Socrate il sopravvissuto – come le foglie di Anagoor ha debuttato alle Fonderie Limone di Moncalieri durante la rassegna Colline Torinesi. Recensione
C’è un dialogo illuminante nell’ultimo libro firmato da Michel Houellebecq, Sottomissione (Bompiani, 2015), tra il protagonista François e un esperto di intelligence a proposito del nuovo ordine che si sta disegnando nella Francia di un futuro non poi così lontano. I Fratelli Musulmani stanno per prendere il potere, ma non vogliono dominio territoriale o economico; quel che spiazzerà i partiti tradizionali, giunti all’ultimo stadio di trovare un compromesso politico, è l’unica richiesta degli avversari: educazione e istruzione, controllare cioè che le nuove generazioni crescano corazzate da insegnamenti di vita fortemente impressi dalla religione islamica, veicolare il sapere affinché in cambiamento sia silenzioso, non bellicoso, insomma immanente nella stessa società. Come l’inoculazione di un virus a scopo – pare – terapeutico.
Socrate Il sopravvissuto – come le foglie di Anagoor – ultima opera al debutto assoluto per Colline Torinesi alle Fonderie Limone di Moncalieri – riflette con disciplina e profondità sul tema dell’educazione, accostando la filosofia socratica, quindi l’esemplare massimo di docenza per i discepoli del pensiero, a un romanzo scritto qualche anno fa da Antonio Scurati (appunto Il Sopravvissuto, sempre Bompiani, 2005) che narra una vicenda tragica avvenuta in seno a una scuola superiore, il cui testo è in verità trattato, dagli autori Simone Derai e Patrizia Vercesi, con inserti desunti da La storia seguente dello scrittore olandese Cees Nooteboom.
2001 Di fronte. Sfrontati. Ci sono nove banchi di scuola. Occupati via via da otto studenti dai volti disfatti, che sembrano in quei banchi come incagliati e che scivolano lentamente verso terra. Il nono non arriverà, se non in fondo a tutto, ma solo per certificare la propria assenza. Un professore (Marco Menegoni) motiva la lamentazione di una passione ridotta a sistema didattico, l’incapacità di rintracciarla nel dispersivo ricorso a meccanismi d’insegnamento, vacui appoggi in cui il sapere staziona uguale a sé stesso, senza alcun lampo di luce negli occhi di chi ascolta, senza indirizzi per la vita fuori dal programma ministeriale. È il vecchio, grande, problema della scuola italiana, questo di concludere sempre là dove la storia è un monolite inavvicinabile e mai occuparsi dei problemi del contemporaneo, se non pensando il contemporaneo come esclusiva categoria, quindi già assorbita, ormai evanescente.
2000 Sapere. Da un lato del palco verrà strizzato via dai libri intrisi di acqua, dall’altro finirà accatastato in pile informi di volumi semicombusti, come proprio per fare un fuoco. Acqua. Fuoco. Sembra sia agli elementi che Anagoor si accordi per porre una barriera di senso all’opera cui si sta dedicando coerenza, ma gli elementi non sono che sovrumani, solo l’uomo potrà completare l’opera finalizzando degli elementi il passaggio di stato; non lo vedremo in scena, lo sapremo per quel corpo di ragazza steso tra i libri, per quel terremoto della conoscenza e della propria struttura che fa vibrare i banchi a tremolare verso la platea. 1999 Una catasta di libri strappati, con le pagine spaiate e prive ormai di senso unitario, su quel lato la cognizione è forse compromessa, mentre dall’altro i libri aperti seguono una geometria lineare e sono fermi a una pagina precisa, scelta da una cura preordinata, sembrano pertanto attraversati da una certezza cui l’uomo ha destinato la conoscenza. Ma è davvero per l’ordine soltanto che si avvia la trasmissione? La qualità della crescita del sapere appartiene al sapere stesso, ha una brillantezza intima che la voce, la chiave espressiva, verbale della narrazione, sa, deve saper innescare. 399 a.C. Compie, l’uomo, l’empietà della presunzione. Egli desume di conoscere nel punto esatto in cui si produce la propria ignoranza. Socrate, doppiato nel video mascherato del discorso ad Alcibiade dagli stessi attori che al microfono riproducono anche i suoni d’ambiente, consegna al tempo la lucidità dell’opinione resa forma, trapunta di logica e assorbita nella sagoma del modello esistenziale.
Siamo dunque nel Fedone platonico, quello in cui la morte di Socrate diventa pretesto eccellente per discutere l’immortalità dell’anima, priva di corpo. Che se ne discuta in teatro – che è costituito d’anima e non prescinde il corpo – è quanto meno un sublime rintocco. Ma il romanzo di Scurati torna a farsi rintocco conclusivo: siamo a fine anno, giugno 2001, si torna in avanti dopo un percorso a ritroso; nella foto di classe gli alunni che lasceranno la scuola hanno i volti dipinti, di verde, di rosa, di giallo opaco, come scomparissero i caratteri avuti negli anni scolastici, sfumano, saranno presto altrove. Ma prima c’è un esame, il foglio di via. È allora che spunta, febbrile, l’arma. Il sogno e l’incubo si danno appuntamento in una palestra. Ne usciranno soltanto dopo un massacro. Ma sempre, lo è, l’agnizione. Anche quella che scopre di non sapere. E torna il supremo insegnamento di Socrate, poco prima che le luci si spengano. Settembre 2001. Data della fine di un mondo. E l’inizio di un altro. Passaggio di stato. Come per ogni anno scolastico.
Simone Nebbia
Fonderie Limone, Moncalieri – giugno 2016
SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO – COME LE FOGLIE
di Simone Derai e Patrizia Vercesi
regia Simone Derai
dal romanzo Il Sopravvissuto di Antonio Scurati
con innesti liberamente ispirati a Platone e a Cees Nooteboom
con Marco Menegoni, Iohanna Benvegna, Marco Ciccullo, Matteo D’Amore, Piero Ramella, Francesca Scapinello, Margherita Sartor, Massimo Simonetto, Mariagioia Ubaldi
maschere Silvia Bragagnolo e Simone Derai
costumi Serena Bussolaro e Simone Derai
musiche e sound design Mauro Martinuz
video Simone Derai e Giulio Favotto
con Domenico Santonicola (Socrate), Piero Ramella (Alcibiade), Francesco Berton, Marco Ciccullo, Saikou Fofana, Giovanni Genovese, Elvis Ljede, Jacopo Molinari, Piermaria Muraro, Massimo Simonetto
riprese aeree Tommy Ilai e Camilla Marcon
concept ed editing Simone Derai e Giulio Favotto
direzione della fotografia e post produzione Giulio Favotto / Otium
produzione Anagoor
co-produzione Festival delle Colline Torinesi, Centrale Fies
progetto realizzato con il sostegno del bando ORA! Linguaggio contemporanei produzioni innovative della Compagina di san Paolo
In esclusiva le foto di Meri Cannaviello