Il collettivo Wunderbaum presenta il progetto Chi è il vero italiano? con gli abitanti di un quartiere di Milano negli spazi di mare culturale urbano. Intervista condominiale
La ricerca artistica del collettivo olandese Wunderbaum è incentrata sulla creazione di una comunità. I protagonisti sono, oltre ai performer, cittadini provenienti da diversi ambiti. Marleen Sholten, ideatrice e creatrice del progetto Chi è il vero italiano? in scena dal 12 al 22 gennaio negli spazi di mare culturale urbano, coinvolge gli abitanti di un quartiere milanese insieme ai due fanatici della Italo Disco Florentijn Boddendijk e Remco de Jong e la collaborazione drammaturgica di Silvia Bottiroli. Dal 2014 mare culturale urbano si occupa di sviluppo territoriale delle periferie: partendo da un forte legame con la dimensione locale, sviluppa scambi a livello internazionale e attiva processi di inclusione sociale, rigenerazione urbana e innovazione culturale. Questa intervista ricalca la coproduzione tra Wunderbaum e mare: è un’assemblea condominiale.
Alla fine degli anni Sessanta, sui campi di calcio d’Europa, si presenta l’Arancia meccanica di Rinuls Michels. Una squadra anticonformista, spavalda, libera nei ruoli e nella condotta tanto da portare mogli e fidanzate in ritiro e da permettere a un tabaccaio di Amsterdam – come lo liquidò Gianni Brera – di difendere la porta di un Mondiale. L’Olanda riempiva lo spazio sessantottino e negli anni arriverà a legalizzare i vizi del “vecchio Continente”.
È stato il crocifisso, che campeggia sulla scenografia, il primo oggetto narrante l’Italia morigerata e tradizionalista?
Questo spettacolo è un racconto molto personale. Prende le mosse dalla mia situazione quotidiana: mi sono trasferita a Milano da poco e per la prima volta mi trovo in un’assemblea di condominio. Un condominio è un microcosmo, una metafora di come riusciamo a vivere insieme in una piccola società.
Lo spettacolo certamente trasforma la realtà, la teatralizza, la rende comica, esagerata, assurda. Ma la ricerca che abbiamo fatto è vera e mai cinica. Se fossi partita dall’idea di essere finita in un “vecchio continente” avrei sbagliato. Il giudizio paralizza. Ho ascoltato chi avevo intorno che mi ha detto che sente questo paese “vecchio”: io non lo vedo così. Milano è una città piena di energia e di nuove iniziative. Lo spettacolo, ad esempio, è una coproduzione con mare culturale urbano, un nuovo centro culturale in una zona periferica della città, nei pressi di San Siro. Mare è un esempio di quanto ancora di nuovo questo paese possa produrre, di come possiate essere visionari e pieni di forza. A mare si incontrano teatro, cibo, musica, attività sociali, feste. Ognuna delle le repliche dello spettocolo è sold out, con un pubblico del tutto eterogeneo, amanti del teatro, cittadini e cittadine del quartiere, curiosi. Nessuno si sente escluso.
Gli italiani avrebbero saputo dire “chi è il vero italiano” prima di interpretarne uno?
Durante lo spettacolo Walter, uno dei miei vicini, mi chiede “Cosa ci fa un’olandese in Italia? Insomma cosa ci fai qui? Che ne sai tu dei veri italiani? Non lo sappiamo nemmeno noi chi siano! Non sei cresciuta con la nostra letteratura, non hai mangiato il nostro cibo. Cosa ne sai?”
La domanda “Chi è il vero Italiano?” per me è comica, provocatoria, assurda e banale allo stesso tempo. Non esiste una risposta, per questo mi piace. Però ci sono alcune caratteristiche individuabili di un popolo: essendo straniera qui, mi rendo conto ogni giorno nella mia vita quotidiana che ci sono alcune grandi differenze tra gli italiani e gli olandesi, ad esempio.
Forse ciò che mi colpisce di più è la mancanza di fiducia che sento ogni tanto: mi rendo conto che mi sono sempre fidata, in Olanda, delle istituzioni, della scuola, del sistema sanitario e tributario. Non perché il mio sia un paese perfetto, senza problematiche. Anzi. Ma un sistema politico particolarmente trasparente, fa in modo che ci si possa fidare. Poi si può non essere d’accordo, quello è un altro discorso.
Wunderbaum è “una comunità di pensanti e agenti con levità e umorismo”, e gli italiani?
Wunderbaum è un colletivo di 5 performer che lavora senza un regista; creiamo tutto noi, scriviamo, recitiamo e facciamo la regia. Ed è vero, siamo concentrati su temi sociali e politici sempre con una grande dose di umorismo. Non ci interessano i moralismi. Questo non significa però che non ci tocchino i temi che affrontiamo.
Alla fine dello spettacolo il signor Angelo Carnevali, un uomo sui 77 anni, mi dice che non è mai cambiato niente nel palazzo, che in generale non è mai cambiato niente da quando lui è nato, e questo ad esempio lo trovo molto commovente. Ma subito dopo si fa festa, si balla, si canta, ci si ride sopra. Credo gli italiani abbiano un gran senso dell’umorismo e una forte capacità di relativizzare. Questa è una grande forza.
