa Festival 2017

LUCIFER

Di Erika Z. Galli, Martina Ruggeri
Con Piergiuseppe Di Tanno, Lady Maru
Musiche originali Lady Maru
Luci Daniele Spanò, Luca Brinchi Costumi Clara Tosi Pamphili
Maschera Tiziano Fario
Produzione Industria Indipendente
Coproduzione Carrozzerie | n.o.t
Residenze Armunia, Città del Teatro (Cascina), Corsia Of (Perugia), Angelo Mai (Roma)
In collaborazione con short theatre

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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