Ad Anghiari la cena di “Tovaglia a quadri” di Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini è politica nel suo senso etimologico quindi “arte” per il governo della “città”. Recensione
La Sala dei Cinquecento a Firenze, forse di tutt’Italia quella più grande eletta a gestione del potere civile, si calpesta per cinquantaquattro metri di lunghezza e ventitré di larghezza ed è la sala commissionata a Leonardo per ritrarre la battaglia di Anghiari del 1440. Allora ad Anghiari, in un fazzoletto di pianura antistante la città antica, vinsero i fiorentini contro l’esercito dei Visconti a Milano, messi in fuga senza lo stendardo. È bene saperlo perché la piazza della città in cui Firenze si difese oltre ad essere più piccola della sala dei Cinquecento – dove oggi l’affresco di Leonardo si vede sostituito da uno degli intrighi più famosi della storia dell’arte – pare che porti in sé ancora tutta l’energia e la violenza scenica del combattimento in uno spettacolo cittadino, che pure è battaglia, identitaria tanto quanto quella del quindicesimo secolo. Sì, perché mentre la prima riuscì a zittire l’influenza milanese persino sulla politica interna fiorentina e ad amicarsi il papato, questa contemporanea dai tratti caratterizzanti la nostra identità già marcatamente italiana fa luce sugli inconvenienti dell’unione, dell’appartenenza e del facile suo mutarsi in dipendenza.
Cinquanta ospiti a tavola sulla strada fanno il pubblico, in gola il vino e nella pancia quattro portate, spettatori del primo tafferuglio di paese (in mezzo a un paese) con una regia. Sulla “tovaglia a quadri”, che è anche il nome di questa cena da raccontare, scorre il pinzimonio dell’orto e intanto una figurina s’affaccia alla finestra sopra ai commenti di un’altra che gli appare dal piano di sotto, le bocche spalancate e le voci grosse, ché in un paese la voce arriva comunque, tanto vale alzarla. Pare sia sempre la stessa compagnia di perfetti anghiariani a presenziare ogni edizione, pertanto ogni nuova messinscena è caratterizzata dallo stesso microcosmo di un’assemblea di condomino che prende ogni volta un tema differente ma indovina immancabilmente gli stessi stereotipi umani. Assieme ai Bringoli al sugo, i “pici” di cento chilometri più a ovest, si arrotolano le polemiche cittadine del cuoco, dell’intellettuale, della cameriera o dell’astropolitologo dirette alle stesse persone, magari con lo stesso impiego sociale, che gli mangiano di fronte sedute in fila uno vicino all’altro e portano connaturato in sé il germe della discussione tanto quanto questi attori indigeni e amatoriali. Per questa edizione Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini hanno scelto di eleggere Miss Toscana a reginetta dei loro interrogativi e in persona si ritrovano una signorina svestita di pallette, investita della fascia recante il nome di casa sua, a gracchiare le giustificazioni di una bellissima regione con gli occhi sedotti soltanto dallo scintillio del fisco e dalle tasse accessorie; proprio sullo spezzatino di Chianina con patate.
Chi abita Anghiari vorrebbe essere Anghiari soltanto e non impigliarsi nella rete di relazioni che la impastano geograficamente, economicamente e finanziariamente alle provincie e alla Regione. Andarsene dall’incanto di una donna avvenente e ipnotica impoverita negli occhi dalla mestizia di un padrone potrebbe significare una autonomia sconosciuta e non indagabile se non con l’esperienza degli incovenienti. Si tratta per il paese di scegliere d’essere comunità indipendente dalla Regione, stavolta. Ad Anghiari e ai suoi commensali la scelta, votano pure quelli seduti a guardare, con le dita imbrattate e prossime ai cantucci: vince un sì ardimentoso, comandato dal copione, universale e autarchico che smorza però la luce elettrica e impedisce agli occhi di mangiare facendoli tutti sostare al buio sul profilo di un paese.
Francesca Pierri
Fabrizio Mariotti astropolitologo
Sergio Fiorini chef rinascimentale
Ermindo Santi detto Brindellone
Mario Guiducci anghiarese a San Giustino umbro
Andrea Valbonetti filosofo da bar
Alessandro Severi patatine al dettaglio
Rossano Ghignoni detto Zanna d’Oro artigiano orafo
Andrea Finzi detto Il Solfa, proprietario dello SBAR
Cecilia Bartolomei proprietaria dell’Osteria
Stefania Bolletti promoter ConFederSagre
Marta Severi donna del poggiolino
Maris Zanchi imprenditrice MarisMetalli
Elisa Cenni cameriera toscana
Ada Acquisti donna del Poggiolino
Gabriele Meoni portiere di calcio e operaio partime
Pierluigi Domini pellegrino
Daniela Duranti Miss Toscana
una storia di Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini
assistenza tecnica Stefan Schweitzer
oggetti di scena e costumi Armida Kim e Emanuela Vitellozzi
appunti musicali ricomposti da Mario Guiducci
regia Andrea Merendelli