Trattandosi di un’incursione in un condominio, ai non attori chiedo se hanno lavorato sentendosi tali, se qualcuno, insomma, ha soltanto interpretato il ruolo di se stesso. E viceversa, cosa abbia orientato la scelta degli attori verso un particolare profilo italiano.
Paolo Mastromo: Nella vita non ho mai fatto l’amministratore di condominio, il mio è un personaggio fittizio. Tuttavia, spesso sono stato il presidente di queste riunioni e per lavoro – sono un giornalista e un manager – per anni ho gestito incontri e situazioni di gruppo. Non sono estraneo a me stesso in questa esperienza, forse tendo alla superficialità, faccio il burocrate, che nella vita non sono mai stato; ma amo il paradosso, l’iperbole, i giochi di parole, l’ironia e mi diverte esagerare. È stato un esercizio di disciplina, un’opportunità.
Nadia Alloggio: Ho accettato di partecipare dopo aver trovato un invito-volantino nella mia casella di posta. Un’attrice olandese di nome Marleen cercava persone interessate a partecipare a un progetto intitolato “Chi è il vero italiano?”. Non avrei mai previsto di far parte di un vero e proprio workshop che culminasse con un debutto.
Ero appena arrivata nell’housing sociale “Cenni di Cambiamento” e avevo chiesto alla proprietaria di montare una rete di protezione che isolasse il mio spazio dalla corte, un deterrente per gli intrusi e per confinare il cane: ciò ha fatto sì che sorgessero alcuni problemi con altri condomini. È stata ammirevole la capacità di Marleen di costruire a partire da questo episodio una situazione dove ciascuno avesse un ruolo (ho cercato di somigliare molto a me stessa). Marleen ha fatto emergere il nostro potenziale, ho potuto lottare contro la mia insicurezza, è stato difficile ma sono entusiasta. Tutti lo siamo. Ringrazio Florentijn Boddendijk e Remco de Jong, pazienti e talentuosissimi musicisti.
Walter Carluccio Cabrera: La situazione di instabilità che racconto in scena la conosco bene perché da qualche mese la vivo: non so esattamente dove vorrei essere, se sono nel posto giusto, se voglio andarmene. Sono me stesso anche quando canto, qualcuno che mi conosce bene non ha perso tempo a farmi notare la mia felicità sul palco, e io felice lo sono. Ecco, c’è una venatura polemica del mio personaggio che forse non mi appartiene: sono una persona pacifica e rispettosa, non ho mai preso parte in vita mia ad una riunione di condominio. In effetti durante lo spettacolo mi sento più vicino a Marleen che agli altri; sono estraneo a questo mondo fatto di cifre, dibattiti e battibecchi. Ah, mi faccio chiamare col mio nome completo, e non solo Walzer, come mi conoscono quelli che vengono ai miei concerti.
Naby Eco Camara: In scena mi chiamano Naby, sono un ragazzo guineano a Milano che con me ha in comune una storia di contraddizioni, fatica, integrazione e amore. È la storia di una migrazione, del sentire Milano una casa, dove ho la mia famiglia e quanto di buono ho costruito.
Luciana Lodi Rizzini: Io non ho scelto una parte, ho risposto alle domande che mi venivano poste. Marleen ha fatto in modo che il gruppo fosse omogeneo e collaborativo. Ho detto il mio punto di vista in pubblico, non sono un’attrice.
Angela Felicita Bonu: Avevo bisogno di superare un momento difficile, un grande dolore e dovevo fare qualcosa che mi risultasse nuovo. Ho scelto un ruolo e l’ho interpretato, con rabbia. Di rado in vita mia ho alzato la voce, ma mi è servito farlo. Marleen mi ha aiutata, il gruppo mi ha aiutata. Ci siamo sostenuti a vicenda, divertendoci.
Michele Traficante: Ogni realtà è puramente casuale nella vita. In questa commedia condominiale mi interpreto imitando me stesso senza alcun copione.
A Marleen: durante l’incontro tra la tua identità e quella italiana, quant’era lontana Amsterdam?
Non dimenticherò il primo incontro che ho avuto con i cittadini che volevano partecipare. Gli avevo chiesto di presentarsi. Probabilmente se lo avessi fatto con un Olandese mi sarei sentita rispondere: “Ciao, mi chiamo Jaap, lavoro in Comune. Cos’altro?” Invece qui hanno cominciato a raccontarmi le storie della loro vita! Erano già monologhi! Eccezionale. Credo che questa sia stata la prima differenza fondamentale tra un voi e un noi. Voi avete tante storie, e soprattutto sapete prendervi il tempo e il piacere per raccontarle.
In Olanda li togliete i tacchi a spillo per non svegliare chi lavora il giorno dopo e dorme al piano di sotto?
Temo che l’individualismo sia una moda globale. Noi olandesi beviamo molta più birra di voi! Dunque no, non credo proprio che gli olandesi tolgano i tacchi la notte!
Francesca Pierri
di e con Marleen Scholten, Nadia Alloggio, Angelo Carnevali, Walter Carluccio Cabrera