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Teatro in video. Sarah Bernhardt

Teatro in video 30° appuntamento. Sarah Bernhardt in una registrazione in lingua originale di Phèdre di Jean Racine del 1910.

« […]Ho recitato con grandi artisti che mi hanno fatto brutti tiri. In cambio ci sono fra loro esseri squisiti, che rimangono sulla scena più uomini che attori. […] Henry Hirving è un artista ammirevole, ma non un attore. Coquelin, ammirevole attore, ma non artista. Mounet-Sully ha del genio, che mette talvolta a servizio dell’artista, talvolta a servizio dell’attore, ma in compenso qualche volta esagera, sia come artista che come attore, e fa stringere i denti agli amanti del Bello e della Verità. Bartet è un’attrice perfetta, poiché possiede un senso artistico delicatissimo. Réjane, la più attrice delle attrici, è artista quando vuole. Eleonora Duse è più un’attrice che un’artista, cammina su strade tracciate da altri, certo non le imita, poiché pianta fiori dove esistevano alberi, e alberi dove esistevano fiori, ma non ha creato con la sua arte un personaggio che si identifichi col suo nome, non ha creato un essere, una visione che evochi il suo ricordo. Calza i guanti degli altri, ma li calza a rovescio, tutto con grazia infinita, un’indifferenza piena di abbandono. È grande, una grandissima attrice, ma non è una grande artista. Novelli è un attore dell’antica scuola, nella quale si curava pochissimo il lato artistico. È perfetto nel riso e nelle lacrime. Béatrice Campbell è soprattutto un’artista, il suo talento è fatto di fascino e di pensiero, odia le strade battute, vuole creare e crea. Antoine è spesso tradito dai suoi mezzi perché la sua voce è cupa, il portamento un po’ ordinario, infatti spesso lascia a desiderare come attore, ma è sempre un artista senza pari, e la nostra arte gli deve molto, nella sua evoluzione verso la verità, neppure lui è geloso dell’attrice» (La mia doppia vita, Savelli, 1981).

Inequivocabili eppure diplomatici, discutibili col senno di poi e assoluti nel setaccio del qui ed ora: l’opinione, il parere, o forse il giudizio connaturati da una simile nettezza sono doti equivalenti a una piaga sublime, a una grazia tutta mondana. Perché l’eccellenza non conosce vie di mezzo, perché la voluttà del grandioso è un suicidio assistito dell’essere comune, la garrota inflitta senza infamia alla mediazione. Non stupisce che tale nettezza provenga allora dal “murmure argenteo di un ruscello”, da una “campana d’oro”, dalla “voce d’oro”. Lei folta fronda bionda su magro guscio perlato, lei che voleva farsi suora e finì dopo il Conservatoire interprete rinomata di Racine, Hugo, Dumas, Sardou fra gli altri, che si concesse due volte l’ardire di abbandonare il tempio teatrale della Comédie-Française senza crollare, scrivendo il suo nome nel novero dei grandi osannata come una dea e discussa come un cortigiana dal mondo intero, lei che amò un figlio unico e senza padre tra la Parigi della Belle Époque, una tournée in America e una in Australia, che insieme al figlio di uomini e donne pare ne abbia amati tanti, lei la signora delle camelie cui piacque crescere ghepardi in giardino, dormire in una bara per studiare e ristudiare la parte, che perse una gamba e continuò a calcare le scene, che si prestò al cinema, lei che da donna diventò Amleto e Lorenzaccio prima che fosse quasi una consuetudine, che collaborò con Gabriele d’Annunzio, che non si sottrasse alla redazione di opere e biografie, cui già in vita fu titolato un teatro. Henriette-Rosine che alla fine dovette cedere alla morte dopo una strenua e continua battaglia col cono d’ombra abitato dai tanti “nessuno”, che ci affidò, anche dopo, Sarah Bernhardt, a ricordarci come il magnetismo infinito della luce fiammeggi spesso tra il fuoco dell’inferno e i bagliori del paradiso.

Marianna Masselli

Qui un estratto audio da La Samaritaine’ (1903)

Qui la video registrazione di uno spettacolo sconosciuto

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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