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Wunderkammer a Fabbrica Europa. OHT e loscorderos·sc

Una camera delle meraviglie quella dove ci conducono gli spettacoli presentati a Fabbrica Europa dal collettivo OHT con Squares do not (normally) appear in nature e dalla compagnia loscorderos·sc con Afasians – The Last Conference. Recensione

Foto di Fabio Cella

Conchiglie e coralli, mappamondi e manoscritti, frutti esotici e animali imbalsamati: tra le arcate che fiancheggiano la navata centrale della Stazione Leopolda non fanno mostra di sé le strane reliquie che, affastellate tra stipetti barocchi, costituivano l’orgoglio dei principi e il segreto piacere degli abati. Eppure, in questa ventiquattresima edizione, Fabbrica Europa sembra fare propria quella curiositas, quell’afflato verso la scoperta e l’inconsueto che costituiva l’origine emotiva delle wunderkammer europee. Il cartellone curato da Maurizia Settembri e Maurizio Busia accosta così proposte le cui estetiche e i cui formati spaziano per varietà ed esiti; proprio dalle camere delle meraviglie sembra ereditare quel gusto atipico per un’indagine sulla realtà mediata non da un rigido metodo, bensì da un divertito, contagioso sentimento di stupore. L’analisi scientifica della natura, che nel suo sviluppo storico è debitrice anche della meticolosa catalogazione dei mirabilia raccolti nei gabinetti delle curiosità, si fa adesso solco sul quale disegnare, con esiti mai didattici o didascalici, nuove soluzioni spettacolari.

Foto di Fabio Cella

E Squares do not (normally) appear in nature costituisce a tutti gli effetti una wunderkammer: il progetto teatrale e installativo che il collettivo OHT | Office for a Human Theatre ha portato negli spazi della Leopolda consiste infatti, nella sua concretezza di oggetto scenico, in un cubo le cui intelaiature metalliche sorreggono teli bianchi, indizio tangibile di un tesoro ivi celato e intuito soltanto grazie alle ombre. Una traccia audio descrive gli ultimi, concitati giorni del Bauhaus, la facoltà di architettura e design fondata da Walter Gropius nel 1915 e chiusa vent’anni dopo sotto le pressioni del partito nazionalsocialista: a parlare è Ludwig Mies van der Rohe, che con voce piana racconta la disincantata e ironica resilienza di un gruppo di intellettuali posti di fronte alla barbarie, capaci di brindare all’epilogo della scuola come se proprio in esso si nascondesse una cifra estetica significante. È a causa della repressione nazista che Josef Albers, artista tra i più rilevanti del Bauhaus, emigrò negli Stati Uniti; sono il suo genio e la sua dolce figura di intellettuale mitteleuropeo, che Squares do not (normally) appear in nature traduce in una narrazione priva di interpreti, nella quale la luce, gli oggetti e i colori assumono piena valenza attorale.

Foto di Fabio Cella

Con una torsione performativa di cristallina efficacia, Filippo Andreatta  ideatore e regista del progetto – introietta gli assunti sull’astrazione nell’arte teorizzati dallo stesso Albers, costruendo un dispositivo che espunge la presenza umana, limitata alla sola voce registrata o a estratti video, e che affida però a una molteplicità di effetti scenici il compito di orchestrare una sinfonia di suggestioni. L’alzarsi improvviso del telo bianco, al termine della lunga introduzione affidata al racconto di Mies van der Rohe, offre allo sguardo dell’osservatore un trenino elettrico, modelli di solidi platonici, fari, lampade e un’enigmatica placca in plastica verde recante la scritta “This is Orange”. Si tratta di un’enciclopedica collezione di artefatti capaci di animarsi e sviluppare, grazie ai movimenti meccanici curati da Paola Villani, nessi drammaturgici e affondi concettuali. «L’origine dell’arte è una discrepanza tra un fatto fisico e un effetto psichico»: la voce di Andreatta ricorda alla platea una delle tesi fondamentali del magistero di Albers, mentre una pioggia di coriandoli segue il fulminante apparire di uno spettro cromatico sul fondale e l’esplodere delle tracce sonore di Roberto Rettura si sostituisce all’acqua che scorre sui pannelli di plexiglass. La moltiplicazione degli elementi frammenta l’attenzione dello spettatore, impossibilitato a disciplinare nello sguardo il felice caos che si squaderna nello spazio limitato dell’installazione. L’intreccio tra asettiche relazioni inorganiche – simili al giustapporsi dei cromatismi nelle tele astratte di Albers – sembra indagare gli irresolubili meccanismi della percezione umana, e con esse il mistero attraverso cui stimoli elettrici possono originare l’infinita gamma delle emozioni. La luce, il colore, il suono, si traducono nella wunderkammer degli OHT in inaspettato sogno, in racconto, in teatro.

