Alessandro Blasioli porta al Roma Fringe Festival Questa è casa mia, monologo di teatro civile sul terremoto de L’Aquila.
Sono scomparsi i soldi, almeno così sembrerebbe dalle notizie di questi ultimi giorni. La grande macchina solidale dei messaggi di beneficenza messa in moto per il terremoto di Amatrice non ha mai realmente contribuito all’emergenza perché, secondo il Sindaco, «quei soldi non sono mai arrivati!». Se circa un anno fa non si faceva altro che parlare del sisma e delle problematiche annesse creando attorno alla tragedia il consueto sciacallaggio mediatico, ora e a distanza di mesi, oltre al silenzio dannoso riguardante la ricostruzione, si è aggiunta anche la beffa dell’eventualità di una frode di Stato.
Alessandro Blasioli, attore originario di Chieti e Premio NUOVOIMAIE come Miglior Interprete Maschile al Festival Dominio Pubblico 2017, ha portato all’ultima edizione del Roma Fringe Festival – vinto da ‘A Sciuqué di Malmand Teatro – lo spettacolo Questa è casa mia, da lui scritto, diretto, interpretato e incentrato su un altro terremoto, quello dell’aprile 2009, quello de L’Aquila. Blasioli indossa la maschera vivace di un picaro politicamente impegnato, dalla gestualità istrionica e interdipendente al testo, affezionato alle modalità del teatro di narrazione per la scrupolosità con la quale costruisce l’impianto drammaturgico. Nato dal corto A vostra completa disposizione!, il monologo non parla del terremoto come fatto ma, servendosi di una narrazione decentrata rispetto alla cronaca, ne restituisce il propagarsi della scossa, del dramma che disegna fratture impercettibili, e permanenti, nella quotidianità di Paolo Solfanelli e del suo amico di sempre, Marco. Il fulcro drammaturgico è fuori dalla cosiddetta “zona rossa”: lo ritroviamo negli ironici riferimenti all’onnipresenza delle canzoni popolari abruzzesi, nella ritualità religiosa e familiare raccontata con cura realista, nella fredda restituzione dell’ospitalità offerta dagli alberghi della costa, nel nonsense del progetto C.A.S.E., nel sostegno alla militanza del Movimento delle Carriole e nella disillusione nei confronti delle New Town. Il racconto in terza persona di Paolo e Marco è una storia a difesa delle macerie: quelle visibili e polverose che hanno reso L’Aquila una città fantasma, squarciata nell’animo come fanno le crepe coi muri e sulle quali si è speculato; e quelle invisibili, per cui l’estate non è più la stessa, se al mare sei costretto a starci perché non hai una casa dove tornare al termine della villeggiatura. E occorre qui sottolineare, come evidenziato anche nel testo stesso, che non esistono “terremoti d’Italia” la cui importanza è calcolata in base al numero dei morti, che non esistono quindi differenze tra le annose stragi di Messina, dell’Irpinia, dell’Emilia, dell’ultima di Amatrice citata in apertura; perché in fin dei conti la terra è una soltanto e la sua violenza anche, è uguale per tutti.
Dolor hic tibi proderit olim: severo recita il sottotitolo dello spettacolo apparso nel finale come monito luminoso acceso su una rete metallica, a ricordare le tante reti sulle quali sono ancora attaccate le chiavi di casa dei cittadini. Stessa serietà che percepiamo non solo negli abiti di scena (camicia, scarpe e pantaloni neri) quanto proprio nell’impostazione registica e drammaturgica con la quale Blasioli torna a parlare del “rimosso italiano”, trattando una delle tante lacune politiche della storia del nostro Paese con acume rigoroso, seppur in alcuni tratti risulti formalmente impostato nell’utilizzo della gestualità e delle luci, facendo virare il testo verso lo scoglio della didascalia. La musica in alcuni momenti si prende il rischio di scegliere la solennità classica, per amplificare il latente immaginario di Paolo e il suo punto di vista da ragazzo, quasi a collocare la sua esperienza del terremoto in una dimensione diversa dalla durezza del quotidiano. È con la disciplina del pensiero divenuta scrittura drammaturgica che si può rielaborare una tragedia prima intima e poi collettiva, facendola resistere alla rimozione del tempo grazie alla memoria lenta e processuale del teatro che è custode, geloso, di macerie.
Lucia Medri
visto al Roma Fringe Festival – settembre 2017
scritto, diretto e interpretato da Alessandro Blasioli
supervisione artistica Giancarlo Fares
luci Viviana Simone
scenografia Andrea Frau