Vincitore del Napoli Fringe Festival 2015 Un uomo a metà della compagnia Il Castello di Sancio Panza arriva al Teatro Brancaccino. Recensione
L’impotenza è bianca. Ricopre con algida freddezza vesti, paramenti e statue. Candore abbacinante, di purezza distaccata perché lontana dalle umane sventure. Giuseppe ne è circondato, sovrastato. Solo muove corpo e pensieri, cercando ragione al dramma: da promessa calcistica a rappresentante di madonne, cosa è successo? Qualcosa, di molto grosso, è andato storto. Un uomo a metà, vincitore del Napoli Fringe Festival 2015, scritto da Giampaolo G. Rugo e diretto da Roberto Bonaventura della compagnia messinese Il Castello di Sancio Panza, approda nella Capitale rimanendo in scena fino a domani sera al Teatro Brancaccino.
Un monologo lungo una cinquantina di minuti che racconta la storia di un uomo qualunque, Giuseppe Rossi interpretato da Gianluca Cesale, ossessionato dall’incombente presenza della religione nella sua vita. Una corda legata al collo con la quale ha imparato, forse, a convivere. La fede è per lui totalizzante, è la morale che lo soffoca, ma allo stesso tempo rappresenta anche una scelta di vita, per la quale è ufficialmente il fidanzato di Maria, figlia del proprietario del più grande negozio di articoli religiosi di Roma. Maria non è né bella né brutta, né stupida né intelligente, anche lei una donna a metà, d’altronde il nonno fascista di Giuseppe ha sempre sostenuto che «in medio stat virtus». E allora perché aspirare al meglio? Perché a un certo punto quell’essere in mezzo, tanto da una parte che dall’altra, accontentarsi di ciò che si ha, anche se non si è del tutto convinti, diventa un’autocastrazione e non ti spieghi come mai finisce sempre che ci sei quasi, stai per venire ma…niente! La vita di Giuseppe ha perso gradualmente i suoi colori: i fiori offerti a Maria sono bianchi, come è bianca la valigetta contenente le madonne di gesso, bianche; bianche le bottiglie stappate, bianca la tinozza dove un bagno sembra diventare una fonte battesimale. Tutto è penosamente immacolato.
Quella “erre moscia” così inceppata nell’arrotolarsi, rende allora le parole dell’attore Cesale a metà anch’esse, vogliose di incurvarsi dentro il palato e ruggire per prendere, finalmente e decisamente, un posto in un’esistenza dimezzata. Recitazione morigerata quel giusto che serve per far ribollire di rabbia il personaggio interpretato, per rendere quindi furente quella capigliatura riccia e non costretta ad appiattirsi sulla testa in segno di scontata accondiscendenza. Non si può per sempre far finta di non vedere, non si può sempre rispettare la virtù del mediano. Deve succedere, a un certo punto, che proprio quelle stesse madonne di gesso vengano frantumate in mille e più pezzi, che esplodano nella loro nuvola di imposta soggezione e che le mani, gli occhi, le braccia, i capelli e il corpo tutto di Cesale rompano le righe della sua postura imbrigliata in una giacca di gessato.
Se è vero che oggi molto dell’offerta teatrale si sta muovendo all’insegna di una sempre maggiore attenzione al testo, dal Napoli Fringe Festival è uscito vincitore uno spettacolo che delle parole fa materiale in ebollizione per voce e corpo di attore inquieto e imprevedibile. Seppur rispettando una scelta autoriale abbastanza diffusa, ci regala un denso monologo capace di dipingere, in una scena vuota, scenari e personaggi dai tratti neorealisti.
Lucia Medri
UN UOMO A METÀ
di Giampaolo G. Rugo
con Gianluca Cesale
regia Roberto Bonaventura
scene e costumi Francesca Cannavò
amministrazione Marilisa Busà
foto di scena Giuseppe Contarini
produzione Castello di Sancio Panza e Fondazione Campania dei Festival
Spettacolo vincitore del Napoli Fringe Festival 2015