Abbiamo incontrato Giuseppe Provinzano di Babel Crew e Gabriele Cappadona, ideatori del progetto 1,2,3…crisi ovvero la crisi salvata dai ragazzi(ni), nele sale del Teatro Biondo di Palermo
Una struttura mobile. Per un pensiero mobile. Di teatro, di società. Babel Crew indaga così la crisi, lasciando gli spettatori – per lo più ragazzi delle scuole ma non soltanto – liberi di scegliere, fare cioè il primo passo per ottenere una coscienza del mondo, operare una mediazione tra ciò che avviene all’individuo e le conseguenze prodotte su sé stesso e su, proprio, la società. Giuseppe Provinzano e Sergio Beercock sono attori di un processo in divenire (ideato insieme all’economista Gabriele Cappadona), una sorta di gioco interattivo segmentato da interruzioni che possono portare l’evoluzione dello spettacolo, la vicenda del protagonista che affronta un serio problema economico, verso direzioni ogni volta diverse. Semplice la struttura scenica, sedie pieghevoli di legno rivestite con nastri d’effetto catarifrangente, con le quali creare ambienti in cui le situazioni prendano corpo. Lavoro di qualità, pensiero di qualità, portare i concetti oltre l’elucubrazione, oltre lo specialismo, portarli cioè nel mezzo delle cose, dove sia visibile con certezza quanto di sé vi è nascosto dentro, portarli in teatro, dove la rappresentazione pone domande, affinché abbia senso ancora, ipotizzare risposte.
Qual è l’origine del progetto?
G. P. Nasce da discorsi di taverna. Ci siamo trovati di fronte a un bicchiere di vino a parlare di crisi, di ciò che sta accadendo nel mondo, un economista e un uomo di teatro. È stato subito naturale creare una connessione tra i due ambiti sul piano della comprensione del problema; tra le prima cose che ci siamo detti c’era appunto che gli economisti fanno in modo spesso di non farsi capire, perché non immaginare se il teatro potesse o meno essere il linguaggio adatto a spiegare? Si trattava di individuare le dinamiche che sottostanno ai tempi di crisi, la struttura degli interessi che fanno l’economia, scegliendo i ragazzi come destinatari perché ci siamo resi conto che tra loro ci sono dei nativi della recessione, ragazzi nati già dentro la crisi; avevo già letto Il mondo salvato dai ragazzini in cui sostanzialmente Elsa Morante dice che bisogna raccontare ai ragazzi il mondo così com’è perché, anche se all’inizio può sembrare duro e sprezzante, questo gli restituisce gli strumenti per poi essere soggetti attivi.
Come avete immaginato l’idea di un gioco interattivo in cui i ragazzi possono scegliere e quindi far prendere allo spettacolo direzioni sempre diverse?
G. C. La risposta richiede un po’ di astrazione. Ci sono nel mondo dei fenomeni attuali, reali: ciò che vediamo, esiste; ci sono poi fenomeni potenziali che si fondano sulla capacità di mutare in una determinata direzione. Questi ultimi non incontrano mai un’eventualità univoca ma mostrano la possibile evoluzione, determinata o dal volere di essere senzienti, la somma cioè di scelte individuali o collettive, o dal cambiamento delle condizioni attorno. Quindi lo sviluppo di una crisi si dispiega su queste due dimensioni, ma la lettura più diffusa nella nostra società è quella di tipo attuale, basato sulla statistica, quindi sui dati reali; quasi mai si fa conto sui dati potenziali, sugli sviluppi di ipotetiche scelte, rinunce, variazioni. Una crisi è il punto in cui un sistema da solo non riesce a riprendere il passo che aveva, si resta in crisi perché le idee del passato non riescono a interpretarla. Quindi sviluppare uno spettacolo verso la potenzialità ci è sembrato la chiave di lettura più opportuna.
G. P. Oltre questo c’è un motivo anche più semplice: portare i concetti sulla base di esempi da discutere impone immediatamente delle scelte, che si presentano quindi come ogni volta la discesa su un piano di confronto reale con le cose, con gli eventi della vita. Anche per noi di questa generazione, finiti in un tempo di crisi senza averlo scelto, riaffermare la possibilità di scelta è un passo importante verso la consapevolezza di essere attivi nella propria esistenza.
Qual è stato il fulcro di trasformazione dal tema crisi alla pratica della scena?
G. P. Per i ragazzi abbiamo dovuto spostare il discorso sul loro rapporto con il denaro, capire quanto sia considerato importante, che valore gli danno, arrivando poi a comporre insieme uno schema per temi come la felicità, la responsabilità, in cui poter misurare e mostrare la loro scelta quando si è in scena. L’intuizione, per evitare di raccontare semplicemente una storia, è stata quella di far coincidere il destino del nostro protagonista Alexis con quello della Grecia, in questi anni luogo di massima sperimentazione della crisi (Alexis, non per Tsipras ma per Grigoropoulos, il ragazzo di 15 anni ucciso da un poliziotto in piazza ad Atene nel 2008): quasi ogni cosa che accade ad Alexis è leggibile come quelle accadute alla Grecia in questo periodo storico, dalla gestione della Troika ai fondi della BCE, dalle iniezioni di denaro alla ristrutturazione del debito, gli eventi dello spettacolo hanno in tal senso un valore simbolico.
Quali sono gli obiettivi futuri, artistici e civili, di questo spettacolo?
G. P. Per quanto riguarda il percorso artistico di Babel Crew questo è il secondo capitolo della nostra Trilogia di una crisi: dopo To play or to die, cui vogliamo far seguire una ricerca sul tema ambientale.
Vorremmo farlo in molte scuole, o che i teatri in Italia che volessero ospitarci facessero un lavoro di promozione proprio negli istituti scolastici (prossima data sarà per Maggio all’infanzia a Bari tra il 19 e il 22 maggio 2016), perché di questo modo di interagire crediamo ci sia profondo bisogno per superare lo stallo. Sarebbe curioso capire come possa essere recepito questo nostro discorso nelle varie regioni italiane o, perché no, anche all’estero.
Abbiamo poi intenzione anche di creare una app (inizialmente pensavamo a un libro-game che però non ci sembra funzionare) in cui questi temi vengano sintetizzati, in una grafica stilizzata di tipo fumettistico, e i ragazzi possano sperimentare come un videogioco le varie altre possibili scelte, una volta visto lo spettacolo e una volta operato le loro. Sarà fruibile soltanto nelle città dove va in scena lo spettacolo, vorremmo darla prima di vederlo e far fare ai ragazzi un paio di giri di prova, per poi riattivarla ancora, tramite un codice, all’uscita dal teatro.
Simone Nebbia
Teatro Biondo, Palermo – marzo 2016
1,2,3 … CRISI
OVVERO LA CRISI SALVATA DAI RAGAZZI (NI)
un progetto di Gabriele Cappadona e Giuseppe Provinzano
con Sergio Beercock e Giuseppe Provinzano
testo Giuseppe Provinzano
dramaturg Gabriele Cappadona
regia Giuseppe Provinzano
assistente alla regia Agnese Gugliara
luci Gabriele Gugliara
disegni Petra Trombini
produzione Teatro Biondo Palermo
in collaborazione con Babel Crew
l’autore ringrazia TGA – Teatro Garibaldi Aperto, Palermo / Teatro Valle Occupato, Roma / L’asino, Napoli