Il Sistema Teatro Torino è un insieme di convenzioni tra il Teatro Stabile di Torino, finanziato dal comune, le fondazioni teatralii e le piccole compagnie. Creato nel 2004, è servito a far lavorare e mettere in comunicazioni importanti istituzioni come il Teatro Stabile, la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani e la Fondazione Teatro Piemonte Europa con realtà più piccole. Cosa cambia con il nuovo governo della città? Intervista all’assessore alla Cultura Francesca Leon
Il Movimento Cinque Stelle ha vinto le elezioni comunali a Torino, mostrando un dato eminentemente significativo della Torino post-Olimpiadi: la frattura sociale, urbanistica — finanche politica — tra la zona centro e le periferie, dove il Movimento ha ottenuto la maggioranza dei voti. Quale politica culturale pensa di attuare nelle aree più difficili (es: Barriera di Milano, Vallette)? Può articolare l’idea di città policentrica da un punto di vista culturale e artistico?
Vorrei partire da una visione strategica rispetto alle azioni da compiere sul patrimonio culturale della nostra città fatto di istituzioni, teatri, organizzazioni, imprese culturali, pubblico. La sfida oggi è rafforzare strutturalmente il sistema culturale puntando su competenze, produzione/ricerca e partecipazione. Ed è in questa linea strategica che si collocano le scelte culturali da mettere in campo per le aree non centrali della città. Il lavoro da fare consiste nell’incrementare la presenza di luoghi fisici in cui si fa cultura anche in zone periferiche, penso ad esempio alle Biblioteche e ai centri di protagonismo giovanile, le case del quartieri e i centri culturali indipendenti che sono diffusi su tutta la città. Penso anche al Centro Interculturale, luogo che può tornare ad avere un ruolo importante di coesione sociale e integrazione culturale. È necessario lavorare sulla permeabilità e sui percorsi dal centro alla periferia e viceversa: uscire dalle porte dei teatri e dei musei per lavorare sui territori sostenendo spazi dove lavorare con le associazioni e riuscire così ad arrivare alle persone. Lavorare per eliminare le barriere culturali o la paura di partecipare a qualcosa per cui non si posseggono i linguaggi è un altro aspetto fondamentale.
Tra le priorità del suo mandato si parla di una costruzione di un rapporto più efficace tra istituzioni culturali e scuole. Che cosa non funziona e in quale direzione intende lavorare?
Ricostruire una geografia della città a partire da questa prospettiva significa in primo luogo fare un’analisi di quale sia la partecipazione culturale e quali le opportunità che il sistema offre all’interno delle scuole, chiedendosi ad esempio come mai alcune di esse non partecipino delle iniziative culturali. Bisogna cercare di investire in un rapporto efficace tra insegnanti e istituzioni culturali, laddove oggi sembra esserci il rischio di appiattirsi a un rapporto di marketing in cui le istituzione culturali cercano di vendere alcuni servizi alle scuole. Inoltre un progetto di questo tipo deve essere strutturato in modo da favorire l’accessibilità alla cultura per chi ha disabilità fisica, psicologica, cognitiva e sensoriale. Credo con forza che i percorsi di cittadinanza attiva siano fondamentali in questo quadro: penso al Regolamento dei Beni Comuni urbani, strumento di cui Torino si è dotata insieme alla sola città di Bologna per il momento e che rappresenta uno strumento utile per aiutare l’Amministrazione nella costruzione di un’interlocuzione trasparente e positiva con i cittadini e le associazioni. Su alcuni territori, tra cui Barriera di Milano e Aurora (Circoscrizioni 6 e 7) abbiamo già avviato tavoli di confronto con le Circoscrizioni, associazioni e cittadini per individuare le necessità culturali da chi i territori li vive e li ascolta quotidianamente e lo stesso faremo in altre aree con priorità alle aree periferiche della Città.
Qual è il rapporto che questa nuova giunta vuole inaugurare con i privati per il sostegno e la diffusione dei progetti culturali?
Il passaggio importante da compiere è ampliare il perimetro del concetto di “privato”, che deve comprendere certamente le imprese (mondo economico) ma anche il terzo settore e cittadini. A Torino le Fondazioni bancarie hanno svolto un ruolo che non ha paragoni in Italia e in Europa. Hanno rappresentato e rappresentano un partner importante per la città ma oggi l’interlocuzione si deve ampliare. Occorre costruire un senso condiviso nell’autonomia di ciascuno creando delle convergenze strategiche. Tutto questo con la consapevolezza che il rapporto con il privato è tanto più efficace quanto maggiore è la costruzione di un senso collettivo dell’importanza della produzione e della partecipazione culturale. Oggi ci sono nuovi strumenti legislativi che possono favorire una collaborazione non solo strumentale alla realizzazione di un evento ma volta alla costruzione di un senso comune fondato sulla cultura come strumento di conoscenza, innovazione e coesione sociale.
Quale futuro è previsto e auspicato per i luoghi della Cavallerizza?
La ex Cavallerizza Reale di Torino è uno straordinario complesso di valore storico architettonico sito nella zona centrale di Torino, in prossimità del Teatro Regio, dell’Archivio di Stato, del Polo Reale, dell’Università, del Museo del Cinema e collegato ai Giardini Reali. Sito dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è parte inscindibile di un ambito urbano la cui vocazione ad attività culturali, artistiche, di ricerca, di formazione e di sperimentazione si è andata consolidando nel tempo. A lungo lasciato in abbandono, il complesso, che necessita di importanti interventi di restauro, ha attualmente un assetto proprietario complesso a seguito delle cartolarizzazioni operate dalla precedente giunta. A partire dagli edifici ancora di proprietà la nuova amministrazione della Città di Torino intende costruire un percorso condiviso che permetta di individuare destinazioni d’uso compatibili a scelte economicamente sostenibili, attraverso una prima giornata di ascolto con proprietari, Istituzioni, associazioni culturali e tutti i cittadini. La prima assemblea pubblica sul futuro dello spazio avrà luogo sabato 18 febbraio e aiuterà la città a valutare le ipotesi e iniziare un percorso partecipato, strada in cui la Giunta di cui faccio parte crede molto.
