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Carlo Cerciello e la violenza normalizzata di Mayorga

Animali Notturni scritto da Juan Mayorga e diretto da Carlo Cerciello al Napoli Teatro Festival Italia. Recensione

Foto Andrea Falasconi
Foto Andrea Falasconi

Il pericolo, l’inganno, là dove non te lo aspetteresti. Potrebbe colpire ovunque, in qualunque luogo, in qualunque momento. La trappola mortale – di questi tempi sempre più ne abbiamo contezza – può scattare dentro un locale, tanto nella vita reale quanto nella finzione scenica; si infiltra nella normalità, la pretende (all’inglese, la finge) e, così facendo, normalizza la violenza. Ecco la traccia più vera e più cruda consegnataci da Juan Mayorga in Animali notturni, testo del 2003 che ha debuttato al Napoli Teatro Festival Italia con la regia di Carlo Cerciello: violenza che si radica profondamente nell’agire quotidiano dell’individuo; quanto più è silente consuetudine, sotterranea, diffusa, tanto più sembra impossibile trovare una via d’uscita. Ne abbiamo abitudine, ci entra negli occhi e nei pensieri, sulla pelle, giornalmente, e non ci facciamo più caso se non quando si esprime platealmente. Anche lì dove il dissenso è manifesto e allo stesso tempo pronto per andarsene velocemente via.

Foto Ufficio Stampa
Foto Andrea Falasconi

Forse per questa sua tendenza sotterranea, in un primo momento, lo spettacolo di Cerciello sembrava fosse scivolato in sordina, complice la visione in seconda serata al Teatro Sannazzaro, in questo festival visto più come prosecuzione delle stagioni che come reale luogo di scambio e osservazione (ben approfondita risulta l’analisi di Alessandro Toppi sul festival, cui rimandiamo). Arriviamo di fretta in teatro, isolati, dentro questi luoghi tutto sommato ancora pieni di gente, accaldati tutti, tra una pausa per un disguido tecnico recuperato in corsa e poi tutti fuori, dispersi senza un centro aggregante. Come noi così il protagonista, un “Uomo alto” che nella solitudine del rientro notturno avrà un inaspettato e fintamente casuale incontro col vicino di casa, antipodico non solo nel nome ma anche nelle fattezze caratteriali e fisiche (nel testo distinto come “l’Uomo basso” e similmente così anche gli altri personaggi). Il primo, Luca Saccoia, raffinato intellettuale contemporaneo, dunque incerto e dal lavoro precario e sottostimato, nasconde un segreto, scoperto dal secondo che lo ricatterà chiedendogli in cambio compagnia, finta amicizia. Meno evidente la richiesta, tanto più pericoloso evidenziarne i confini.

Foto Andrea Falasconi
Foto Andrea Falasconi

La scena (ideata da Roberto Crea) riproduce un’algida città in scala dove sedersi sui grattacieli o prendere un bicchiere di vino dal tetto del bar; ma quasi fosse involucro asettico e ingombrante, in essa gli attori si muovono per forza centrifuga, rimanendo distanti dalle direttrici che portano al centro, tenendosi sempre ai margini della vita, in ombra pur di non farsi scoprire senza permesso di soggiorno, oppresse le mogli dalle vite e dalle decisioni dei mariti, da una televisione vuota, dal potere insinuante (sommessamente untuoso Lello Serrao) a cui soccombe quello intellettuale: ecco la sconfitta del nostro tempo secondo il drammaturgo spagnolo. Il compromesso tacitamente accettato modula il tono nei dialoghi che diventano sempre più accomodanti, lo sguardo introflesso degli attori (soprattutto nella notevole interpretazione di Imma Villa della Donna bassa) quasi immobili nei blu o nei ghiaccio delle luci. La coppia non si sostiene, rinchiudendosi o allontanandosi dall’altro. Qui non c’è soluzione, se non la fuga, come quella della Donna alta (Sara Missaglia); se si riguardasse al centro della scena, delle nostre vite, se ci si rivolgesse davvero all’altro, e non per formalità o per costrizione, magari, tornando a casa, non rimanendo a scrutare passivamente quegli animali notturni, si potrebbe riconquistare il centro di quella scena, metaforica e reale. Fuori dal palco, in tv, blaterano di terrorismi, di guerra, di volerli mandare tutti a casa; non siamo poi molto distanti dall’essere come loro.

 Viviana  Raciti

Napoli Teatro Festival Italia – luglio 2016

ANIMALI NOTTURNI
di Juan Mayorga
traduzione Adriano Lurissevich
regia di Carlo Cerciello
con Lello Serao – L’Uomo basso; Luca Saccoia – L’Uomo alto; Sara Missaglia – La Donna alta; Imma Villa – La Donna bassa
Scene Roberto Crea
Costumi Annamaria Morelli
Luci Cesare Accetta
Musiche Paolo Coletta
Direttore di produzione Hilenia De Falco
Direzione di compagnia Vincenzo Ambrosino
Realizzazione scene Retroscena
Realizzazione costumi CTN75 di V. Canzanella
produzione Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia TAN (Teatri Associati Napoli)

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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