Per gli artisti di teatro: persone che hanno scelto la via dell’arte, che è una via antieconomica, perché mossi da urgenze di ordine spirituale e che quindi forniscono un servizio essenziale alla collettività.
Ieri mattina a Roma nella sede della Fondazione Piccolomini, alle 11, si sono tenuti i funerali laici dell’attore, dell’artista Pino Misiti che si è suicidato sabato scorso impiccandosi in casa. Qualche giorno prima, giovedì 25 febbraio si era suicidata nella foresteria del teatro Petrella di Longiano Monica Samassa. Misiti l’anno scorso aveva chiesto alla Fondazione Piccolomini, che cerca di fare un po’ di welfare in favore degli artisti del teatro, un aiuto in denaro e l’aveva ottenuto perché i suoi redditi erano al di sotto del tetto indicato dal bando. Il suicidio fra gli attori non è purtroppo un evento straordinario, ma stavolta, in particolare per quanto riguarda Misiti, la questione assume un significato che va oltre la sfera personale e investe l’attuale situazione sociale ed economica della gente di teatro.
Il sangue di questi suicidi ricadrà sulla faccia delle organizzazione criminali di politicanti che hanno conquistato la cosa pubblica e sui gangster che si annidano nelle alte sfere dell’amministrazione di Stato. Sono anni che vanno avanti le peggiori operazioni contro gli artisti: l’assorbimento dell’Enpals, che era in attivo, nell’Inps, per appianare i debiti dell’Inpdap, la Cassa degli statali, un carrozzone che nel 2012 aveva un disavanzo patrimoniale di oltre 10 miliardi perché lo Stato evadeva i contributi; l’eliminazione dell’assegno di solidarietà della Siae, che era una sorta di pensioncina di 615 euro mensili maturata versando nel corso degli anni il 4 per cento dei loro proventi nelle casse del Fondo di Solidarietà della società; la macellazione del Fondo unico dello spettacolo con il decreto ministeriale del 1 luglio 2014; e, risalendo nel tempo, una serie di vessazioni che hanno colpito questo mondo comprese le varie riforme pensionistiche e la progressiva eliminazione degli ammortizzatori sociale che di volta in volta hanno aggravato le condizioni di una categoria di lavoratori per sua natura precaria. Tutto ciò si chiama discriminazione. Gli artisti di teatro sono una minoranza discriminata.
Uno Stato che non realizza politiche di equità e di solidarietà sociale e non difende i più deboli è uno Stato canaglia. E in questo caso i più deboli sono tali non perché costituiti da lavativi o da poveri incapaci, ma da persone che hanno scelto la via dell’arte, che è una via antieconomica, perché mossi da urgenze di ordine spirituale e che quindi forniscono un servizio essenziale alla collettività. Uno Stato che non difende i suoi artisti condanna il suo popolo alla putrefazione e non merita rispetto né futuro. Ma è votato a scomparire dalla storia anche un popolo supino di fronte a bande di trafficanti politici, nazionali e locali, che dirottano risorse destinate agli uomini d’arte, di cultura, di scienza, di ricerca, di insegnamento, verso i corrotti, quindi anche se stessi, verso la delinquenza affaristica, i mercanti della finanza, i ladri dei monopoli, i predatori delle oligarchie, i truffatori degli appalti pubblici.
Tuttavia non solo ai lupi vanno ascritte le colpe, perché i lupi, come le scimmie, obbediscono alla loro natura animale. Almeno una goccia del sangue di questi morti ricadrà anche sugli abitanti del mondo teatrale stesso i quali, inabili nella pratica delle cose materiali, dovrebbero però avere in quanto artisti piena coscienza di ciò che li circonda. E dovrebbero difendersi come un gregge, restando uniti e dotandosi di buoni cani pastore. Invece hanno lasciato soli i loro colleghi, preda dei lupi.
Forse gli artisti dello spettacolo dovrebbero incominciare a difendersi collettivamente contro la discriminazione. Anche quelli più fortunati, anche i gruppetti di beneficati dalla Rai che sceglie quasi sempre gli stessi nomi per le fiction e le produzioni cinematografiche. Perché potrebbero ritrovarsi improvvisamente soli, come gli altri.
Grazie Marcantonio Lucidi!!
grazie Marcantonio. Purtroppo hai ragione, siamo divisi su tutto, anche sulle collecting per il diritto d’immagine, ma per fortuna rimaniamo amici, come quelli radunati ieri mattina a Villa Piccolomini.