Pina Bausch a Roma, film documentario di Graziano Graziani presentato al Teatro Argentina in prima assoluta. Racconto della serata
La sensazione è simile a quella di uno spaesamento, sembra quasi di aver sbagliato sala e l’incredulità si palesa nell’espressione degli spettatori del Teatro Argentina, adibito a cinema per una serata evento. In scena, scorrono immagini del degrado del campo rom di via di Salone, si parla di topi, immondizia, roghi e povertà. «Prima non era così, prima a La Rustica si poteva vivere». Un salto temporale ci fa allora tornare indietro; il racconto dei coniugi Ljiljana e Želiko ci introduce gradualmente in un tempo diverso, si fa spazio proprio tra i rifiuti di oggi per parlarci di ieri, di quella bellezza celata che non si dà all’apparenza ma che solo alcuni occhi sanno vedere, rivelandola.
Inedito, diverso, e deliberatamente “sconsacrato” è Pina Bausch a Roma, il film documentario di Graziano Graziani presentato in prima assoluta al Teatro di Roma, davanti alle istituzioni certo ma soprattutto accolto da un teatro gremito fino all’ultimo ordine di palchi. La mancanza è il sentimento di sconforto, lievemente accennato senza troppo approfondire, che traspare dalle parole del discorso d’apertura del direttore artistico Antonio Calbi, a ricordare la lunga assenza in Italia e a Roma del Tanztheater Wuppertal, nonostante la capitale sia stata proprio la prima città a ospitarne una coproduzione alla fine degli anni Ottanta, inaugurando quel filone produttivo che è stato ribattezzato “coreografie di viaggio”. Produttore del documentario è Riccione Teatro che ne ha seguito tutta la gestazione iniziata ormai tre anni fa, nel 2014. Alternandosi con il Premio Riccione per il Teatro, che quest’anno festeggia i suoi settant’anni, il Riccione TTV Festival -Performing Arts on screen – nata nel 1985 dalla volontà di Franco Quadri – è la rassegna che ha presentato numerose retrospettive sulla coreografa, sia in Italia che all’estero, e che non poteva mancare anche in quest’occasione, grazie alla direzione di Simone Bruscia, di ribadire la sua presenza e sostegno alla memoria di Pina Bausch. Anche se l’idea originale non era quella di realizzare un film quanto piuttosto una raccolta di testimonianze, il documentario si apre sin dall’inizio con una precisa scelta autoriale che innanzitutto pone al centro Roma, dandole la parola: lo «sguardo della città» sarà allora il punto di vista, supportato da una rete di testimonianze e relazioni che innervano la grande quantità di materiale storiografico. Indispensabile per la nascita del progetto, è stato L’Archivio Teatrale Andrés Neumann presso il Funaro Centro Culturale di Pistoia, con il quale si è attivata una proficua sinergia che ha messo in contatto tra loro le regioni Toscana, Emilia Romagna e Lazio, e gli artisti e operatori intervenuti nel docufilm.
La retrospettiva si concentra sulle lunghe residenze romane del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch nel 1985 e nel 1998, che hanno dato vita alle due coproduzioni col Teatro di Roma di Viktor (1986) e O Dido (1999). In questo periodo sono molti i legami instaurati dalla coreografa che, con l’umiltà testimoniata dalle persone che l’hanno affiancata durante il soggiorno, come una «spugna» riusciva a carpire, osservandola, quella meravigliosa “bruttezza” e tradurla in danza. La difficoltà iniziale nell’affrontare una simile e teutonica figura è stata risolta da Graziani in un documento che decostruisce, senza però eliminarla, l’aura di sacralità che circonda la coreografa, restituendole quella profana umanità in grado di osservare e adattarsi al non convenzionale. La regia sottolinea lo stupore affamato e ostinato di Pina Bausch nel voler guardare “al lato” della città: passeggiando per i mercati, a cena nelle trattorie e osterie, nei locali notturni e transgender, nei circoli di cultura omosessuale, fino alle feste folkloristiche nei campi rom – conosciuti grazie alla guida di Ninni Romeo, assistente della coreografa. Prendono la parola in brevi interviste Leonetta Bentivoglio giornalista e studiosa, la prima a far conoscere il teatro danza bauschiano