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Euforia di Silvia Rampelli. Il corpo in caduta libera

Al Teatro India di Roma, in prima nazionale, Euforia, la nuova creazione di Silvia Rampelli / Habillé d’eau. Recensione

foto (fotogramma) di Maurizio Felicetti

Nelle brevi note lasciate nel foglio di sala di Euforia – in prima nazionale al Teatro India di Roma nella rassegna Il teatro che danza – la coreografa Silvia Rampelli (Habillé d’eau) parla di «situatività, dell’essere gettati, della caduta nel tempo». In queste radici lessicali (sito, gettare, cadere, essere, tempo) è forse racchiuso ogni elemento per guardare quello che è a tutti gli effetti un paesaggio. E da esso lasciarsi guardare. Un paesaggio è questa coreografia rarefatta e crudele, in cui agiscono, in un ambiente nudo fatto di suono e di corpo, Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini e Valerio Sirna, come tre fantasmi abitanti tre diverse dimensioni dello stare.

La scena della sala A, spalancata a una platea finalmente gremita, resta spoglia ospitando soltanto due file di altoparlanti posizionate a terra in una vaga prospettiva a punto di fuga. Le luci – temperate dagli ormai proverbiali toni lividi di Gianni Staropoli – arrivano e se ne vanno, come crepuscolo e aurora, a creare ambienti sfumati per un movimento che esplora tre diversi stadi di umanità: quello nervoso, rapido e spezzato di Chiocchini, lo sguardo vacuo e sottratto da repentine fratture della postura; quello fluido, muscolare e spalmato a terra di Cristiani, nel quale sembrano trascorrere intere ere geologiche; quello negato, altero e severo di Sirna, in camicia e pantaloni, le lunghe gambe che solcano lo spazio picchettandolo con i tacchi delle scarpe eleganti.

foto (fotogramma) di Maurizio Felicetti

Nell’aria, a battere all’esterno il ritmo interno, la musica timida di Tiago Felicetti, come piedi nudi che schiacciano lentamente un pavimento di vetri rotti, e un elenco poetico pronunciato da una voce maschile, poi una femminile, entrambe inglesi. Non si tratta realmente di un testo, non più: semantica e grammatica (quest’ultima si sporca di errori e disgrafie) si perdono nella corporeità del suono, le parole si inseguono a canone, mandate in differita dai diversi altoparlanti, che Sirna spegnerà uno a uno fino a ricostruire il silenzio.
Proprio l’atto della costruzione appare centrale in questo rigoroso pezzo di danza, che tenta di trascinare occhi e orecchie in un affondo non più astratto – dove spesso punta la coreografia contemporanea – ma finalmente verticale. In questa caduta libera dentro gli strati profondi dell’essere si manifesta con fermezza l’attaccamento a una dimensione materiale, fatta di durate, di silenzi, di assenza di moto, di pressione viscerale, soprattutto di immaginario.

foto (fotogramma) di Maurizio Felicetti

Silvia Rampelli fa parte di quella schiera di artisti in grado di ri-presentare la realtà trasfigurata da una visione chiara, che muta di quel poco decisivo contorni e proporzioni dei particolari. Si genera così una sorta di doppio e poi di triplo della percezione, che tuttavia non evoca espressioni concettuali altre, ma resta attaccato alla realtà presentata, un ambiente per il movimento e per il corpo in cui quest’ultimo precipita nella propria stessa esposizione. Mentre striscia lungo le diagonali del palco, il corpo di Alessandra Cristiani porta con sé la responsabilità di una sottrazione del senso, risolto nella semplice esposizione della carne come prova d’umanità; la figura longilinea di Valerio Sirna diviene un’immagine di attraversamento, di rifiuto, infine di sonno che si fa morte, quando si stende accanto a Eleonora Chiocchini, i cui lunghi capelli corvini sono uno strumento di sparizione.
L’equilibrio visuale e sonoro di questa euforia percettiva «porta bene», ci dice l’etimologia del titolo, il nostro sguardo più convenzionale a slittare su un impervio crinale di rispecchiamento, che chiede molto all’attenzione, ma soprattutto alla coscienza dei limiti umani. E, forse, del loro superamento.

Sergio Lo Gatto

EUFORIA
ideazione e regia Silvia Rampelli
danza Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini, Valerio Sirna
luce Gianni Staropoli
musica Tiago Felicetti
voce Charlie Pitts, Julia Bozzo Magrini
quadrifonia e ottimizzazione del suono Daniel Bacalov
produzione Habillé d’eau
coproduzione Armunia/ Festival Inequilibrio – Castiglioncello, Fabbrica Europa 2017
sostegno Short Theatre, Angelo Mai, Studio Movimento

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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