Pedigree, l’ultimo lavoro firmato da Enrico Castellani e Valeria Raimondi (Babilonia Teatri) è andato in scena a Primavera dei Teatri 2017. Recensione.
«Questa è la mia accusa verso chi non considera la diversità come una possibilità». Un’accusa posata e diretta, come lo sguardo verso la platea di Enrico Castellani in Pedigree, feroce come sanno esserlo i bambini, senza filtri dunque, ma anche senza mediazione. Il mondo a cui rivolgersi è quello della “norma” che permea finanche i testi di matematica per cui la famiglia è composta da «un papà, una mamma, cinque fratelli e quattro polli da dividere equamente». Ma la Storia, e prima di essa il Mito (quello degli ermafroditi, raccontato da Aristofane nel Simposio di Platone: due anime in un solo corpo, senza distinzione di sesso), ci racconta che quella è soltanto una delle variabili, non l’unica.
Un giovane uomo ripercorre la propria vita; ricostruisce, narrandolo, il proprio universo, le prime esperienze sensoriali fatte di «voci, odori, affetti, come quelli degli altri, niente di strano», si sofferma su alcuni episodi, come quello, significativo, in cui il compagno di classe, alla vista del problema di aritmetica, sposta l’accento dalla sua risoluzione all’evidenza della diversità dell’amico: l’esser figlio di una coppia omogenitoriale, una famiglia in cui lui, mamma Perla e mamma Marta non avrebbero potuto dividere equamente i polli. Due figure benevole queste: materne, candide, evocate dai due abiti bianchi da far dondolare al soffitto, con i quali giocare, inscenare una danza dei ricordi che si muove sulle canzoni di Elvis, che caratterizzano tutto lo spettacolo. Can’t help falling in love with you, si sente, non posso evitare di innamorarmi, perché il problema non è convivere con la diversità, ma il diritto all’esistenza del diverso.
Su questo si concentra quest’ultimo lavoro di Babilonia teatri visto in anteprima nazionale a Primavera dei teatri e che proprio in questi giorni viene presentato al Festival delle Colline Torinesi. Il titolo è, racconta Castellani, «una provocazione che è andata a bussare alla finestra» (e una prima lettura l’avevamo vista su invito di Rodolfo di Giammarco allo scorso Garofano Verde), con la quale sottolineare la distanza tra la storia genealogica – determinata appunto attraverso il certificato – e la storia affettiva, nella quale genitore non è chi ha dato soltanto il proprio contributo genetico. Ventitré cromosomi e il consenso alla conoscenza una volta raggiunta la maggiore età non fanno di quell’uomo (forse rappresentato nella figura volutamente marginale di Luca Scotton in scena) un padre. Su questo intrecciarsi fluido di eventi, una presenza sempre più ingombrante, che progressivamente ci raggiunge dal palco della Sala Consiliare, entra nelle nostre narici, si adagia sui nostri vestiti, è un odore intenso che ci distrae appena quell’attimo necessario a capire che non si tratta affatto di distrazione. In apertura, Castellani, seduto su una poltrona ricavata da un sidecar Harley-Davidson (nero e marchiato a fuoco, dell’ebbrezza e del senso di libertà che si porta dietro la famosa casa motociclistica), prende, ancora prima di iniziare a parlare, quattro polli: li bacia, con fare quasi rituale li infilza su uno spiedo e li mette a rosolare. Non sappiamo ancora il nesso, ma il teatro suo e di Valeria Raimondi (che qui come sempre cura la regia) ci ha abituato a considerare l’indispensabilità del segno performativo rispetto a quanto accade in scena. Quei polli allo spiedo ritornano certo nelle parole, ma nel corso dei cinquanta minuti – di spettacolo e di cottura – con la loro presenza materica che colpisce olfatto e gusto, acquisiscono il peso della condivisione del disagio del protagonista. Proprio quell’odore a tratti nauseante rimarca un senso prima di tutto fisico, quindi concettuale. Allora la parola teatrale e popolare di Babilonia Teatri, che come dichiarano nel loro manifesto poetico può esistere soltanto «se può ancora essere specchio della società in cui vive», non ha più bisogno nemmeno di essere sputata in faccia con violenza. Forse, in distacco da quella sonorità che li ha caratterizzati, la parola può essere anche dolce, cristallina, cullata, sempre mantenuta su un piano addirittura colloquiale, senza per questo smettere di avere su di sé la forza di un pugno nello stomaco.
Viviana Raciti
Visto a Primavera dei Teatri, Giugno 2017
Prossime repliche:
Festival delle Colline torinesi, 11 e 12 giugno 2017 – Teatro Astra
Fabbrica delle Idee, Racconigi CN, 13 Giugno – ex ospedale psichiatrico
B:MOTION Opera estate, Bassano del Grappa Vi, 1 settembre – CSC garage Nardini
PEDIGREE
di Babilonia Teatri
regia Babilonia Teatri
con Enrico Castellani e con Luca Scotton
parole Enrico Castellani
cura Valeria Raimondi
luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
direzione di scena Luca Scotton
un progetto di Babilonia Teatri
produzione Babilonia Teatri, La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale
co-produzione Festival delle C olline Torinesi
organizzazione Alice Castellani
scene Babilonia Teatri
costumi Franca Piccoli