Madame Pink, per la regia di Alfredo Arias e prodotto dal Teatro Stabile di Napoli Teatro Nazionale, arriva al Teatro Argentina di Roma. Recensione
Con cappello e tailleur neri, Alfredo Arìas fa il suo ingresso sul palcoscenico poco prima dell’inizio di Madame Pink, spettacolo da lui diretto e scritto insieme a René de Ceccatty. Alla sinistra della scena e sulla soglia di una delle due porte, il regista si rivolge direttamente al pubblico del Teatro Argentina prendendosela tuttavia con quelle poltrone vuote, rappresentanti gli «spettatori che hanno scioperato con la loro immaginazione» e che non godranno perciò di questa messinscena «surreale e animalesca».
Peccato! Una grave perdita per coloro i quali non hanno potuto vedere questa coproduzione del Teatro Stabile di Napoli Teatro Nazionale ospitata al Teatro di Roma. Commedia con canzoni e cane, riporta il programma di sala, ma dovremmo specificare che in realtà si tratta di una cagna, rosa, chiamata Roxie (Flo) dalla sua padrona Madame Pink (Gaia Aprea).
All’inizio una docile e dolce bestiola che ricorda alla protagonista la defunta sorella, Roxie è un’amica con la quale uscire, fare passeggiate, comprare vestiti e gioielli e spettegolare, che in seguito diverrà però una terribile eviratrice di uomini (dopo aver concesso loro premurose leccatine ai testicoli). Così quella rosea esistenza verrà poi macchiata con tinte di nero dolore. Guardando agli anni d’oro del cinema classico hollywoodiano attraverso uno sguardo kitsch e osservando «quanta violenza si nasconde in queste storie, sotto gli strati di felicità che conducono all’happy ending»; lo spettacolo di Arìas – che «non è un musical né una commedia musicale» – fa cantare e muovere sul palco un ensemble di interpreti, ai già citati si aggiungono Mauro Gioia, Gianluca Musiu e Paolo Serra. Gli attori “fanno scena”, accompagnati dalle musiche eseguite dal vivo da una band coperta e scoperta dal fondale disegnato dal noto protagonista della street art mondiale Agostino Iacurci, sue sono anche le scenografie: enormi silhouette canine, piante d’appartamento, due porte laterali a forma di osso di cane, tutte illuminate dalle tinte fluo del disegno luci di Cesare Accetta. Una grave perdita per coloro i quali non hanno potuto vedere «la complessità del melodramma nel cinema noir americano che si sposa con lo spirito diretto e innocente degli spettacoli di Broadway» risolta con la direzione di Arias in una drammaturgia dagli intenti confusi, il cui testo è ricco di ingenuità e volgarità tutt’altro che provocatorie, che vorrebbero ma non possono raggiungere la dignità di un’orchestrazione accurata tanto dal punto di vista attorale che canoro.
Una grave perdita per coloro i quali non hanno potuto ammirare la maschera di scena della cagna Roxie firmata dall’acclamato scultore e scenografo svizzero Erhard Stiefel (già al fianco di Ariane Mnouchkine) e ascoltare le 14 “canzonette” composte da Mauro Gioia insieme a Mark Plati, tra i collaboratori storici di David Bowie.
Insomma un lavoro che dichiarandosi immeritatamente «assurdo» e «surreale» si risolve sulla scena in un capriccio pindarico che potrebbe essere giudicato quasi offensivo per le casse di chi lo produce e di chi lo ospita: non basta avere i migliori collaboratori su piazza quando a mancare sono proprio le idee. La messinscena del regista argentino non sta in piedi neanche come divertissment e infatti la sala rimane mezza vuota: alle performance canore di ottimo livello di Flo e Aprea, almeno nella replica a cui abbiamo assistito, si accostano le voci maschili spesso mancanti di intensità o colore, se non addirittura trattenute e a rischio di stonatura come nel caso di Mauro Gioia; qualche battutina centra il bersaglio, ma per il resto il meccanismo è svelato dopo un paio di scene, nell’eterno alternarsi di dialogo recitato, canzone al microfono e nuovamente dialoghetto… Forse dovremmo ricercare un’eventuale implicazione più alta, filosofica? Neanche per sogno, sfidiamo qualsiasi spettatore ad essersi fatto un’idea complessa sul «labile rapporto» che intercorre «tra violenza e innocenza» nell’America del nord, ché questo era l’obiettivo dell’autore.
Per carità gli spettacoli si sbagliano, le produzioni possono fallire e un direttore artistico può ospitare uno spettacolo del genere solo sulla fiducia in quanto il lavoro ha debuttato a Napoli qualche settimana fa (il precedente Circo Equestre Sgueglia in effetti fu un successo). Eppure è necessario domandarsi se per una questione di pacifiche relazioni tra teatri nazionali non si rischi di mettere in difficoltà quel rapporto che in questi anni lentamente si sta cercando di cucire tra i palchi del Teatro Nazionale e la città.
Lucia Medri, Andrea Pocosgnich
Marzo 2017, Teatro Argentina, Roma
MADAME PINK
commedia con canzoni e cane
scritta da Alfredo Arias, René De Ceccatty
musiche Mark Plati e Mauro Gioia
regia Alfredo Arias
con Gaia Aprea, Flo, Mauro Gioia, Gianluca Musiu, Paolo Serra
scene Agostino Iacurci
costumi Marco De Vincenzo
disegno luci Cesare Accetta
maschera Erhard Stiefel
testi delle canzoni Alfredo Arias e Mauro Gioia
arrangiamenti musicali Mark Plati
musiche eseguite dal vivo da Giuseppe Burgarella (tastiere), Ben Croze (chitarre), Marco Di Palo (basso), Salvatore Minale (batteria)
assistente alla regia Giovanni Merano
scenografo collaboratore Andrea Simonetti
costumista assistente Giuseppe Avallone
suggeritrice Angela Carrano
direttore di scena Matteo Garofalo
capomacchinista Nunzio Opera
macchinista Giuliano Barra
elettricista Fulvio Mascolo
fonici Italo Buonsenso, Salvatore Addeo
sarta Roberta Mattera
foto di scena Giovanni Ambrosio/Black Spring Graphics Studio
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale