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Guggenheim nello specchio scenico di Robertson e Smith

Woman Before a Glass – Trittico scenico in quattro quadri sulla figura di Peggy Guggenheim di Lanie Robertson per la regia di Giles Smith con Caterina Casini, andato in scena al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma. Recensione

Foto Ufficio Stampa
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Ricordo una sensazione di equilibrio e di compostezza, una formalità che si insinua nei ricordi, negli oggetti e trasforma una casa in un museo. Sembra ancora di percepire soltanto il rumore rotondo e petroso del brecciolino sotto le scarpe appena varcato il cancello del giardino delle sculture Nasher, quando entrando nelle stanze e poi sulla terrazza Marini, si prende parte da fruitore alla preziosa memoria artistica e personale della Collezione Peggy Guggenheim al Palazzo Venier dei Leoni di Venezia. Le fonti storiche relative alla vita privata di una delle figure cardine del pensiero artistico del Ventesimo secolo sono raccolte in Woman Before a Glass – Trittico scenico in quattro quadri scritto dal drammaturgo Lanie Robertson e diventato spettacolo nell’omonimo adattamento diretto da Giles Smith, arrivato a Roma per la prima volta al Teatro Biblioteca Quarticciolo dopo aver debuttato in prima nazionale al Todi Festival 2016.

Insieme a ILINXARIUM, Residenza Settimo Cielo/Teatro di Arsoli e Teatri d’Imbarco, Woman Before a Glass prodotto da Laboratori Permanenti fa parte di Portraits on stage, nel cuore dell’arte, progetto triennale di coordinamento tra residenze toscane e nazionali sul tema dell’arte, che vede il coinvolgimento dei musei dei luoghi in cui gli spettacoli vengono presentati e la programmazione di incontri introduttivi con critici ed esperti del settore. Nel caso specifico della figura di Guggenheim il regista e lo scenografo Stefano Macaione si sono trovati di fronte a una cospicua bibliografia dedicata a colei che Smith – durante l’incontro pre-spettacolo con la storica dell’arte Alessia Carlino – ha definito una «tastemaker», sottolineandone la natura eclettica e incisiva sia nel campo della storia delle arti visive che del costume: «rispetto all’enorme quantità di fonti, ci siamo creati degli appigli relativi a ciò che di intimo e privato ci interessava raccontare. Punti fermi intorno ai quali strutturare la scrittura drammaturgica suddividendola in quattro scene». Woman Before a Glass è interamente incentrato sulle relazioni interpersonali di Peggy Guggenheim, sulla sua vita che, come in un quadro di Pollock, irrora la tela del Novecento con quella dolce violenza che contraddistingue un animo furioso. È merito di questa stessa furia se agli albori del secondo conflitto mondiale, la collezionista nascose tra piatti e vestiti, salvandole, tutte quelle tele classificate da Hitler come Entartete Kunst, l’arte degenerata, e con queste scappò dalla Francia mandando, testualmente, «a fanculo» i dettami del Führer.

Foto Ufficio Stampa
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Sboccata, volgare, lasciva e maliziosa, scostante e anche incredibilmente premurosa, così è la Guggenheim di Robertson interpretata in scena da una Caterina Casini  aggraziata ed elegante, sin troppo; ci si aspetterebbe infatti che, padroneggiandola, “sporcasse” ancora di più la recitazione per abbandonarsi a un’istintualità meno controllata. Due sono i livelli scenografici in cui è diviso nettamente il palcoscenico: sullo sfondo e a sinistra si distendono dal soffitto fino a terra quattro veli rettangolari e a lato sulla destra, leggermente in avanti sul proscenio, è collocato un trono di legno sul quale siederà la protagonista e che nel corso dello spettacolo assumerà funzioni diverse a seconda di come verranno aperti e ribaltati lo schienale e i braccioli. Tanto i quattro veli che il trono sono “bagnati” dalle proiezioni in video mapping dei quadri della collezione, che si stendono con pennellate di colore sulle superfici bianche, fungendo da contraltare e riempimento visivo alla fissità e essenzialità delle luci. Gli elementi figurativi, seppur piacevolmente attrattivi e accuratamente “mappati”, rimangono tuttavia distaccati tra di loro, rischiando di non riuscire del tutto ad armonizzarsi organicamente alla scena e al corpo dell’attrice. Assistiamo a una lunga confessione flusso in cui si alternano vicende personali (gli amanti, l’affetto e stima incondizionata per la figlia morta suicida) a quelle professionali (la contrattazione del suo patrimonio, i rapporti coi galleristi). Esilarante l’aneddoto riguardante la liaison con «Sam» Beckett e la sua amicizia con James Joyce. Il linguaggio con cui si esprime la protagonista e voce narrante dà forma al racconto biografico: la sfacciataggine del testo arriva prorompente allo spettatore, che incontra una Peggy dalla veemenza indisciplinata, a volte fastidiosa nei modi, cinica e proprio per questo affascinante.

La visione di questo lavoro è in grado di stimolare nel pubblico uno straniamento inedito rispetto alla conoscenza che si ha di Peggy Guggenheim, la cui immagine riflessa nello specchio scenico riesce a collocarla in un contesto umanamente più terrigno rispetto alla sobrietà misurata del suo palazzo a Venezia.

Lucia Medri

Teatro Biblioteca Quarticciolo – gennaio 2017

WOMAN BEFORE A GLASS TRITTICO SCENICO IN QUATTRO QUADRI

di LANIE ROBERTSON
Traduzione italiana di Gloria Bianchi
Interprete: Caterina Casini
Scenografia: Stefano Macaione
Costumi: Stemal Entertainment Srl
Regia: Giles Stjohn Devere Smith
Produzione: Laboratori Permanenti

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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