Reso, la rete della danza svizzera, ha scelto Ginevra per accogliere la terza edizione dell’iniziativa Swiss Contemporary Dance Days. La restituzione di alcune delle performance.
A Ginevra le crisi di epilessia di Fëdor Dostoevskij si moltiplicarono. Il tempo appena precedente il crollo nervoso è descritto come un luminoso e fugace attimo di convergenza di percezioni sensibili, a cui segue la depressione dei sensi, lo sconvolgimento incontrollato e spasmodico, quello che ritornerà nella parabola del principe Miškin ne L’idiota. Questa ambivalenza di reazioni è ben rappresentata dalla complessità del rapporto con la città svizzera che lo ospita insieme alla moglie Anna.
Ginevra infatti è stata una culla luccicante ma anche opprimente non soltanto per il genio russo, per molti pensatori e artisti. Connotata nel XVII secolo dall’imprimatur calvinista iconoclasta, adesso è meta e paesaggio di tanti ricercatori e artisti, complice il clima di tolleranza e rispetto, insieme alla cospicua disponibilità economica, dettata dalla propria primaria natura di polo commerciale e bancario d’eccellenza. Reso, la rete della danza svizzera, ha scelto Ginevra per accogliere la terza edizione dell’iniziativa biennale Swiss Contemporary Dance Days. Diciannove compagnie elvetiche, selezionate secondo i criteri dell’originalità formale, dell’urgenza delle proposte e della qualità artistica, hanno proposto i più recenti lavori in dodici spazi differenti, per un totale di quattro giornate.
L’idea – dichiara nel comunicato stampa Felizitas Ammann, responsabile della danza per la fondazione promotrice Pro Helvetia – non è quella di fornire un’immagine di danza legata a quella specifica territorialità, bensì di essere un trampolino per mostrare i propri lavori agli interlocutori, europei e non solo. Siamo stati a Ginevra durante i primi due giorni dell’iniziativa, destreggiandoci tra le varie sedi sparse per la città. Lontano dall’aspirare a una visione complessiva, cerchiamo di dare menzione di alcuni lavori particolarmente riusciti.
Lo spazio Point Favre ha ospitato Pink for Girls and Blue for Boys di Tabea Martin. Fin dal titolo è evidente la tematica: gli stereotipi relativi all’educazione di genere, di cui si propone una destrutturazione attuata sia attraverso la riproposizione degli stessi, sia con uno scostamento ironico. I quattro danzatori, fasciati da tute corvine, agitano e disordinano con oggetti e vestiti una scena abbacinante. Le prime file sono occupate da bambini, ai quali i performer si rivolgono direttamente e dai quali ottengono reazioni vivaci e scomposte. L’afflato esplicitamente comunicativo di questo spettacolo si traduce in un approccio schietto e diretto che, appropriandosi di una consapevole cifra di naïvetè, riesce a farsi carico di tematiche urgenti con ironia, senza autoreferenzialità né seriosità. La scena, riempita dal fumo e dal vociare chiassoso dei bambini, riverbera una modalità di serio ludere che riesce a parlare in modo creativo senza i vezzi e le pruderie dell’educazione borghese.
Il Théâtre du Grütli ha dato spazio al Salon d’artistes, in cui otto coreografi hanno avuto la possibilità di mostrare i propri progetti futuri. Marie-Caroline Hominal ha scelto una modalità originale per ovviare all’imbarazzo della self-promotion. Stretta in una veste di latex rosso aperta dal seno fino al ventre gravido, arrampicata su vertiginosi plateaux trasparenti, Hominal si presenta come una figura perturbante. È accompagnata da un bodyguard che mima l’atto di proteggerla e al contempo tenerla sotto controllo e che incita la platea a darle un prezzo, imbastendo un’asta. Lei esaspera e strania la caratterizzazione sessuale, rendendola grottesca e disarmante, mentre si contorce e rovescia liquidi sul latex. L’intervista da parte del compagno di scena prende i tratti di un interrogatorio surreale, qui afferma che l’indagine sui temi dell’autorità e dell’identità è un elemento ricorrente nel suo lavoro. Un motivo vasto e raccontato che però Hominal sembra in grado di rappresentare con modalità sconsideratamente creative e venate di follia.
Questa bizzarra presentazione – come gli altri progetti presentati nel contesto specifico del Salon d’artistes – è esplicitamente indirizzata agli operatori del settore, mentre nella programmazione articolata da Reso hanno avuto spazio, con notevole riscontro di pubblico, alcuni artisti svizzeri o con base in Svizzera, noti sulla scena internazionale: Cindy Van Acker – in questa occasione in collaborazione con il Ballet du Grand Théâtre de Genève –, La Ribot, Jasmine Morand, Thomas Hauert, Ruth Childs e altri ancora. In questa molteplicità risulta difficile tracciare un percorso, ma sembra interessante individuare nel panorama della danza elvetica – oltre all’evidente abbondanza economica e quindi alla molteplicità di risorse – una dimestichezza con il linguaggio formale che, senza tradursi in astrattismi o posture concettuali, mantiene alto il quoziente comunicativo.
Giulia Muroni
Visti a Ginevra – febbraio 2017
PINK FOR GIRLS AND BLUE FOR BOYS
coreografia Tabea Martin
drammaturgia Irina Müller
interpreti Carl Staaf, Maria de Dueñas Lopez, Miguel do Vale, Melanie Wirz
scene Doris Margarete Schmidt
costumi Mirjam Egli
direttore di produzione Sysy Vieli
consulente artistico Moos van den Broek
produzione Cécile Brissier / Kilim Produzione