Riccardo Lanzarone al suo debutto registico, scrive e interpreta, assieme a Giorgio Distante, Codice Nero. Recensione
Era capitato di vederlo l’ultima volta in scena con Michele Sinisi nell’Arte della Commedia, ancora non era uscito dal gruppo con cui aveva iniziato a conoscere il mestiere, Vico Quarto Mazzini. Il periodo con Sinisi però deve aver influito molto sulla qualità attoriale: Riccardo Lanzarone ora è un artista emergente ma che può permettersi anche l’urgenza dell’autorialità. Hanno creduto in lui i pugliesi di Cantieri Teatrali Koreja producendo questo suo debutto da solista passato qualche settimana fa anche al Teatro Argot di Roma. Codice Nero è uno di quegli spettacoli che rientrano nella categoria monologhi solo perché l’attore che agisce drammaturgicamente in scena è uno solo, ma che in realtà ambiscono a portarsi dentro l’architettura complessa di lavori corali. È un teatro per solisti, modulare, che negli ultimi tempi si vede con una certa frequenza: nel quale la distanza con il personaggio, la linearità dell’intreccio, gli approcci recitativi vengono rinegoziati di volta in volta, anche all’interno della stessa opera, dando vita così a racconti più o meno polifonici. Tra l’altro qui Lanzarone è coadiuvato dal lavoro di Giorgio Distante che, mescolando elettronica e tromba dal vivo, crea la densità sonora e dunque spaziale del lavoro.
Attraverso diversi piani di racconto l’autore, interprete e regista siciliano snocciola una storia scritta di suo pugno che ha quell’amara dolcezza di certi atti unici pirandelliani, viene in mente soprattutto L’uomo dal fiore in bocca. Ma il racconto impone la destrutturazione della fabula e la ricomposizione attraverso un intreccio frutto di un montaggio che procede per salti, grazie ai quali Lanzarone riesce a giostrarsi tra spazi e tempi diversi. L’atto unico dell’autore di Girgenti sull’epitelioma torna in mente per quella bruciante delicatezza con cui la vita ancora tutta da costruire del protagonista di Codice Nero viene interrotta da un male che rischierebbe di renderlo cieco.
Ricotta, questo il soprannome, è un fuochista; qui la narrazione procede attraverso l’utilizzo del classico racconto a ritroso, che avanza dall’infanzia: la festa di Santa Rosalia, i fuochi d’artificio e la nascita di una passione. La vita da adulto però lo porterà in una fabbrica a barattare la propria passione con lo sfruttamento, bruciando come una candela, lentamente, fino a sbagliare qualcosa nella costruzione e a trasformare ciò che dovrebbe provocare gioia in un’inaspettata arma. Inattesa d’altronde è anche la malattia che porta il buio, cinico contrappasso nel quale la malasanità gioca il proprio ruolo tragico e fatale.
Sorprende la scrittura, quasi mai scontata anche quando utilizza meccanismi già collaudati, sorprendono le multiformi qualità attorali di Lanzarone: la capacità di passare da stati ad alta sensibilità emotiva a momenti quasi da showman, fino alla neutralità che lascia intravedere l’uomo dietro la maschera. Ma la forma è al servizio del racconto, la narrazione rotola via velocemente stringendo i tempi verso il finale, qui un montaggio alternato dai tempi molto contratti ci pone di fronte al buio della cecità e un attimo dopo alla lucentezza dell’amore, una festa di matrimonio e un freddo ospedale. Il giovane uomo saluta la moglie, in mano un cannolo siciliano, nel bianco candido della ricotta scorre una miccia, la vedremo accendersi, lentamente, nell’oscurità.
Andrea Pocosgnich
Teatro Argot Studio – Roma, gennaio 2017
CODICE NERO
regia Riccardo Lanzarone
con Riccardo Lanzarone, Giorgio Distante
musiche originali Giorgio Distante
disegno luci Michelangelo Volpe
dipinto Pietro Distante
costumi Bianca Maria Sitzia
assistente costumi Lilian Indraccolo
collaborazione artistica Giulia Falzea
cura della produzione Laura Scorrano