Da quindici anni il programma Ad Alta Voce su Rai Radio3 trasmette i classici della letteratura mondiale con la voce di grandi interpreti del teatro.
«Ora, statistiche alla mano, si sa che escono ogni anno in Italia dodicimila libri, il che fa una media di quaranta al giorno, domeniche escluse. Ci sarebbero poi i libri stranieri, per lo meno quelli nelle tre lingue principali d’Occidente, che non vanno ignorati: il totale cresce a centocinquanta opere giornaliere: non c’è neanche il tempo di leggere i titoli e i risvolti di copertina. Chi si butta nella lettura è destinato ad affogarvicisi; […] rischia l’indigestione. Perché bisognerà non ignorare il teatro e il cinema, seguire la critica militante, dare un’occhiata alla televisione e un’orecchiata ala radio (mezzi di comunicazione di massa). Chi vuol darsi una formazione culturale ha dinanzi a sé questa prospettiva: morire prima».
Queste parole le scriveva Luciano Bianciardi in una serie di sei articoli pubblicati nel 1967 sul settimanale ABC, raccolti poi in un volume dal titolo Non leggete i libri, fateveli raccontare. Dal 1967 a oggi le cose sono un po’ cambiate sul fronte della statistica. Nel 2011 i libri italiani pubblicati sono stati 64mila, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente (dati ISTAT). Quindi tutto si fa ancora più difficile. Ci sarebbe tuttavia da considerare anche il dato riguardante il numero di lettori, che dal 1965, sempre secondo ISTAT, è passato dal 16,3% del 1965 al 45,3% del 2011. Questi coloro che, dai sei anni in su, leggono almeno un libro non scolastico all’anno. Ultimo dato importante è quello del numero di persone censite che cinque anni fa non leggevano nemmeno un libro all’anno: 31 milioni 483mila persone, ben il 54,7% dei potenziali lettori.
Non è questa la sede per discutere a fondo questi dati, ma può diventarlo per renderci conto insieme di quanto, divorati tutti da una comunicazione immediata, trasparente, tempestiva e interattiva, ci troviamo spesso a non trovare il tempo di sederci o sdraiarci con un buon libro in mano. Sia che ci sentiamo più o meno vicini a quei «salotti giusti, fra un whisky e l’altro, in poltrona, discorrendo straccamente di letteratura con le persone che contano» di cui parlava lo scrittore grossetano scomparso nel 1971.
Gli stessi conduttori di programmi radiofonici e televisivi, si dice, non hanno tempo di leggere i libri di cui parlano per intero. Un interessante titolo di Pierre Bayard è proprio Come parlare di un libro senza averlo mai letto, pieno di trucchi e tecniche per farsi un’opinione (spesso spesa in contesti critici altisonanti) senza di fatto aver mai sfogliato tutte le pagine. In effetti quanti di noi hanno tempo di calarsi dentro Dostoevskij e i suoi fumosi bassifondi? Quanti sono in grado di ricordare più di cinque degli innumerevoli personaggi di Guerra e Pace di Tolstoj? Chi può promettere di non rispondere a una mail e piuttosto arrivare in fondo a un intero capitolo di Ada o Ardore di Nabokov o di Infinite Jest di Foster Wallace? E allora come ne usciamo?
Una piccola soluzione c’è, ed è quella di chiedere a qualcun altro di leggerceli. Ma invece di una nonna, uno zio o una moglie appollaiati sul comò mentre piano piano ci si chiudono gli occhi, perché non chiederlo a dei professionisti?
A guardar bene, in quasi tutte le librerie troviamo uno scaffale dedicato agli audiolibri, grandi produzioni con importanti voci che interpretano questo o quel romanzo storico o contemporaneo. Oppure abbiamo il nostro buon vecchio sintonizzatore e l’emittente radio nazionale che sul terzo canale da quindici anni trasmette questo genere di cultura dell’ascolto invitando grandi protagonisti del teatro di prosa a misurarsi con autori storici.
Il programma Ad Alta Voce su Rai Radio3, attualmente curato da Anna Antonelli e Fabiana Carobolante con Lorenzo Pavolini e Chiara Valerio, ha ad oggi trasmesso più di 160 romanzi e oltre 70 racconti; più di 100 autori hanno letto con la voce di quasi 70 attrici e attori. Il programma va in onda dal lunedì al venerdì alle 17 – per accompagnare chi torna dal lavoro, magari – ma è riascoltabile in streaming a scaricabile in podcast. Basta salvarlo sul nostro computer, lettore mp3 o smartphone e le voci profonde o lievi di Maria Paiato o Massimo Popolizio, di Graziano Piazza o Michela Cescon cominceranno a risuonarci nelle orecchie.
Daria Deflorian ha aperto Il diario di Anna Frank il 9 gennaio e lo chiuderà il 27 dello stesso mese, per poi lasciare uno spazio in 30 puntate a febbraio a Moni Ovadia con Il nome della Rosa di Umberto Eco. Dal 13 al 31 marzo sarà la volta di Tommaso Ragno con Il monaco di Matthew G. Lewis nella versione di Antonin Artaud e, dal 3 al 28 aprile Elio De Capitani leggerà Il sistema periodico di Primo Levi.
In una lettura espressiva accompagnata da brevi stacchi musicali che aiutano a voltare le pagine, in qualche modo il teatro e la sua capacità di immaginare trovano sempre una propria via.
Le “lezioni” di Bianciardi avevano, come altri suoi scritti, l’intenzione di criticare il panorama culturale di cui egli stesso faceva parte usando l’arma di un’acre ironia, smaccatamente provocatoria. Qualcuno potrebbe certo obiettare a queste righe di non tenere conto della dimensione intima della lettura silenziosa, dove i personaggi prendono vita con il tempo che scegliamo, hanno d’improvviso il volto della vicina di casa, le mani del professore di storia, lo sguardo del nostro primo amore. Eppure è affascinante sapere che la letteratura è ovunque, un vento sottile di storie e memorie che soffia anche dentro le individualità degli altri. Per ritornare a noi più forte e sconosciuto. Proprio come fa il teatro.
Sergio Lo Gatto