Nord-nord ovest di Meridiano Zero ha debuttato a Cagliari al Teatro Massimo in aprile e sarà al Teatro dell’Orologio di Roma il 7 e l’8 maggio. Recensione
Pareti di plastica, sottili, lucide. Uno specchio aggettante su un tavolo, lungo, di legno. Due uomini, due donne, le mani a sostenere i volti. Si apre con questa immagine Nord-nord ovest, visto a Cagliari, al Teatro Massimo. È un interno claustrofobico quello scelto da Meridiano Zero per il nuovo lavoro firmato da Marco Sanna e prodotto da Sardegna Teatro. Un luogo immobile, dove l’aria è stantia, le azioni si reiterano e le battute si rincorrono, serrate, di bocca in bocca. C’è un rituale da onorare: la tavola da apparecchiare, la zuppa da girare, il vino da versare, piatti e bicchieri da riempire e da vuotare. Delle quattro figure non è dato sapere niente, solo che sono «entità – dice il regista – fantasmi densi di pesantezza perché portatori di significati». Nei dialoghi, dal sapore beckettiano, una stanchezza artistica e intellettuale. Negli abiti funerei la richiesta, dichiarata anche a parole, di essere dimenticati, sconfitti, uccisi.
Come già in precedenti lavori, Meridiano Zero si interroga sul senso di ciò che si va a replicare di sera in sera, e di teatro in teatro. Se in Search and Destroy, vincitore di Inventaria 2015, la tematica metateatrale chiamava in causa Shakespeare e una delle sue tragedie più celebri, Amleto, nell’ultimo lavoro la tradizione non è meglio identificata. È una presenza ingombrante, impossibile da onorare come da tradire fino in fondo, un insieme di saperi, pratiche e norme, che potrebbero impedire, secondo il regista, tanto una creazione completamente nuova quanto la restituzione di una fotografia attenta dell’oggi. Non è palesato il contesto, non si parla, specificamente, di teatro italiano, o europeo. Ad essere esplicitato è un sentimento, generato da un senso di attesa, un misto di noia e impotenza.
Nel dichiarare l’incapacità di andare avanti, di tramutarsi in qualcosa d’altro, la compagnia sarda fa esattamente ciò che imputa al teatro contemporaneo di non saper fare: fotografa l’oggi. Difficile da afferrare, complesso da restituire. «Il passato ci trattiene, il presente ci sfugge», direbbe Flaubert, e non a torto, perché le certezze sul presente sono poche e labili, perché il nostro tempo è sfrangiato, e come trascinarne sul palco i filacci è una domanda che molti artisti si pongono. Si possono leggere, a questo proposito, un saggio di Graziano Graziani e una conversazione dello stesso Graziani con Attilio Scarpellini, entrambi pubblicati su Altre Velocità. Due interessanti approfondimenti (di qualche anno fa ma sempre attuali) che pongono l’accento sul rapporto tra teatro e realtà, e indagano la scena italiana degli Anni Duemila, analizzando anche il concetto di “nuovo”.
In Nord-nord ovest la scena di Sabrina Cuccu ben rende l’idea di un limbo. Un luogo asettico, che non ha alcuna connotazione geografica, a dispetto del titolo dello spettacolo che intende invece sottolineare la provenienza della compagnia con sede a Sassari, nel nord-ovest dell’isola. Ma la condizione di insularità a nostro avviso è parte del discorso, non in senso politico, piuttosto come esclusione da un certo movimento teatrale, che sulla penisola è sicuramente più facile da intercettare. E non è ininfluente il fatto che il panorama teatrale sardo sia chiuso in se stesso, abbia poche possibilità di confronto con l’esterno, non sia competitivo a livello nazionale. A favore di un’apertura sta lavorando Sardegna Teatro, che grazie al Progetto Giovani Idee sostiene e accompagna gli emergenti sardi. È così per Meridiano Zero, anche se la compagnia non è di recente formazione e ha una lunga storia: una nascita sassarese, un trasferimento livornese e un ritorno verso il proprio territorio. Nord-nord ovest sembra corrispondere a una fase di cambiamento per il gruppo, il cui nucleo è costituito dallo stesso Marco Sanna e Francesca Ventriglia, che lavorano stavolta con Maria Luisa Usai (non nuova alle collaborazioni con Meridiano Zero) e Felice Montervino (già diretto da Sanna in Cento, altra produzione Sardegna Teatro). Perciò la riflessione sul luogo, che sembra voler cedere il passo a quella sul tempo, è presente, anche se non manifesta.
Si mettono in scena un momento storico, e una crisi generazionale. Quella di teatranti di 30/40 anni, alle prese con dei maestri mancati – fantasmi di cui si possono soltanto inseguire le gesta –, e quella di uomini e donne comuni bloccati in un’incertezza lavorativa, abitativa, famigliare, impossibilitati a prendere fra le mani le sorti della propria vita.
In fondo, le quattro entità che vediamo muoversi sul palco, sono anche due coppie stanche, aggrappate a uno sciorinare illogico perché inabili a dialogare con franchezza, cariche di silenzi che si rivelano più pregnanti delle parole, accarezzate infine da un’ironia lieve che in alcuni momenti emerge dalla patina di drammaticità. Sono attori, e uomini e donne, costretti in eterno a combattere la battaglia per la propria identità.
Così Meridiano Zero interrogandosi sulla tradizione scava nelle proprie origini, cercando di afferrare il senso del proprio lavoro incontra la difficoltà di catturare il quotidiano, parlando di teatro, insomma, parla di vita.
Arriva in conclusione il necessario incontro con se stessi, davanti a uno specchio che restituisce un’immagine sfalsata, e una danza che tiene i quattro sempre sui propri passi, senza portarli avanti, né ributtarli indietro. “For eternity doomed”, come sottolinea la musica dei Tiger Lillies, che suona, sul finale, lentamente e all’infinito, sciogliendo la gravità iniziale in una malinconica e surreale leggerezza.
Rossella Porcheddu
Visto al Teatro Massimo, Cagliari – aprile 2016
NORD-NORD OVEST
regia Marco Sanna
di e con Marco Sanna, Francesca Ventriglia, Maria Luisa Usai, Felice Montervino
scene e costumi Sabrina Cuccu
luci Valerio Contini
rumori Luca Spanu
video Nicola Di Mille
produzione Sardegna teatro