HomeArticoliDare fuoco alla danza. Il Prometeo di Simona Bertozzi

Dare fuoco alla danza. Il Prometeo di Simona Bertozzi

And it burns burns bruns è il quadro conclusivo del progetto della compagnia Simona Bertozzi/Nexus dedicato al mito di Prometeo. Lo abbiamo visto a Santarcangelo Festival 2017. Recensione

Foto Luca Del Pia

La trasmissione del sapere, della tecnica, è una fiamma che non si estingue. A ogni passaggio non può che aumentare, mutare, cambiare segno nel corpo di chi se ne appropria. È un concetto potente, centrale nell’economia di questo sesto capitolo che Simona Bertozzi ha dedicato al mito di Prometeo, And it burns burns burns, presentato di recente nel panorama di Santarcangelo Festival.

È un lavoro di grande respiro quello che la coreografa bolognese sta rivolgendo negli ultimi anni al mito prometeico (sempre in collaborazione con Marcello Briguglio, con cui condivide il percorso ormai da anni): l’allestimento visto alla scuola Itc Molari di Santarcangelo è infatti il sesto e ultimo quadro che la compagnia Bertozzi/Nexus dedica al progetto. Proprio Bertozzi aveva cominciato da sola in scena in quel primo Contemplazione, ma già dal secondo lavoro della serie, Il dono, lo spazio cominciava ad accogliere gesti e geometrie di una pluralità di corpi, entravano nel progetto Aristide Rontini con la sua danza a sfidare il disequilibrio, l’inatteso e Stefania Tansini. L’adolescenza arrivava a metà del percorso, nel terzo stadio, con Prometeo: Poesia: allora come oggi i corpi con i quali scrivere la partitura coreografica erano giovanissimi. Intanto veniva precisata l’estetica evidente anche nei  successivi Architettura e Astronomia.

foto Luca Del Pia

Il disegno luci in questa fatica conclusiva gioca un ruolo centrale nella creazione: materializza la scena creando gli spazi; le luci di Simone Fini avanzano o arretrano, determinano luoghi praticabili o impraticabili, concretizzano una densità atmosferica in cui i corpi delle danzatrici (tutte adolescenti) e dei danzatori si installano in quanto figure appartenenti a una dimensione di illusione teatrale. Quest’ultimo tratto avvolge l’intera composizione ed è amplificato dalla musica di Francesco Giomi, altro collaboratore spesso presente lungo il progetto del Prometeo: i danzatori guardano in quinta o verso il pubblico, sono presenti in un mondo altro. Attendono che qualcosa accada. O cada. Come il Prometeo incatenato che ha sottratto il fuoco agli dei, che ha rubato il sapere: quella technè inesauribile non è concessa all’uomo, ma al contempo è anelito che concede alle figure in scena di innalzarsi prima di cadere. Sprofondare. E forse è proprio al discorso sulla tecnica – sulla concessione del fuoco ai corpi che nuovamente significano – che lo spettacolo deve la sua capacità di lasciare un segno. In un panorama come il Festival di Santarcangelo in cui lo spettatore è chiamato spesso a portare un fuoco, ad assecondare o azionare i meccanismi della performance, dell’installazione, a percorrere, a perlustrare la scena, Bertozzi se ne fa nuovamente – arcaica – portatrice. Ecco la technè, il saper fare; ecco il movimento del corpo, il racconto, il prima e il dopo del mito al quale assistere come un passaggio, al quale attingere la fiamma.

foto Luca Del Pia

«Si, è vero: nuovi timonieri governano l’Olimpo» ammette sussurrando il coro di due giovani Oceanine, giungendo per prime da Prometeo incantenato. In scena le due danzatrici adolescenti giocano il tema del doppio (Anna Bottazzi, Arianna Ganassi); si muovono in coppia, lavorano su piccoli gesti ripetuti, e speculari, come quell’avambraccio che prima si solleva in verticale lentamente e poi di colpo, fuori ritmo, si sposta in orizzontale. Gli altri tre danzatori, Giulio Petrucci, Aristide Rontini e Stefania Tansini sono inizialmente singoli elementi che poi lentamente si aggregano, come fossero particelle elementari in via di connessione; ognuno di loro veste un particolare che potrebbe puntare simbolicamente a quella fiamma iniziatica, un pantaloncino lucido, un corpetto dorato, un pantalone che riverbera le luci. Stefania Tansini è in stato di grazia, per portamento ed eleganza, concede allo spettatore l’antico supplizio di tenere gli occhi puntati sull’abbacinare della fiamma.
And it burns burns burns si consuma (forse con qualche indugio di troppo nel finale) nel dialogo tra le diverse età in scena che, tra deflagrazioni e incontri, si ritrovano in un cerchio e, in fine, nel sobbalzare di un corpo abbandonato, punito, che sprofonda nel Tartaro, al centro della terra. Ma più che per la punizione divina, il corpo continua a scuotersi per la possibilità di danzare.

Andrea PocosgnichLuca Lòtano

Santarcangelo Festival, luglio 2017

And it burns, burns, burns
progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
ideazione e coreografia Simona Bertozzi
interpreti Anna Bottazzi, Arianna Ganassi, Giulio Petrucci, Aristide Rontini, Stefania Tansini
musica Francesco Giomi
luci Simone Fini
costumi Cristiana Suriani

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