Il mondo del teatro sta mostrando segnali di inquietudine per il mancato rinnovo della convenzione del Comune di Torino con il Sistema Teatro Torino. Nel comunicato stampa si legge che le «necessità delle compagnie emergenti rendono oggi necessario rivedere le finalità e gli strumenti di funzionamento del Sistema Teatro Torino». Quali sono le necessità di ridimensionare questo ente? Perché non rinnovare l’accordo?
Non firmare la Convenzione di Sistema Teatro non significa un chiudere una porta ma, al contrario, il tentare di cambiare passo, di aprire un confronto basato su un ragionamento condiviso con tutti gli attori per trovare il modo di aprire il sistema al territorio. Il Sistema Teatro nel corso degli anni ha avuto meriti indiscutibili, ma proprio l’essere uno strumento che esiste da tempo sempre uguale a se stesso non gli consente più di fotografare una realtà che negli anni ha subito dei forti cambiamenti. È venuta a crearsi una barriera tra chi è dentro e chi è fuori e i criteri vanno articolati e pensati in termini di accesso e qualità delle produzioni, anche in vista di una distribuzione più forte. Non si tratta di ridimensionare, ma di dimensionare. Un processo che parte anche dai termini: il Sistema Teatro non tiene conto della complessità di un mondo performativo che va oltre le definizioni e che dovrebbe comprendere, ad esempio, anche la danza, che ha sicuramente un pubblico differente dal teatro di prosa e mostra una notevole forza d’innovazione. I linguaggi si mescolano e bisogna tenerne conto. Iniziare a pensare in termini di Torino Arti performative è il primo passo.
In che modo prevede un’integrazione tra i sistemi tradizionali e i bisogni delle compagnie emergenti e quali sono le linee di supporto che immagina?
Dobbiamo far incontrare la produzione e la distribuzione. Le giovani compagnie devono avere opportunità per sviluppare progetti, non solo economiche, ma anche in termini di erogazione di servizi, di opportunità di formazione; dobbiamo assicurarci che questo sistema dia garanzie di apertura e di trasparenza ma in un modello di funzionamento che selezioni i progetti. Bisogna trovare un modo affinché i soggetti più forti entrino in un dialogo proficuo con le compagnie, fornendo ad esempio spazi, sostegno nell’amministrazione, nella progettualità europea. Deve essere un sistema inclusivo e permeabile ma capace di selezionare e premiare le capacità e le idee.
Qual è la logica alla base di questa scelta? Come verranno reintegrati i finanziamenti che derivavano da quell’accordo?
La logica non è quella di togliere finanziamenti, ma di vincolarli il più possibile agli obiettivi. Le parole chiave all’ordine del giorno sono inclusività, rotazione, formazione degli addetti ai lavori, creazione di reti. Il taglio ai finanziamenti è una conseguenza di scelte di politica economica nazionale ed europea che ricadono sui comuni, scelte che non hanno certo risparmiato Torino; ovviamente un Assessore alla Cultura non può che dispiacersi di non avere maggiori risorse e quotidianamente mi batto per salvaguardare gli investimenti nel Settore. Il mio impegno è quello di finalizzare al meglio queste risorse che nel corso degli anni scorsi si sono assottigliate. Uno strumento efficace può essere la triennalità, un meccanismo che consenta di compensare la perdita di una parte del finanziamento con una certezza a lungo termine che permette di ragionare con più calma sui programmi, di imbastire progettazioni di più ampio respiro.
Quali sono le nuove linee guida? Può articolare una definizione della nuova impostazione del Sistema Teatro Torino? Qual è la direzione auspicata e quale l’alternativa? Si intenderà privilegiare lo storico aziendale delle associazioni o la progettualità futura?
Si deve stabilire un diverso rapporto tra il Teatro Stabile, istituzioni partecipate, il Circuito Teatrale del Piemonte e le compagnie emergenti. Percorso nel quale le grandi istituzioni non solo ospitino spettacoli ma siano di supporto alla produzione, alla distribuzione e alle necessità organizzative e promozionali, utili a far crescere il tessuto teatrale della città e favorire il ricambio generazionale. In un quadro di scarsità di risorse è difficile trovare un equilibrio tra lo storico aziendale e l’innovazione. Sono due facce della stessa medaglia: gli uni hanno bisogno degli altri per crescere e produrre. La composizione si trova nell’interazione tra le diverse modalità di finanziamento a disposizione del comune e dalla creazione di regole che permettano entrata e uscita dal sistema, in un quadro di condivisione di obiettivi e strumenti. Entro due mesi costruiremo insieme alle Istituzioni una nuova architettura in grado di dare gambe al nuovo sistema e cominciare a sperimentare modalità diverse. Alle nuove esigenze in ambito performativo deve corrispondere la costruzione di un percorso aggiornato, che tenga in considerazione gli artisti delle differenti generazioni. Questo sistema può funzionare soltanto in un’ottica di filiera, da cui tutti traggono vantaggio.
Giulia Muroni