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Fabrice Murgia. Libertà e reato di un hacker

Fabrice Murgia porta al Napoli Teatro Festival 2016 il nuovo Black Clouds, che nasce dalla storia di Aaron Swartz e si erge a parlare di informazione e controllo. Recensione

Fabrice Murgia
Foto Salvatore Pastore

Ci sono uomini che finiscono nella storia per il proprio nome, altri al contrario per il frutto di azioni concrete. I primi hanno gestito tramite il potere i cambiamenti imposti dall’ingegno dei secondi. Strano effetto, la storia. Le grandi trasformazioni avvengono per mezzo di atti d’avanguardia, quindi prima che il tempo vi riconosca il nuovo assetto. E subito dopo che gli uomini in grado di idearlo abbiano perduto l’occasione di vederlo, di viverlo. La scienza è tra le più dirette incubatrici di mutamento. Perché poggia su basi certe e ne sviluppa sempre in aumento i presupposti. Nell’epoca moderna, le scienze matematiche hanno definito i parametri dell’informatica, che non solo ne è un derivato, ma ha compiuto l’intero percorso fino a diventarne il sistema di controllo. Per meglio dire: la scienza produce l’informatica che diviene la struttura entro cui continua il processo di sviluppo. C’era questa intuizione, che avremmo ricondotto a un romanzo capitale ma misconosciuto del Novecento come L’incognita di Hermann Broch (1933), o anzi poteva esserci, nel lavoro che Fabrice Murgia ha ideato per il Napoli Teatro Festival 2016, dal titolo Black Clouds, in scena al Teatro Politeama.

fabrice murgia
Foto Salvatore Pastore

Ma, con ordine, in primo piano è una storia, declinata in tono documentario dalla madre del protagonista: Aaron Swartz, chi si ricorda di lui? Prodigio dell’informatica, molto giovane ha deciso di convogliare le sue conoscenze verso una redistribuzione del sapere, delle informazioni, diventando hacker e attivista, finché una legge infame degli Stati Uniti d’America non l’ha condannato a una pena esorbitante, spingendolo al suicidio a neanche 27 anni. Il lungo monologo della madre, che attraversa le tappe della vita del figlio, si articola in forma biografica ma con impresso nella proiezione alle sue spalle quel volto sorridente, con al fianco la data di nascita e di morte. Quasi mai il volto abbandona il racconto, fa crescere un’inquietudine sottile ma duratura, nella coscienza che ne scopre gesta e conquiste.

fabrice murgia
Foto Salvatore Pastore

Tale prologo, pur in questa formale misura cronologica, offre alcuni interessanti spunti, stimola domande come quella, fondamentale sulla considerazione della pirateria informatica (era quello anche il tempo di WikiLeaks) come atto di libertà o come reato; chi ha accesso all’informazione? Chi rende pubblico ciò che diventa di dominio pubblico? Queste domande, legittime e profonde, scompaiono però in una sequenza categorica cui il prologo lascerà spazio: si riconosce da un lato Steve Jobs, ideatore del mondo Apple e innovatore tecnologico per eccellenza, promotore di uno scarto verso il futuro volto a modificare i rapporti tra l’uomo e la macchina, in quel 24 gennaio 1984 in cui presentava al mondo la nascita del primo prototipo Macintosh; dall’altro lato Thomas Sankara, politico e leader illuminato dell’Africa sub-sahariana, ex presidente del Burkina Faso, sempre nel 1984 ma nel giorno del suo più famoso discorso pubblico, quello per la cancellazione del debito al “Terzo Mondo” e per le richieste di aiuto strutturale in audizione alle Nazioni Unite.

Questi due piani, che suddividono il palco e lo schermo di proiezione in cui i discorsi sono duplicati, hanno tuttavia un punto in comune, una discarica in cui una donna ammalatasi per le esalazioni dei materiali dei rifiuti si occupa di gestire squadre di bambini che ricavano rame dai computer gettati via, da rivendere presto, prima di contagiarsi anche loro di un morbo che è insieme reazione e resa del corpo verso la macchina. Un quarto piano è lo stanzino di un ragazzo, altro genio informatico e privo di un occhio, che per dedizione al film E.T. l’extra-terrestre di Steven Spielberg, e quindi al contatto tra umani e alieni, da novello Frankenstein costruisce un sistema per impiantare in una creatura tutto di sé stesso; azioni, conoscenze, emozioni. Ancora un altro piano, infine, vede una truffa, con un substrato di vendetta, da parte di un gigolò africano ai danni di una donna europea, la quale tutto sommato non fa molto per trarsene fuori.

fabrice murgia
Foto Salvatore Pastore

Eppure, se questi sono i presupposti di un tracciato lungo un percorso tematico urgentissimo, rimane la sensazione di un’occasione mancata perché dai propositi si tragga una vera intenzione artistica. Il rischio era e resta quello di appiattire tutto su un discorso ideologico e vagamente manicheo, che finisce per diminuire di spessore una storia quando viene esteriorizzata e metaforizzata, dispersa in troppe informazioni, non sempre dosate e organiche. Il mondo occidentale con troppa facilità è ormai posto nel campo dei colpevoli: contro i paesi poveri, contro il mondo di cui sperperano energie, contro sé stessi; infine anche contro gli alieni, buoni e ben intenzionati. E se davvero il capitalismo di cui l’Occidente si droga da decenni è il responsabile di un palese squilibrio di forze, la denuncia delimitata e non discutibile si pone obiettivi minuti, vaghi, che non faranno storia, ma certo la subiranno.

Simone Nebbia

Napoli Teatro Festival, Teatro Politeama, Napoli – giugno 2016

BLACK CLOUDS
Testo e Regia/Written and Directed by Fabrice Murgia
Con/With Valérie Bauchau, Fatou Hane, El Hadji Abdou Rahmane Ndiaye, François Sauveur
Collaborazione Drammaturgica/Text Collaboration Vincent Hennebicq
Video Giacinto Caponio
Luci/Light Design Emily Brassier
Suono/Sound Design Maxime Glaude
Produzione/Production Cie Artara
In Coproduzione Con/In Co-Production With Fondazione Campania Dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Théâtre National/Bruxelles, Théâtre De Namur, Manège.Mons
Con Il Sostegno Di/With The Support Of Eubelius

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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