In questo giorno di festa, una piccola panoramica sul più celebre racconto natalizio, Un canto di Natale di Charles Dickens. Buona digestione.
Chi non ha mai ascoltato o letto almeno una volta A Christmas Carol di Charles Dickens? Di certo una delle opere più celebri del grande scrittore inglese, pubblicata nel 1843 e da allora entrata a forza nell’immaginario collettivo di tutto l’Occidente. Il suo Ebenezer Scrooge, vecchio finanziere avaro e arcigno che sfrutta il povero scrivano Bob Cratchit e che si redimerà solo dopo un’intera notte di visite spettrali che gli apriranno il cuore, è diventato il simbolo di quello spirito natalizio che dovrebbe albergare in noi ogni giorno dell’anno. Walt Disney addirittura ci battezzò il simpatico Zio Paperone, di rado, invero, incline alla redenzione dal dio denaro.
Nell’intenzione di Dickens, oltre al bel messaggio consolatorio, c’era innanzitutto – come sempre in questo autore – la volontà di denunciare le contraddizioni della ricca Inghilterra del Diciannovesimo secolo, divisa tra i fasti dei lord e il fango dei reietti, che morivano come mosche agli angoli delle strade. La grande invenzione di questa novella era infatti la capacità di mescolare le atmosfere tipiche del romanzo gotico con l’impegno sociale, confezionando una favola per tutte le generazioni che avrebbe visto, nei decenni a seguire, un numero incalcolabile di adattamenti e riscritture.
No, non li elencheremo tutti, in fondo queste righe servono a farvi digerire tacchino e patate al forno. Eppure è bello sapere che, sotto Natale, molte costellazioni del teatro si allineano nel fornire del Canto di Natale una propria versione. Per i bambini? Certo, perché no, ma l’intuizione di Dickens era stata proprio quella di inserire solo protagonisti adulti, senza risparmiare sequenze a tinte forti e allusioni dirette a inferno, morte, dannazione, cadaveri in decomposizione e malattie terminali. Il genere di storia che i bambini incassano più come punizione. Però c’è la grande tradizione del musical che mette tutto in ordine, asfaltando l’intera storia con musiche allegre e trionfali, grandi parate di massa e tableaux vivants composti alla perfezione per la chiusura di sipario. Il più longevo di questi è di certo quello firmato da Tim Dietlein, in scena ogni Natale dal 1964 al Glendale Centre Theatre in California.
Ma la vera tradizione era cominciata poco dopo la morte di Dickens, quando Seymour Hicks aveva coperto l’intera Inghilterra con il suo Scrooge, seguito poi da un nutrito manipolo di illustri colleghi impegnato in ogni tipo di trasposizione, dalla ricca produzione a curiosi esperimenti di one-man show come quello di Patrick Stewart (1988, diventato un film nel 1999), in cui il grande attore britannico ricostruiva l’intera storia seduto a un tavolo con libro e lanterna.
Mentre anche il cinema ha fatto i suoi bei surrogati (dal The Muppet Christmas Carol al riuscitissimo film di animazione di Robert Zemeckis, fino all’irresistibile Scrooged con Bill Murray) il teatro non smette di sperimentare: la versione del 2011 del National Theatre of Scotland ha vinto numerosi premi ed è riuscita a incantare e terrorizzare il pubblico mescolando attori e pupazzi animati a vista (costruiti dal geniale Gavin Glover che era stato cofondatore negli anni Ottanta di Faulty Optic Theatre of Animation, un progetto di teatro di figura per adulti).
E in Italia? A scorrere gli archivi le produzioni sono moltissime, in gran parte di stampo amatoriale o direttamente adattate per le scuole. Di recente il Teatro dell’Elfo di Milano ha prodotto il Racconto di Natale, un’operazione non dissimile da quella di Stewart, in cui Ferdinando Bruni si spende nella lettura con il supporto di animazioni a lanterna magica.
Cà Luogo d’Arte porta il suo adattamento anche oltre i confini, verso la Francia, mescolando recitativo a cantato. A Roma, invece, da sei anni è in scena la versione di Tiziano Panici prodotta da Argot Produzioni, vero e proprio adattamento itinerante, colorato e versatile, supportato da un intenso lavoro sul gesto e sul costume.
Ora, parliamone. Siete sicuri di essere stati davvero buoni quest’anno? Di certo non avete fatto la carità a quel povero ragazzo che ve la chiedeva. Avete ficcato il mento nella sciarpa lisa e ve ne siete tornati al freddo di quella casa in cui non volete accendere la stufa. Ma poi che cos’era quello spiffero gelido che passava dalla porta intorno a mezzanotte? Che strani sogni avete fatto: prima quel vecchio socio morto chissà più quando che vi predice l’arrivo di tre spiriti, poi proprio loro, gli spettri, che vi hanno mostrato il presente, il passato e quell’orribile futuro tutto ossa e cimitero. Che incubo.
Ma siete sicuri che fosse davvero un incubo? Affacciatevi alla finestra. Vedete quel bambino? Fermatelo, lanciategli qualche moneta, chiedetegli di comprare il più grosso tacchino ripieno di tutta Londra e di portarlo a quel vostro povero impiegato, in modo che possa anche lui trascorrere un felice giorno di Natale. E ora fatevi coraggio, sbarbatevi, allungatevi fino a casa di vostro nipote che vi aveva invitato per pranzo, vi accoglierà con calore. E tenetevi sul conto qualche extra per dare al vostro impiegato un meritatissimo aumento. Il nuovo anno avrà tutto un altro sapore.
Sergio Lo Gatto
https://www.facebook.com/events/975606205872949/…e ci saremo anche noi domani sera a Bari con una maratona di lettura!!