foto di Rojo Barcelona

Afasians – The Last Conference ha origine da un analogo meccanismo di compressione di sofisticate teorie scientifiche nelle coordinate spaziali e temporali dell’arte scenica.  Uno slancio grazie al quale la compagnia spagnola loscorderos·sc insieme al duo di musica elettronica Za! ha  trasferito in uno strambo linguaggio coreutico-musicale alcuni dei principi basilari della meccanica quantistica, accumulando riferimenti al dualismo onda-particella o al paradosso del gatto di Schrödinger. È al celebre felino e alla sua proverbiale mortalità che il collettivo rende omaggio in questa pseudo-conferenza organizzata, nello spazio Alcatraz all’interno della Stazione Leopolda, dalla popolazione degli Afasians. Nei costumi dei pacifici abitanti di un universo parallelo al nostro gli straordinari performer David Climent, Edu Pou, Pau Rodríguez e Toni Mas alternano senza soluzioni di continuità segmenti canori e partiture coreografiche, frammenti recitati in uno spassoso grammelot e improvvise pause.

foto di Rojo Barcelona

In un palcoscenico allestito soltanto con un tavolo, alcune sedie, un divano e svariati microfoni montati su aste spesso utilizzati come impropri strumenti a percussione, si svolge così una complessa e bislacca lectio magistralis sulla fisica teorica e sui suoi tanti aspetti ormai inscritti nell’immaginario collettivo pop. La consueta divisione delle conferenze in tavoli di lavoro prende qui la forma di una giustapposizione di quadri dalla forza scenica diseguale: se efficaci appaiono i momenti in cui gli attori agiscono lo spazio come sciamani di un rituale strambo e gioioso dedicato al «gato muerto», troppo dilatati risultano forse i surreali momenti meditativi, quelle improvvise cesure nel ritmo altrimenti vorticoso della performance durante le quali i quattro inscenano sonni ristoratori o improvvisano ai live electronics e alle percussioni. Il ripetuto insistere su alcuni sketch indebolisce a tratti la struttura dello spettacolo: e tuttavia la creazione dei loscorderos·sc sbeffeggia, in un formato scenico comico e volutamente anarchico, qualsiasi volontà critica, facendo deflagrare metri di giudizio troppo compassati nel parossismo delle soluzioni registiche, nell’entusiasmo e nella dedizione degli attori. E ponendo ancora una volta gli spettatori di fronte all’incanto, all’infantile ‑ e necessaria ‑ scoperta della meraviglia.

Alessandro Iachino

visti alla Stazione Leopolda, nell’ambito di Fabbrica Europa 2017 – maggio 2017

SQUARES DO NOT (NORMALLY) APPEAR IN NATURE

idea e regia Filippo Andreatta
ricerca scientifica Chiara Spangaro
movimenti meccanici e meraviglia Paola Villani
scenografia Filippo Andreatta e Paola Villani
musica di scena Roberto Rettura
direttore palcoscenico Rosario Fontanella
tecnico Giovanni Marocco
organizzazione Laura Marinelli
amministrazione Chiara Fava
brano “ala” di Matteo Nasini
una produzione di OHT, Provincia Autonoma di Trento
in collaborazione con MART museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Regione Trentino Alto-Adige, Comunità di Valle della Vallagarina, PuntoLuce sas
residenza artistica Centrale Fies, Albers Foundation
debutto Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Italia
ringraziamenti Barbara Boninsegna, Annalisa Casagranda, Brenda Danilowitz, Fritz Horstman, Alessandra Klimciuk, Nick Murphy, Giacomo Raffaelli, Jeannette Redensek, Nicholas Fox Weber

AFASIANS ‑ THE LAST CONFERENCE
creazione e regia loscorderos·sc & Za!
interpretazione David Climent, Edu Pou, Pau Rodríguez, Toni Mas
disegno luci Cube.bz
musica Za!
partitura fisica loscorderos·sc
suono El Mo
costumi Laia Muñoz
produzione Pilar López
coproduzione loscorderos·sc, Festival Grec Barcelona, Ajuntament de Barcelona, Fundació Catalunya-La Pedrera, SÂLMON< festival, Festival Tercera Setmana
in collaborazione con Graner, L’Animal a l’esquena, Fabra i Coats

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Alessandro Iachino
Alessandro Iachino
Alessandro Iachino dopo la maturità scientifica si laurea in Filosofia presso l’Università degli Studi di Firenze. Dal 2007 lavora stabilmente per fondazioni lirico-sinfoniche e centri di produzione teatrale, occupandosi di promozione e comunicazione. Nel novembre 2014 partecipa al workshop di visione e scrittura critica TeatroeCriticaLAB tenuto da Simone Nebbia e Andrea Pocosgnich nell’ambito della IX edizione di ZOOM Festival, al termine del quale inizia la sua collaborazione con Teatro e Critica. Ha partecipato inoltre al laboratorio Social Media Strategies for Drama Review, diretto da Andrea Porcheddu e Anna Pérez Pagès per Biennale College ‑ Teatro 2015, e ha collaborato con Roberta Ferraresi alla conduzione del workshop di critica della Biennale College ‑ Teatro 2017. È stato membro della commissione di esperti del progetto (In)Generazione promosso da Fondazione Fabbrica Europa, ed è tutor del progetto Casateatro a cura di Murmuris e Unicoop Firenze.

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