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Giancarlo Nicoletti e il ruvido Patroni Griffi

Giancarlo Nicoletti presenta il suo adattamento di Persone naturali e strafottenti di Giuseppe Patroni Griffi, inserito nella rassegna Salviamo i talenti – Premio Attilio Corsini 2016. Recensione

Giancarlo nicoletti
Foto Luana Belli

Persone naturali e strafottenti è un testo ruvido, una dichiarazione senza peli sulla lingua, direttamente cinica, che antepone la naturalità alla strafottenza come se la seconda fosse diretta e ineluttabile conseguenza della prima. Asprezza che impregna tutta la commedia in due atti scritta da Giuseppe Patroni Griffi nel 1973 e messa in scena per la prima volta un anno dopo al Teatro delle Arti di Roma. Dopo il successo dell’adattamento di Luciano Melchionna che debuttò ormai nel lontano 2010 al Teatro Bellini di Napoli – con Vladimir Luxuria nei panni del travestito Mariacallàs – ritroviamo oggi questo testo per la regia di Giancarlo Nicoletti inserito nell’ottava edizione di Salviamo i talenti – Premio Attilio Corsini; rassegna nata per dare maggiore visibilità «ai talenti nascosti del nostro teatro» e in corso fino al 6 giugno al Teatro Vittoria. Quattro gli spettacoli selezionati tra i duecento che si sono presentati al bando, oltre a quello di Nicoletti andranno in scena nelle prossime settimane: La vera vita del cavaliere mascherato scritto e diretto da Alessandro De Feo; Gabriele di Fausto Paravidino e Giampiero Rappa e Elettra da von Hofmannsthal per la regia di Giuliano Scarpinato.

giancarlo nicoletti
Foto Luana Belli

Coraggio. È questa la vera indole che caratterizza l’approccio di Nicoletti a un testo verboso di crudo lirismo, che ha la smania di anticipare le parole, riempiendole di significati altri e oltre quelle già dette, già andate. È la confessione nuda a ubriacarsi, quella di poeti bistrattati, di eroi decaduti, dell’ultimo dell’anno e di una Napoli scaramantica, per la quale il passato è una radio vecchia da buttare dalla finestra. Anche se continua a suonare. In questa notte in cui «se godi, godrai tutto l’anno» stanno in un appartamento dall’aspetto “sgarrupato” quattro persone. Con l’abito elegante, le paillettes riflettenti, col trucco impeccabile e lo strascico del vestito utile a pulire lo sporco che sta tutt’attorno “in miezz’ a via”, fa la sua comparsa nell’umile scena Mariacallàs (Sebastian Gimelli Morosini) mentre Donna Violante (Cristina Todaro) proprietaria dell’appartamento e ex serva in un bordello, cerca alla bell’ e meglio di dare una parvenza di festa alla tristezza lugubre di quello che appare uno scantinato. La scena è squintata, le funi e i tiranti sono a vista come anche le indicazioni per le uscite di emergenza sulle porte antincendio; immagini votive cadono appese dal soffitto mentre sei lanterne giapponesi sospese in aria provano ad abbellire questa vuota solitudine, che non ha nulla da nascondere. Un letto matrimoniale ben rifatto sulla sinistra, un tavolino che sarà riempito di birre sulla destra, nel mezzo e in fondo un baule. Dopo averli incontrati in un bar Fred (Michele Balducci) e Byron (Fabio Minicilli) sono condotti nell’appartamento da Mariacallàs. Studente l’uno e scrittore l’altro, entrambi vorrebbero vincere le proprie paure, smettere di stare a parte della vita o vendicare le violenze razziali subite, trovando così nel sesso l’occasione di provarci; ma non è amore il loro, è odio sottile, nervo scoperto che ferisce invece di lenire. Solo in apparenza, sembra non succeda nulla in scena tanto nel primo che nel secondo atto, in realtà la drammaturgia si agita sotterranea e dimostra tutta la sua complessità, in quanto basata non tanto sulla fattualità di eventi o situazioni ma sull’accadimento, sul racconto di «quattro solitudini» che sembrano scegliere la contrainte come occasione per “farsi compagnia”, nell’accezione più dolorosa.

giancarlo nicoletti
Foto Luana Belli

Le difficoltà da superare non sono poche e gran parte della prova è affidata al cast e alla direzione degli attori; capaci perché si cimentano in una parte imprevedibile e riottosa, anche se in alcuni momenti sembrano mancare di tempo e ritmo, calo di tensione ravvisabile quando la voce degli attori si abbassa disperdendosi nella sala. Morosini ci intenerisce nelle vesti di Mariacallàs: dolcemente pacato nei toni più fragili e vulnerabili ma severo e impenetrabile col mondo che gli è avverso. Un personaggio forte pur nella debolezza di trans, colei o colui (poco importa) che già di per sé si trova all’incrocio delle situazioni, in quella metà privilegiata dove si possono scrutare meglio gli animi delle persone, carpirne i bisogni e le paure, essere per loro ciò che desiderano.

Nell’adattamento di Giancarlo Nicoletti e Silvia Andreussi risiede infatti tutto lo slancio giovanile e intrepido di fare i conti con la scomodità di una scrittura ingombrante e pregna di violenza, talmente sottile da essere ingovernabile e paradossalmente sfuggevole proprio nei momenti più riflessivi. Ciononostante, con una sana e proficua dose di sfrontatezza, entrambi riescono a sottolinearne i voli alti e spensierati quanto gli inciampi cupi e rabbiosi.

Lucia Medri

Teatro Vittoria – maggio 2016

PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI
di Giuseppe Patroni Griffi
Regia Giancarlo Nicoletti
con Sebastian Gimelli Morosini – Michele Balducci
Cristina Todaro – Fabio Minicillo
Una produzione Teatro Vittoria Attori & Tecnici – Planet Arts Collettivo Teatrale Un progetto Tradizione – Il Teatro di domani
Adattamento Silvia Andreussi – Giancarlo Nicoletti
Foto Luana Belli
Video David Melani
Trailer Daniele Guarco
Disegno Luci Daniele Manenti
Costumi Sebastian Gimelli Morosini
Aiuto Regia Matteo Volpotti – Sofia Grottoli
Distribuzione & Promozione Altra Scena Art Management

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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