Il bando dell’Estate Romana, pubblicato il 21 aprile, porta alcune novità e numerosi dubbi. Siamo entrati nel complesso regolamento per sottolineare i punti di forza e i problemi con i quali dovranno confrontarsi gli operatori. Si allarga la base di coloro che possono affacciarsi alla richiesta di contributo, ma si rischia il livellamento verso il basso.
40 anni dopo l’invenzione dell’Estate Romana la Capitale si trova a poche settimane dalla prima edizione pensata dalla Giunta Raggi. Cominciamo dalle note positive sottolineando che finalmente è stato scritto un bando triennale; il documento permette di presentare progetti rivolti all’annualità in corso o al triennio, favorendo questi ultimi. Inoltre si allarga a progetti non solo legati allo spettacolo dal vivo ma più in generale alla cultura, questo permetterà, almeno sulla carta, una gestione più agile di quegli eventi eventi e luoghi non prettamente spettacolari.
Come per le precedenti amministrazioni, la prima difficoltà è relativa ai tempi. D’altronde sul capitolo dei bandi riguardanti lo spettacolo dal vivo il ritardo è perenne, basti pensare alla situazione del circuito dei Teatri in Comune in scadenza a fine giugno e, anche quest’anno, ancora senza notizie. Nel caso della manifestazione ideata da Renato Nicolini, invece, parliamo di un bando di 17 pagine che, considerati anche gli allegati, arriva a 50. Nel comunicato stampa viene sottolineata la semplificazione a cui mira il regolamento, ma la mole di adempimenti rimane comunque gravosa sia in fase di domanda (solo 26 giorni di tempo, forse pochi per una progettazione triennale) che di richiesta dei benefici ottenuti. Ad ascoltare le storie di buona parte degli operatori vincitori dell’edizione 2016 si entra in uno spazio narrativo kafkiano, nel quale gli uffici comunali si rendono protagonisti di richieste eccessive: scontrini firmati dai responsabili di negozio, documenti degli artisti che hanno pernottato in hotel a spese del festival, dichiarazioni che dimostrino la presenza dei corretti beneficiari nelle cene post spettacolo, ci si potrebbe fare un libricino umoristico. Tutto questo sarà diverso per l’edizione del quarantennale?
Il finanziamento a disposizione complessivamente è di 1 milione e mezzo, di cui 500mila euro sono destinati ai progetti presentati solo per il 2017, i quali però potranno usufruire del budget relativo alle triennalità, qualora ne avanzasse. Il piatto insomma prevede lo stesso stanziamento previsto nel periodo Tronca. Siamo ben lontani dal risalire la china degli ultimi anni: la giunta Veltroni per il trentennale del 2007 investì 3 milioni di euro.
E sulla ripartizione di un investimento già fin troppo esiguo arrivano i primi interrogativi: la scelta del vice sindaco e assessore alla Crescita culturale Luca Bergamo, in controtendenza rispetto agli anni precedenti, è quella di far decrescere il contributo in proporzione al costo totale del progetto; vengono in questo modo privilegiate le manifestazioni più piccole. Coloro che presentano un progetto dal costo massimo di 40mila euro avranno fino al 70% (ovvero 28mila), se il costo totale è tra i 40 e gli 80mila viene finanziato il 40% (massimo 32mila euro) e così a scendere fino a quelle manifestazioni che hanno un costo superiore ai 120mila euro e che verranno supportate dalle casse comunali con l’esigua cifra di 20mila euro.
Rispetto al passato Bergamo inserisce la possibilità di chiedere un anticipo pari alla metà del contributo e questo anticipo è legato alla presentazione della documentazione delle spese, ma come pagare spese e collaboratori se appunto ancora non si è ricevuto niente? Facile, si chiede un prestito o si usa liquidità personale. Insomma nulla di nuovo.
L’altro problema riguarda la composizione delle graduatorie. La clausola che dovrebbe permettere all’Estate Romana di diffondersi in tutte le zone di Roma rischia di creare difficoltà: il bando prevede infatti almeno 2 progetti vincitori per ogni municipio. Ma cosa accadrà se ci saranno (come è prevedibile) un numero maggiore di richieste per i municipi centrali? La città in questo caso rischierebbe di perdere progetti di qualità. Inoltre bisogna ricordare che le graduatorie saranno due: una per la triennalità e l’altra per l’annualità corrente.
Sono interessanti invece alcuni dei criteri di valutazione, che sostanzialmente ruotano attorno a tre macro temi: 1) Le modalità di offerta e fruizione della proposta culturale, 2) i contenuti culturali, 3) l’efficacia dell’organizzazione. I primi due sono il cuore del pensiero culturale che muove l’Estate Romana: è qui che si parla di valorizzazione del territorio, dell’importanza di un’offerta presente in tutti i municipi, della compatibilità delle strutture con l’ambiente che le ospita, dell’accessibilità. Inoltre il bando premia «l’originalità delle esperienze e delle modalità di fruizione da parte del pubblico, anche alternative alla classica rappresentazione palco-platea, nonché meno tradizionali in termini di orari e modalità», la creazione di nuove opere e l’utilizzo della forma residenziale, la valorizzazione di forme artistiche che solitamente non trovano ospitalità nelle programmazioni cittadine. Uno dei fattori premianti però è in contraddizione con il disimpegno dell’istituzione pubblica proporzionato alla crescita economica del progetto: il bando mira a far emergere la «capacità di contribuire a valorizzare e posizionare la città di Roma quale capitale della cultura contemporanea attraverso l’inserimento nell’offerta di nuove iniziative locali e non, nonché il grado di attrattività rispetto a persone, talenti e stakeholders anche internazionali».
Ritorniamo su questo punto perché ci sembra davvero il cuore della questione: una manifestazione che riesce a progettare triennalmente, a crearsi un pubblico, a istituire una relazione col territorio, a creare e programmare opere originali per temi e linguaggi, a coinvolgere partner internazionali, ecco se tutto ciò lo realizza con un costo (come è probabile e logico) che supera gli 80mila euro il contributo del Comune si ferma a 24mila. Agli uffici di Bergamo questa logica non appare antimeritocratica?
Che fine ha fatto il finanziamento dedicato ai festival storici? Possibile che soggetti ormai strutturati, in grado di vincere bandi regionali, nazionali ed europei, debbano giocarsela nello stesso campo di concorrenti più piccoli e alle prime esperienze?
Progetti low cost e diffusi in tutto il territorio: questa l’idea di Estate Romana che emerge dalla lettura del bando, anche perché tra i fattori premianti non passa inosservata la «diffusione territoriale». L’amministrazione ha individuato 4 categorie in cui dividere la geografia cittadina in base alla centralità: rioni, quartieri, suburbi e zone. Prendendo i due poli di questa categorizzazione i rioni sono i quartieri centrali e le zone vanno, ad esempio, da Torre Gaia a Labaro. Più ci si allontana dal centro e più aumenta il punteggio dedicato alla diffusione territoriale: da 1 a 5.
Insomma anche a Castel Giubileo devono avere la loro Estate Romana: come dar torto all’assessore, non possiamo che essere d’accordo, ma una scelta del genere non può penalizzare quei soggetti che da anni contribuiscono alla cultura dello spettacolo dal vivo cittadino e ora hanno come unica colpa quella di essere cresciuti troppo, di essere diventati paradossalmente troppo bravi. Così il rischio di provincialismo è dietro l’angolo, altro che internazionalità.
Andrea Pocosgnich
La pagina con il comunicato e bando
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