David Glass dirige il progetto di formazione con il Collettivo Teatro Siena, portando al Teatro dei Rozzi lo spettacolo The Brides. Recensione
Come crisalidi dalla plastica nascono le donne contemporanee, conquistano la posizione eretta, rinnegano il martirio primordiale e ne scelgono uno tutto nuovo, quella condizione femminile che torna a far parlare di emergenza nell’era di una violenza efferata e cieca. Le vergini si muovono lentamente, come non sapessero ancora secondo quale orbita occupare lo spazio dove altri corpi stanno cercando direzione, posizione; eppure il movimento incerto non ha che una traiettoria, quella che le consegnerà al loro abito assieme intimo ed esteriore, abito di una trasformazione e di una conservazione, l’abito da sposa.
In questa scena sospesa e immaginifica emergono le tredici donne che il regista inglese David Glass ha disposto sul palco del Teatro dei Rozzi di Siena, per lo stratificato progetto The Brides firmato dal Collettivo Teatro Siena e che vede la scena per la prima volta dopo un laborioso percorso formativo che ha coinvolto le compagnie senesi, unite nella volontà di misurarsi in un confronto con un regista in grado di accrescere le competenze della loro sfera artistica, perché fosse un richiamo al rinnovamento dello stato dell’arte nella propria città. Progetto intelligente, dunque, che ha ben utilizzato risorse provenienti dagli sforzi per il tentativo di promuovere Siena a capitale della cultura, mostrando come il teatro ancora una volta possa prodursi in un movimento di coesione attorno a un’idea, pur senza vedere necessariamente di fronte a sé già i frutti di un investimento di energie.
La condizione della sposa, in un universo di sole spose, mostra un’esclusività logora che invece fa trasparire una solitudine estrema e inguaribile; c’è dunque la trasformazione di un desiderio nella sua nemesi, fino al punto di dubitare del desiderio stesso: quanto davvero è profonda la necessità e quanto invece poggia su una conformazione di sovrastruttura che la società dispone per emancipare, affermare, l’individuo? A questa domanda sembra rispondere David Glass, indagando l’universo femminile fino nell’intimità originaria, priva di categorizzazione, ponendola in luce in un ambiente caldo, quasi placentare, atto ad accogliere la relazione tra le donne e il proprio incubo, nelle vesti di due personaggi chiave – una strega e una bambina – rappresentativi del legame tra paura e destino.
In questa atmosfera incognita è la musica il linguaggio con il quale la partitura dinamica delle sagome entra in maggiore relazione, dalle canzoni soft anni Cinquanta alle sonorizzazioni più cupe compone elementi scenici ben definiti che concorrono pertanto alla drammaturgia. La struttura dello spettacolo è quella di una sequenza che simula le diverse occorrenze della sfera sensibile, succedendo desideri a repressioni, istinti a isterie, l’invidia al sostegno reciproco. Proprio per questo si tratta di un lavoro fortemente simbolico, che poggia su certi stilemi del muto, ma non tutti i simboli appaiono, a questo punto dell’evoluzione del lavoro, ancora centrati ed efficaci. Per ciò che concerne lo stile Glass sceglie di far coesistere ogni opportunità che la scena può offrire, dal musical all’animazione, alla danza, confermando un’idea di teatro totale non propriamente italiana. Se tale scelta da un lato promuove un’apertura verso una varietà degli ascolti, proprio in virtù di tale ampiezza lo spettacolo mostra ancora limiti nella componente drammaturgica, che si fa confusa dai troppi stimoli e quindi non più nitida per una migliore fruizione.
Simone Nebbia
Teatro dei Rozzi, Siena – aprile 2017
THE BRIDES
regia David Glass
con Elisa Bartoli, Silvia Priscilla Bruni, Rita Ceccarelli, Lucia Donati, Alessandra Fantoni, Margherita Fusi, Martina Guideri, Giulia Marchetti, Olimpia Marmoross, Simona Parravicini, Elisa Porciatti, Stefania Tacconi, Vittoria Vigni
aiuto regia Hester Welch
musiche Alberto Massi.