QUINTA DI COPERTINA. Carla Di Donato firma un volume monografico su Alexandre Salzmann e la sua esperienza artistica fra le avanguardie teatrali a cavallo tra Ottocento e Novecento.

«L’attore cinese ha un corpo ben sviluppato e lo mantiene in rapporto cosciente con la sua intelligenza. […] Possiede una reale conoscenza del suo mestiere. Conosce, o piuttosto è consapevole, che nessun sentimento può essere manifestato senza una particolare preparazione muscolare. Sa, per ogni sentimento, quale muscolo o gruppo di muscoli deve rilassare o contrarre. Ha conoscenza e coscienza di tutti i muscoli del collo; sa come impiegarla al meglio per produrre un effetto particolare con la voce. Sa che il corpo umano è uno strumento capace di rappresentare e rivelare chiaramente tutti i sentimenti, anche quelli più nascosti e sottili, ma con tutto il corpo e non solamente con il volto, che è la parte più povera […]».
Non è uno stralcio di un testo di antropologia teatrale o analisi e studio contemporaneo dei teatri orientali. Il passo appartiene a uno scritto, Il teatro cinese, di Alexandre Salzmann degli inizi del secolo scorso. Personalità poliedrica vissuta tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, il suo nome non dirà molto al grande pubblico odierno e forse nemmeno agli appassionati di teatro, nonostante la sua biografia non solo artistica si sia intrecciata a quelle di figure decisive per le avanguardie e per la rivoluzione scenica, consegnandosi senza clamori dalla sua epoca a quelle successive. A dedicargli la pubblicazione Alexandre Salzmann e la scena del XX secolo è Carla Di Donato, storica del teatro e dottore di ricerca presso le Università Roma Tre e Sorbonne di Parigi.
Il volume edito da Carocci, presentato ieri a Perugia al Centro di Analisi Bioenergetica nel corso della rassegna Chi ha paura del venerdì?, aiuta a scoprire l’universo dell’artista russo, inteso come sistema esistenziale composito, come “paesaggio”: pittore, metteur en scène, pensatore, poi discepolo di Georges I. Gurdjieff e “maestro” di René Daumal, il nome di Salzmann si offre quasi come un fil rouge che passa per la Russia, per Monaco, per Hellerau e per Parigi e si trova a tangere i percorsi di Adolphe Appia, Emile-Jaques Dalcroze, George Bernard Shaw, Lugné-Poe, Edward Gordon Craig, Antonin Artaud, Vasilij Vasil’evič Kandinskij, Paul Klee, Paul Claudel, Jacques Hébertot, Le Corbusier per arrivare sino a Jerzy Grotowski e Peter Brook.
Diviso in quattro sezioni, il volume individua uno degli elementi meglio adatti a rappresentarlo nel bounce: «È un vocabolo impiegato – anche nella danza – nei suoi diversi stili e generi […]. Quel che è certo è che il bounce si compie –sempre – tra due estremità […] dilata il movimento, proiettando le traiettorie delle linee di forza in esso contenute e permettendogli – nel suo compiersi e ripetersi ogni volta con un “salto”, sia di livello fisico che energetico – di svilupparsi e potenziarsi». A essere tracciato è il profilo di un cercatore della Verità, un profeta della “visione” (“imparare a vedere”) che nella sua concretezza più pura raggiunge la complessità massima: «La luce osservata, studiata, sperimentata e applicata come punto di snodo tra materia e spirito è uno dei vettori che individua il senso e il valore della figura, dell’opera di Alexandre Salzmann per il teatro del Novecento».
Marianna Masselli
ALEXANDRE SALZMANN E LA SCENA DEL XX SECOLO
autore: Carla Di Donato
editore: Carocci editore
pp. 158
euro 18,00
ISBN 978-88-430-7542-3
data di pubblicazione: febbraio 2015