Lazarus, un musical scritto da David Bowie ed Enda Walsh, in scena al King’s Cross Theatre di Londra. Recensione
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Negli ultimi tempi David Bowie ha avuto voglia di riprendere ed approfondire il personaggio di Thomas Newton, l’extraterrestre interpretato nel film del 1976 di Nicolas Roeg, a sua volta tratto dal libro di Walter Tevis The Man Who Fell To Earth. Da questo input nasce Lazarus – il musical, scritto in collaborazione con il drammurgo irlandese Enda Walsh, ora in scena al King’s Cross Theatre di Londra dopo una prima stagione a Broadway.
Protagonista il Dexter televisivo, l’attore Michael C. Hall, classe 1971, con all’attivo un Golden Globe e diverse nomination all’Emmy Awards. Hall ingaggia una sfida non da poco nel rilevare la parte dell’eroe che qui, alcolizzato e depresso dopo che forse qualcuno ha effettuato esperimenti su di lui, vive una vita di reclusione in un attico di New York, nel rimpianto di Mary Lou, un amore perduto e disperatamente sospirato. È assistito da Elly, una donna che, innamorata di lui, tenta in ogni modo di assumere le sembianze dell’amata persa. Newton riceve le visite di una misteriosa ed eterea “Girl”, le cui fattezze ricordano la protagonista di Alice nel paese delle meraviglie: la ragazza intende aiutarlo a costruire un razzo che gli permetterà di tornare sul suo pianeta d’origine.
Di per sé, la trama è narrativamente fragile se non rinsaldata dal title track theme dell’universo di Bowie: l’uomo che non è mai completamente a proprio agio nei panni terreni né appartiene al mondo che lo circonda e da cui lo divide una innata solitudine. Un uomo in cerca di una vera casa, altrove. «Bowie aveva un’arma segreta: Lindsay Kemp», scrive Brian Eno in un breve messaggio reso pubblico in occasione dell’evento speciale Lindsay Kemp. My Life and Work with David Bowie, svoltosi il 17 maggio 2016 all’Ace Hotel di Londra. Il Duca Bianco ha personalmente sottolineato e riconosciuto quanto quel periodo sia stato determinante per la propria futura carriera: «Non avrei mai potuto fare ciò che ho fatto senza l’esperienza con la Lindsay Kemp Company».
Dopo le classi di danza insieme a Peter Gabriel e Kate Bush, ancor prima della stretta collaborazione per Ziggy Stardust, infatti, Bowie aveva collaborato con Kemp per Pierrot in Turquoise (1967), tratto dallo spettacolo teatrale The Looking Glass Murders, divenuto un film nel 1970. Negli ultimi tempi Bowie ammirava anche la scrittura e l’universo drammaturgico di Enda Walsh per la capacità di creare un fascino ipnotico con personaggi che davano vita a universi immaginari così da sfuggire alla propria alienazione. Nel testo dello spettacolo e dalla lista dei personaggi, apprendiamo che Girl, la ragazza eterea che fa visita all’eroe in Lazarus, nel corso dello show assume lo stesso nome, Marley, del partner di Scrooge in A Christmas Carol. In alcune battute del protagonista sono poi presenti echi del principe di Danimarca, come a evocare una possibile identificazione tra Thomas Newton e Hamlet, a conferma di quanto il substrato letterario e la tessitura del plot siano ambiziosi.
E poi, naturalmente, la musica. Diciassette pezzi di Bowie, alcuni nuovi, composti appunto per Lazarus, altri storici dal suo repertorio (come Changes, Life on Mars, Absolute Beginners, This is Not America), sono la linfa vitale dell’intera operazione. La sola musica però, in questo caso, in teatro, non basta.
La band che esegue i pezzi dal vivo per l’intero spettacolo è eccellente, come lo è l’idea di collocarla sul palco, dietro un velatino che ora rivela, ora nasconde i musicisti. Al centro c’è un grande schermo da cui proviene una enorme quantità di immagini, tesa a rappresentare il neon dell’America urbana o gli scenari di una città deserta post-umana, o che addirittura ‘vomita fuori’ un personaggio che diventa un ologramma in movimento.
Il regista Ian Van Hove, reduce dai successi di The Crucible e A View from the Bridge, vincitore di due Olivier Awards, in team con lo scenografo e lighting designer Jan Versweyveld e il video-designer Tal Yarden, ha realizzato una scatola che ha i colori del sole al tramonto, sobria e piana nelle superfici laterali che la inquadrano, con grande enfasi sulla parte ipertecnologica, costituita da schermi e proiezioni video. Un lavoro imponente ed efficace.
Michael C. Hall è straordinario nel restituire un alter ego di Bowie, surreale, potente, ora prostrato, ora insanguinato, violento e fuori di sé, ora alienato e disperatamente perso tra uomini a sé alieni. È costantemente in grado di rendere performance canore di alto livello, ma raramente di ‘toccare’ e andare al di là di un’esecuzione perfettamente riuscita; eccetto in Heroes, il finale.
Predisposti gli ingredienti per uno show memorabile, occorre dire che il processo creativo di elaborazione e preparazione non mantiene le aspettative nel risultato.
Non c’è storia, o meglio c’è ma, se non vogliamo dire incomprensibile, si rivela alquanto opaca e fallace. Soprattutto l’intero spettacolo non centra il bersaglio: non emoziona. Lazarus – il musical rimane dov’è, perfetto nella composizione e nella forma, che non prende mai vita, rimanendo algida e patinata. Aliena. Respingendo lo spettatore, pur presentandosi come un musical. Per un attimo ci dà l’illusione di volare, quando Michael C. Hall e Sophia Anne Caruso intonano Heroes in modo magico, poetico, leggiadro, intenso e, come pattinando, scivolano lievi su un liquido che occupa tutta la scena, quasi un lago di latte. Immersi in quella musica, vorremmo restare lì con loro per sempre.
Dura un attimo. Thomas l’extraterrestre, sdraiato sul razzo disegnato per terra, riparte. Le luci si accendono. Fine. Noi, davanti al mezzo sorriso di Bowie che ora ci fissa dal grande schermo centrale sul palco, ci scopriamo a pensare: never look back.
Carla Di Donato
Leggi anche Lazarus, la solitudine dell’alieno (recensione dello spettacolo con Manuel Agnelli, 2023)
King’s Cross Theatre, Londra
LAZARUS
BY DAVID BOWIE; ENDA WALSH
INSPIRED BY THE NOVEL THE MAN WHO FELL TO THE EARTH BY WALTER TEVIS
DESIGNED BY JAN VERSWEYVELD
DIRECTED BY IVO VAN HOV
cast completo e info