Debutta al Festival La democrazia del corpo diretto da Virgilio Sieni “Come as You Are”, nuova creazione del coreografo Jacopo Jenna, a partire dalle parole di Kurt Cobain. Recensione
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La sua voce, sporca e viscerale, non risuona sotto le capriate dei Cantieri Goldonetta. La fragile bellezza del suo volto non appare proiettata sul fondale, né la sua tragica biografia è oggetto di indagine drammaturgica o coreografica. Di Come as You Are, terzo iconico brano dell’album dei Nirvana Nevermind, ascoltiamo soltanto il celebre riff iniziale, ripetuto più volte e tuttavia privato dell’esplosione della voce, di quel “vieni come sei” che è al contempo liberazione e promessa. Kurt Cobain, semplicemente, non c’è: e la sua assenza è resa tangibile e concreta dallo sfuggire di Jacopo Jenna allo sguardo del pubblico, dal suo danzare quasi costantemente voltando le spalle alla platea e offrendo invece il volto alle accecanti luci posizionate al limite posteriore dello spazio scenico.
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Come as You Are, presentato in prima assoluta all’interno del Festival La Democrazia del Corpo diretto da Virgilio Sieni, inganna qualsiasi facile meccanismo ermeneutico, incoraggiando e al contempo tradendo le aspettative. Ciò che potrebbe infatti sembrare un omaggio al leader dei Nirvana e a una delle sue più commoventi canzoni è invece una sofisticata – benché imperfetta – performance che elegge a proprio oggetto d’indagine una mai pacificata relazione tra significante e significato, tra semiotica del gesto e semantica della parola. L’apparente chiarezza del titolo, e dell’immediato riferimento a una traccia musicale profondamente radicata nella coscienza collettiva di un’intera generazione, si opacizza così in una sfrangiata costellazione di sensi: Come as You Are è un invito rivolto agli astanti, ma anche una dichiarazione d’intenti, un manifesto di una creazione ibrida e parzialmente irrisolta, a metà strada tra arte coreutica e visuale. E di due metà, tra loro giustapposte in maniera troppo netta, si compone infatti il progetto: a una prima sezione, dove la partitura gestuale appare codificata, segue una seconda nella quale la danza si fa anarchica e lo spazio si satura di simboli e suggestioni.
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È un ambiente notturno quello in cui le luci di Giulia Broggi immergono Jenna nella prima parte della coreografia: tra controluce e ombre, il performer agisce, sopra il tappeto musicale di Luca Scappellato LSKA, in uno spazio vuoto, alternando movimenti spezzati a percorsi lineari, gestualità debitrici di un’estetica da videoclip a floor work ferini. Nella prolungata sequenza di gesti, è il corpo stesso di Jenna ad anticipare la visionarietà grafica che contraddistingue la seconda parte di Come as You Are: pelle, muscoli e tendini della sua schiena nuda ed esposta si flettono e contraggono ritmicamente, in un momento di protratta stasi degli arti. Mappale sul quale le strade e i percorsi sono disegnati da trapezi e deltoidi, il dorso del performer sembra tramutarsi adesso in carta, schermo bianco sul quale immaginare messaggi, alfabeti, espressioni: eppure il corpo significa qui primariamente se stesso, pone a oggetto del rapporto tra danzatore e spettatore null’altro che il proprio segno nello spazio.
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L’indagine linguistica è d’altra parte al centro della seconda parte della performance, nella quale la collaborazione di Jenna con l’artista multidisciplinare Jacopo Miliani prende la forma di venti asciugamani di spugna, bianchi e rossi, sui quali campeggiano, slegate e decontestualizzate, le parole della canzone di Cobain. In una luce adesso piana e diffusa, Jenna dispone con lentezza e cura meticolosa gli asciugamani sul palco, mentre il chitarrista Artu Trash accenna accordi e frasi musicali. You are è ora soltanto una scritta rossa, accostata a un paradossale you were, mentre a gun non minaccia né rassicura: la banale ordinarietà del supporto sul quale il messaggio è posto, e al contempo lo stridente e inusuale contrasto che fa di un asciugamano il latore di comunicazioni, sottraggono alle parole la loro primaria valenza concettuale.
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Al centro di un gigantesco tappeto di cotone che reca scritti i versi del brano, Jenna si sdraia a terra come uno stanco bagnante, rotola su stesso, raccoglie gli asciugamani in ammassi o li getta in aria, li sventola come stendardi: modifica lo spazio perfettamente ordinato e delimitato in un caos i cui significati sembrano essere risultanti del caso. È sotto memoria che Jenna si nasconde per qualche istante: ma questa è soltanto una delle possibili combinazioni tra il gesto e la parola, tra l’imprevedibile scelta di un lembo di spugna da un mucchio di asciugamani e il lemma su di esso impresso. The choice is yours, canta Cobain, la scelta è tua e con essa la volontà di attribuzione di valori o sensi alle parole, spesso contraddittorie, che appaiono nello spazio. In una dilatazione eccessiva dei tempi, che gravano sul ritmo della performance, il movimento del performer è conseguente al continuo mutarsi della scena, come se a determinare passi, azioni e interpretazioni fossero le posizioni assunte dai rettangoli di tessuto sul palcoscenico, o le traiettorie delle loro cadute. In una geografia instabile di cotone e colore, Jacopo Jenna è simbolo di sé e motore di nuove sintassi, dove mud e bleach, fango e candeggina, possono essere trama e ordito, o carne e sangue.
Alessandro Iachino
Cantieri Goldonetta, Firenze – Festival La democrazia del corpo – dicembre 2016
COME AS YOU ARE
coreografia e danza Jacopo Jenna
set e immagini Jacopo Miliani
musica e disegno sonoro Luca Scapellato LSKA
live guest Artu Trash
disegno luci Giulia Broggi
organizzazione Luisa Zuffo
produzione Kinkaleri, Cango_Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza