Bartleby, tratto dall’ omonimo racconto di Herman Melville, è il secondo capitolo dei Racconti americani dedicati da Muta Imago a grandi scrittori a cavallo tra Ottocento e Novecento. In scena al Teatro Brancaccino e Carrozzerie n.o.t di Roma. Recensione
L’uomo. Il personaggio. La storia letteraria del secolo Novecento ambisce all’autonarrazione lungo certe “vite di personaggi illustri”, autobiografie sintomatiche di dura presenza in un mondo divenuto di colpo intangibile, inconoscibile. Ma se il Novecento riconosce nei tipi letterari i simboli della sua ondivaga decadenza, già da tempo, da mezzo secolo prima, la letteratura iniziava a porre le basi di questa travaso storico. Tra i personaggi che più anticipavano stilemi oggi noti dell’uomo novecentesco è di certo Bartleby, lo scrivano di Herman Melville, scritto a New York nei primi anni Cinquanta dell’Ottocento, appena dopo aver dato alle stampe il suo libro più classico e categorico: Moby Dick. Se quest’ultimo era un libro panoramico, esteso verso i confini perduti dell’esistenza e del globo terrestre, Bartleby risponde all’esigenza esattamente contraria, quella di focalizzare il microcosmo dell’esistenza individuale e porlo in relazione con la comunità di umani che la società forma e alimenta. Questo ricorso a un’interiorità misteriosa indagata nel punto di crisi porta Melville a rintracciare caratteri che saranno propri dell’esistenzialismo, che cioè si interrogano sulla componente elementare che sostanzierà la società ancora da venire.
È il conflitto, ossia ciò che sta alla base della domanda verso cui la scrittura si dispone, a muovere il progetto Racconti americani di Muta Imago, questa trilogia firmata dalla regia di Claudia Sorace e dedicata ad autori nordamericani tra i due secoli, che ha visto destinare il primo capitolo a Fare un fuoco di Jack London e che completerà il ciclo con L’ospite ambizioso di Nathaniel Hawthorne il prossimo anno. Se London poneva la domanda a cospetto della natura, Bartleby lo scrivano di Melville è il punto di mezzo, imprescindibile, dove la domanda si inarca su sé stessa e si riversa proprio sull’uomo che la pone. Sa l’uomo occuparsi dell’uomo, dunque? La letteratura ha questa vocazione quando è densa di afflati filosofici, quando cioè riesce a ricomporre da frammenti di eventi quotidiani la portata di un’ansa evolutiva, là dove si misura dell’uomo la trasformazione, del mondo il progresso.
Si tratta di racconti per suoni (le musiche originali V.L. Wildpanner) e immagini (i video di Maria Elena Fusacchia), in cui tuttavia gli elementi che fiancheggiano le parole del testo, pronunciate, lette dal drammaturgo Riccardo Fazi, superano l’idea di audiolibro e non restano come mero tappeto decorativo, o come minima didascalia a margine, ma sono materia di conflitto con l’espressione testuale, in grado pertanto di arricchirne l’offerta, comporre una lettura “critica” dell’opera che sappia misurarsi alla nuova mutazione del nostro tempo. In tal modo l’esperienza intellettuale e sensibile si allineano, la percezione affina le ambizioni di una efficace interpretazione e il teatro ancora compie lo sforzo di farsi veicolo per una composizione contemporanea, contaminata, molteplice com’è il tempo che scavalla questi ultimi due secoli, agevola il passo decisivo perché tocchi ancora all’arte individuare i caratteri dell’uomo del futuro.
Bartleby è un esemplare quasi involontario, non fa nulla per apparire strambo, eppure la sua stravaganza si dilata, l’effetto grottesco verso l’epoca storica si produce in virtù della stessa bizzarria modulare, sempre inattesa ma metodica. È come se la società newyorkese si trovasse cosparsa dello spirito tragico di Bartleby, pian piano, senza potervi opporre resistenza. Il mistero appartenente a mondi lontani penetrava ormai il quotidiano, come presto sarebbe stato in ogni angolo della comunità umana, così che il segreto di Bartleby, quelle lettere smarrite in cui egli stesso aveva smarrito il senso del vivere, rimane a noi come un’ombra immobile, un monito, pur nella crescente frenesia cinetica di una società incapace di porre barriere alla propria decadenza.
Simone Nebbia
Visto al Teatro Brancaccino – fino al 10 dicembre alle Carrozzerie n.o.t
FARE UN FUOCO
racconto per suono e immagini
liberamente tratto dal racconto di Jack London
ideazione Muta Imago
regia Claudia Sorace
disegno sonoro e voce narrante Riccardo Fazi
musiche originali V. L. Wildpanner
video Maria Elena Fusacchia
produzione Muta Imago 2015
BARTLEBY
Racconto per suono e immagini
da H. Melville, regia Claudia Sorace, drammaturgia e voce narrante Riccardo Fazi
Video Maria Elena Fusacchia
Musiche originali V.L. Wildpanner
Produzione: Muta Imago, Festival Notafee