QUINTA DI COPERTINA. Farsi luogo di Marco Martinelli (Cue Press, 2015) è una dichiarazione d’amore al teatro. Una pratica comunitaria. Un atto politico di cui c’è sempre più bisogno
Sulla copertina del piccolo pamphlet Farsi Luogo, scritto da Marco Martinelli e pubblicato da Cue Press nel 2015, c’è una foto scattata da Cesare Fabbri nel corso del progetto Le Choeur montois, realizzato dal Teatro delle Albe per Mons Capitale della Cultura 2015. Un gruppo di persone si raccoglie in un abbraccio circolare attorno a una sezione di platea, nel centro della quale corre una passerella bianca.
Un’immagine emblematica che dice molto innanzitutto sul metodo di lavoro inclusivo della compagnia ravennate, ma ancor prima sull’idea di teatro che da più di trent’anni dà vita al pensiero scenico e pedagogico di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari.
In una serata a ingresso libero all’Angelo Mai Altrove Occupato di Roma un attento gruppo di spettatori si è riunito (anche qui, in una platea semicircolare) per ascoltare la lettura integrale del volume ad opera dello stesso Martinelli, solo e sorridente di fronte a un microfono, la voce tonda e il tono piano di chi è interessato a far arrivare ogni singola parola.
Perciò questa breve relazione sarà piena di citazioni virgolettate: perché ben poco di questo discorso potrebbe essere riportato usando diverse parole.
Quello del «farsi luogo» è un concetto «eretico», nella specifica definizione delle Albe, quella che fa risalire il termine alla radice di una «scelta». Il teatro, si dice, è «un’arte bambina: cosa sono 25 secoli se confrontati con l’origine dell’umanità? La rosa ha 25 milioni di anni». Farsi luogo è un atto d’amore verso il teatro, arte che si rifà all’atto del «bere per avere ancora sete», alla ricerca di un «senso autentico». Si parla molto della funzione di questa arte, che si apre a essere un’occasione di rallentamento, non una stasi né un’evasione, ma un’opportunità di governare le vele del tempo odierno – così bulimico e in instancabile accelerazione – affinché, «nel luogo dei media immateriali» il teatro sia un ritorno alla «materia sacra» che accoglie «l’audacia di farsi luogo nei non-luoghi».
La foto di copertina mostra l’atmosfera respirata all’Angelo Mai, un sereno raccoglimento: al di là di ogni scelta estetica o poetica, il teatro evocato da Martinelli (che porta con sé riferimenti alla storia, all’evoluzione, all’antropologia del rito) è «arte dell’ascolto», è «inutile e gratuito come una preghiera», è «arte della comunità, reciproco come un munus, come un dono». È un continuo «rivolgersi». Si passano in rassegna tutti i mestieri del teatro, dai tecnici agli amministratori, dall’ufficio stampa alle maschere, investite del ruolo di «registi dell’ascolto», che accogliendo il pubblico preparano il palcoscenico speculare, la platea.
C’è un’immagine, sopra tutte le altre: il cerchio che si fa spirale, «il luogo di nessuno che diventa il luogo di tutti», una forma generativa e rigenerativa per un teatro che non sia «schiavo del possibile», che nel suo continuo rivolgersi sia un completo «esercizio di cittadinanza».
Farsi luogo è presentato come un «varco in 101 movimenti», movimenti che vanno letti o ascoltati ad alta voce; che hanno quasi il sapore dei versetti dei testi mistici, ma anche un’organizzazione razionale degna di un manuale di scacchi.
Come a dire: il teatro muove e vince in 101 mosse.
Sergio Lo Gatto
Leggi gli altri libri di Quinta di Copertina
FARSI LUOGO – Varco al teatro in 101 movimenti
Marco Martinelli
Cue Press, Imola 2015
cartaceo € 4.99 / ebook € 1.99
pp. 47
ISBN: 978-88-98442-82-9
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