in Italia, e personaggi inusuali, ma a loro modo straordinari, come Vladimir Luxuria che alle quattro di mattina guidò la coreografa nel clamore trasgressivo e ormai spento del Muccassassina. O anche Matteo Garrone che assistette all’incontro tra la coreografa e una apparente “suora” (in realtà proprietario transgender di un cinema porno) le cui due passioni erano Carmelo Bene da un lato e Bausch dall’altro. Aneddoti sorprendenti – il pubblico in sala rideva e si stupiva a più riprese – che vogliono dimostrare un’altra inaspettata eredità bauschiana: quel suo essere “in situazione”, in ascolto di una realtà diversa e rocambolesca, caratteristico a tal proposito il ricordo di Mario Martone relativo alla pazienza della coreografa nei confronti di una Napoli indisciplinata. Poetica la testimonianza di Maurizio Millenotti che la vestì per il ruolo della Principessa Lherimia con abiti esaltanti la sua figura esile e aggraziata per il film di Federico Fellini E la nave va, o ancora, le giornate di visite guidate “diversamente turistiche” raccontate da Claudia Di Giacomo. Il montaggio del documentario è affidato a Paolo Barberi e Ilaria Scarpa, i quali scelgono un linguaggio da flâneur, spostandosi dalla ricostruzione storiografica e accademica a quella aneddotica, che si tinge coi colori della veracità e incontra un ricco repertorio videofotografico accompagnato dalle musiche originali dei Mammooth.
La proiezione si è conclusa poi con una sorpresa: «se ci fosse un Premio Nobel per la danza lo meriterebbe lei» così Calbi, insieme a Emanuele Bevilacqua nuovo presidente del CDA, ha esordito nella consegna della lupa capitolina al Tanztheater Wuppertal in memoria di Pina Bausch. Dal palco, vestita di nero e con quell’accento romano un po’ addomesticato dall’esperienza tedesca, Cristiana Morganti ha salutato il pubblico raccontando di quel sentimento di libertà tramandatole dalla coreografa; proprio la stessa libertà con la quale però ha deciso di staccarsi dall’esperienza dell’ensemble. Antropologia e ritualità sembrano essere gli strumenti scelti da Graziani nell’offrire uno spunto di analisi contrario ma coerente che possa, nella diversità, aggiungere un tassello ulteriore allo studio dedicato alla coreografa. Non solo, Graziani allarga il raggio d’osservazione alla bellezza contraddittoria e severa di Roma ora abbandonata all’incertezza e incarnata da quel nomadismo dei coniugi Firlović, i quali chiudono il documentario ricordando sì le feste calorose alle quali partecipava Pina, ma anche l’attuale degrado del loro isolamento. Tra il teatro e la politica, chi sei oggi Roma?
Lucia Medri
Teatro Argentina – aprile 2017
Regia di Graziano Graziani
Da un’idea di
Simone Bruscia e Andrés Neumann
Produzione
Riccione Teatro (presidente Daniele Gualdi)
in collaborazione con Archivio Teatrale Andrés Neumann/Il Funaro Centro Culturale (Pistoia)
Musiche originali Mammooth
Montaggio Paolo Barberi, Ilaria Scarpa
Correzione colore e immagini di supporto Claudio Martinez
Missaggio audio Fabio Sabatini
Operatori Fausto Capalbo, Max Chiartosini, Ilaria Scarpa
Ricerca iconografica Tiziana Tomasulo
Repertorio fotografico
Archivio Enrica Scalfari, Archivio PAV, Archivio Teatrale Andrés Neumann/Il Funaro Centro Culturale (Pistoia), Centro studi Teatro di Roma
Repertorio video
O Dido (1999), regia e coreografia di Pina Bausch, con il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch; Café Müller (1978), regia e coreografia di Pina Bausch, con il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch; Muccassassina, sigle di stagione (per gentile concessione del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli); E la nave va (1983), regia di Federico Fellini
Assistente alla produzione Antonella Bacchini
Assistente alla produzione per Andrés Neumann Giada Petrone
Sottotitoli e traduzione Sandra Gianesini, Valentina Rapetti, Viviana Sebastio
Nazionalità Italiana
Anno di produzione 2016
Durata 58 minuti
CON
Leonetta Bentivoglio
Claudia Di Giacomo
Ljiljana Firlović
Želiko Firlović
Matteo Garrone
Vladimir Luxuria
Mario Martone
Maurizio Millenotti
Cristiana Morganti
Andrés Neumann
Ninni Romeo