Cock di Mike Bartlett per la regia di Silvio Peroni è andato in scena al Teatro dell’Orologio. Recensione
In Italia amiamo la drammaturgia inglese contemporanea. Sono molti i registi che scelgono testi di autori britannici e adattandoli li portano sulle scene nostrane. Forse perché ci piace l’intricata dinamica delle relazioni, così naturalizzata e poi sviscerata; la capacità di alcuni testi di portarci al centro delle tematiche nevralgiche del nostro tempo (vedi Lungs di Duncan Macmillan) spingendoci a riconsiderare il nostro ruolo di essere umani guardandolo da fuori, straniandolo per renderlo familiare. E poi c’è lo humour inglese che condisce il senso delle frasi con ironia e sarcasmo pungente e noi sì che lo amiamo, dato che non siamo in grado di prenderci in giro. Ammettiamolo, su!
Silvio Peroni, regista, ha fatto di questa sua passione per la drammaturgia anglofona, sia inglese che americana, una cifra stilistica; ricordiamo ad esempio l’adattamento di Costellazioni di Nick Payne, la co-regia insieme a Elio Germano dello spettacolo Thom Pain (basato sul niente) scritto da Will Eno e ancora DNA di Dennis Kelly.
Questa è invece la volta di un testo denso e corposo di Mike Bartlett (Pearson Playwright al Royal Court Theatre nel 2007) dal titolo polisemantico Cock, spettacolo già passato per Roma nella primavera del 2012 durante la XI edizione della rassegna TREND nuove frontiere della scena britannica e andato in scena la scorsa settimana al Teatro dell’Orologio.
“Cock” non è solo il termine col quale volgarmente si indica l’organo genitale maschile, ma è anche il corrispettivo inglese dell’italiano “galletto”. Entrambi i significati si adattano a questa commedia inscenata all’interno di un ring, con tanto di campanello che scandisce i vari round tra i protagonisti: John, M e W. Il triangolo amoroso è dei più semplici: John ama M ma si invaghisce di W, scoprendo successivamente che la sua non è solo un’infatuazione. John ha paura di compromettere la relazione che da sette anni lo lega a M ma la passione per W è tale da spingerlo a rivalutare la storia con M, ormai decisamente matura, con contraddizioni e incertezze annesse. Due pesi e due misure distinte da pesare su una bilancia per scoprire quanto penderà l’una rispetto all’altra. L’occasione? Una cena per riunirsi tutti quanti intorno a un tavolo, compreso il padre di M, aspettando che John faccia la sua scelta.
È una virtuosistica prova attoriale inserita in una scenografia provvista solo di un quadrato a terra a delimitare lo spazio del ring, nel quale gli attori Sara Putignano, Fabrizio Falco, Jacopo Venturiero, Enrico Di Troia si fronteggiano a suon di battute colorite di comicità e pathos. Dal ritmo serrato e avvincente è la parte iniziale, durante la quale John (Falco) e M (Venturiero), con disciplinata naturalezza ed equilibrata tensione, si rimbalzano la palla del tradimento svelato, delle loro tenere insicurezze che cominciano a incrinare la solidità del rapporto. Sara Putignano risulta stavolta bloccata in una posa statica, non riuscendo a sfaccettare il ruolo che ricopre con quell’interpretazione vivida e rinnovata battuta dopo battuta che l’ha contraddistinta in altri lavori (Lungs e Verso Occidente). Una recitazione studiata a tavolino da una regia scrupolosamente essenziale ed efficace nella prima parte, che sembra poi incepparsi in un meccanismo ormai talmente rodato da diventare noioso: la partitura dei movimenti scenici segue infatti una drammaturgia “segnata” che lo spettatore impara sin da subito a osservare e soprattutto a prevedere.
Ora se però a questo triangolo amoroso – inscenato come se fossimo spettatori di un combattimento tra galli – aggiungessimo finalmente quella nota inglese di cui parlavamo sopra e vi dicessimo che John e M sono una coppia gay e W è invece una donna «con tanto di tette»? Succederebbe che un testo normale, una commedia delle più classiche e prevedibili, i cui ruoli sono già provvisti delle loro parti attinte dalla tradizione (Lui, Lei, L’Altro), cambierebbe improvvisamente segno solo perché l’incertezza di John, che ferisce e fa soffrire tanto M che W, sarebbe quindi giustificata in quanto riconducibile a una personale, e anche un tantino svilente, ricerca identitaria. Dunque la questione non è tanto “chi sono io?”, quanto “da che parte mi conviene stare?”; domande come questa si spera siano superate, inscritte in un panorama storico e sociale che ormai da una ventina di anni sta cercando con tutte le sue forze, a livello internazionale, nell’arte e nel riconoscimento dei diritti civili, di abolire proprio queste categorie – le famose e dispregiative “sponde” – invitando gli individui a considerarsi oltre il mero genere femminile e maschile.
Lucia Medri
Teatro dell’Orologio, Roma – Gennaio 2016
COCK
di Mike Bartlett
con Sara Putignano, Fabrizio Falco, Jacopo Venturiero, Enrico Di Troia
regia Silvio Peroni
traduzione Noemi Abe
produzione Nidodiragno, Pierfrancesco Pisani
in collaborazione con Infinito srl