Secondo contributo di Fabio Biondi (L’Arboreto – Mondaino) per un’indagine sul tema delle residenze artistiche come ambito di riflessione sulla produzione sostenibile nell’epoca contemporanea. Si cercherà di far corrispondere analisi dello stato attuale e proposte in divenire per individuare sviluppi di un settore che ha bisogno di una regolamentazione unitaria e concreta.
In cerca di residenze
dopo l’applicazione dell’art. 45
Uno dei principali meriti dell’art. 45 (D.M. 1 luglio 2014) è senz’altro quello di aver certificato l’esistenza delle residenze: l’ecosistema di luoghi e progetti nati dall’urgenza culturale, artistica e organizzativa di essere e divenire strutture di accoglienza e cura dei processi creativi, formativi e produttivi. Da quelle maggiormente riconosciute a quelle di nuova generazione, le residenze sono per lo più l’espressione della cultura della provincia italiana che dalla metà degli anni ’70 caratterizza l’anomalia del nostro sistema teatrale, comprese le volontarie distrazioni del centro a discapito delle periferie.
Se fosse possibile fare una fotografia di gruppo degli interni delle residenze italiane, si riuscirebbe a individuarne i genitori e i gènius lòci: le identità di coloro che le hanno immaginate; le geografie teatrali delle Regioni che ne hanno favorito lo sviluppo. Sta di fatto che oggi l’insieme delle residenze – differenti genesi e modalità d’uso – rappresenta una delle reali novità della scena contemporanea, che ha già contribuito a scombinare i precari equilibri della ricerca e della produzione, al di là del bene e del male.
Da diverso tempo, in tempi non sospetti, alcune Regioni hanno elaborato dei sistemi di residenza, con contributi specifici per il consolidamento e lo sviluppo delle esperienze; altre Regioni invece hanno previsto la loro specificità inserendole di diritto all’interno delle leggi regionali per lo spettacolo dal vivo.
Per l’attuazione collettiva dell’art. 45 è stata sancita un’intesa fra Governo, Regioni e Province Autonome: Progetto triennale interregionale 2015/2017, 18 dicembre 2014. Un lungo processo di lavoro che ha visto alcune Regioni coinvolte – Toscana, Puglia, Emilia Romagna, in particolare – svolgere un ruolo importante, facendosi carico (prematuramente?) di un’esigenza e di una prospettiva nazionale.
Se si considera «che l’intervento dell’Amministrazione centrale ha carattere concorsuale rispetto a quello prioritario delle Regioni», si deduce che nei primi anni di attuazione e sperimentazione dell’art. 45, le Regioni che hanno sottoscritto l’Intesa hanno esercitato una funzione rilevante per la costruzione della via italiana alle residenze.
L’art. 3 dell’Intesa, (tralascio qui la lunga e per molti aspetti interessante analisi di “Considerato che”; art. 1, “Accordi di programma”; art. 2, “Sottoscrizione dell’Accordo di programma e modalità attuative) stabilisce le definizioni di: “Residenza”; “Sistema delle Residenze”; “Titolari di Residenze”.
La riflessione di oggi, dalla parte delle Regioni, vuole soffermarsi sulla definizione di “Titolare di Residenza”: i soggetti professionali che svolgono in prevalenza attività di residenza mirata a consolidare il rapporto spazio attrezzato gestito con carattere di continuità, comunità di riferimento e ricerca creativa degli artisti accolti.
Questa definizione precisa evidenzia come il tratto essenziale e identitario sia quello di svolgere, con carattere di continuità, attività di questa natura.
Nella maggioranza dei casi, inizialmente e nei processi in corso d’opera, le Regioni hanno sicuramente valutato con attenzione i requisiti degli operatori e degli artisti che hanno manifestato il desiderio di acquisire questa qualifica. Diversamente, si potrebbe pensare che le Amministrazioni regionali abbiano dovuto indurre qualcuno a trasformarsi anche in Titolare di Residenza?
A mio avviso, la resistenza e la profondità delle residenze non possono che nascere dalla generosità e dalle visioni degli artisti e degli operatori. Per il bene comune delle residenze, di tutte le possibili anime attive e propositive, le Regioni dovrebbero esercitare la straordinaria funzione di ascoltare e osservare, guidare e accompagnare il dispiegarsi dei desideri e delle necessità che sorreggono l’andatura e il respiro dei loro creatori.
La validità dei luoghi di residenza si riscontra maggiormente nelle regioni, nelle comunità creative, che hanno sviluppato dei dialoghi di reciproca educazione fra gli attori della scena contemporanea: dagli amministratori ai teatranti, andata e ritorno. In assenza di un confronto costante da rinnovare nel tempo, la patente di Titolare di Residenza da sola potrebbe non essere sufficiente per determinare dei progetti di qualità, in grado di incidere realmente sul rinnovamento dei tempi e degli spazi della ricerca e della produzione di nuove opere contemporanee.
Fabio Biondi
Leggi il primo contributo sulle residenze artistiche