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Virgilio Sieni: antropologia e archeologia del rito

La Compagnia Virgilio Sieni approda al Teatro di Roma con Le sacre. Recensione

Foto di Rocco Casaluci
Foto di Rocco Casaluci

Archeologia e antropologia del gesto sono le due discipline costituenti la corporeità de Le sacre, ultimo lavoro della Compagnia Virgilio Sieni approdato al Teatro di Roma – dopo quasi un anno dal debutto al Teatro Comunale di Bologna – per soli tre giorni in un weekend di inizio gennaio, nella rassegna Il Teatro che danza.
L’archivio coreografico del pezzo di repertorio Le sacre du printemps (Théâtre des Champs-Élysées, 1913) consta di un’ingente pluralità di scritture distintasi nel corso della storia, con maggiore o minore decisione, sotto forma di capolavori della danza mondiale, imponendo codici, ibridando gli stessi e piegando le partiture dei movimenti alla vibrante e impetuosa partitura musicale di Igor Stravinskij.

Foto di Rocco Casaluci
Foto di Rocco Casaluci

Musica in quanto centro propulsore del dinamismo scenico e non accompagnamento all’azione; una composizione dunque che già di per sé è creatrice di movimento, alla quale si affianca il gesto coreutico.
Il coreografo fiorentino sembra partire proprio da questa dominanza sonora per costruire, adattandovi, una danza in parallelo, letteralmente mossa insieme alla musica. Godendo di questa simbiosi, l’alba del rito pagano si spalanca davanti alla platea del Teatro Argentina nel Preludio musicato dal contrabbasso di Daniele Roccato (nel debutto a Bologna era suonato dal vivo), scoprendo nella penombra di una luce cupa e rossastra un allineato sestetto di nudità femminili: organismi ai primordi della specie articolanti pose fluide e cicliche in cui si assiste a una composizione e ricomposizione continua del movimento. Scavando a fondo nell’essenzialità, in quella “archeologia del gesto” che scopre il corpo liberandone la struttura ossea, si dispiega un moto imperituro senza origine né fine, rispettoso della legge fisica della meccanica «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»; muscoli, tensioni nervose, articolazioni messe a nudo dalle luci disegnate da Sieni e da Fabio Sajiz a ritagliare la fisicità delle interpreti. Lo spettro dell’onda sonora sembra prendere forma in scena, sinuoso ma non sensuale, puro ma non cristallizzato.

Foto di Rocco Casaluci
Foto di Rocco Casaluci

Dopo una lunga pausa di venti minuti, la quale affonda il silenzio del prologo in un chiacchiericcio distratto, si apre la seconda parte, La sagra della primavera, con l’introduzione delle note inquietanti del compositore russo. Una communitas di gesti si impossessa della scena, invadendo ogni vuota porzione di spazio come a voler segnare l’appartenenza al territorio, la quale diventa anche e soprattutto affiliazione spontanea a un gruppo di individui. La nudità del corpo è ora alternata da calzamaglie e top color carne, solo l’Eletta (Ramona Caia) si distingue a livello visivo per una calzamaglia dalle tinte bordeaux e il volto pittato d’oro. La separazione è però esclusivamente visiva perché in realtà l’intento registico di Sieni, come dichiarato nella presentazione, è quello di «rovesciare alcuni modelli colonialisti della coreografia occidentale, dove il rito appare esclusivamente come forma barbara», spostando il focus del rito dalla vittima (singolarità) al gruppo (pluralità). Il sacrificio pagano non è una violenza truce e carnale ma un atto che mette in relazione una comunità di individui. «La foresta di gesti» immaginata dal coreografo è un’antropologia della danza che si rivela diversa ma unita nella perfezione di quel sempre più riconoscibile e quasi assolutizzato estetismo di Virgilio Sieni. Gli studiosi non potranno esimersi inoltre dal percepire la sfumatura nostalgica, la tensione malinconica che anima questo lavoro, così distante dai modelli con i quali si confronta, così specifico di un linguaggio che sembra portare il classico Le sacre du printemps a una nuova origine e definizione.

Distaccandosi nettamente dalla terrena sensualità di alcuni dei suoi predecessori, Le sacre di Sieni potrebbe suscitare un lieve dissenso negli amanti di una ritualità violenta e passionale, tuttavia questa reinvenzione del codice è propria alla cifra stilistica del coreografo, a quell’autoralità che ne fa un modello e non solo l’interpretazione di un classico.

Lucia Medri

LE SACRE
ideazione, coreografia, scena Virgilio Sieni
luci Fabio Sajiz, Virgilio Sieni
costumi Giulia Bonaldi, Virgilio Sieni
produzione Teatro Comunale di Bologna, Compagnia Virgilio Sieni
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione

Preludio
musica Daniele Roccato
interpretazione e collaborazione Ramona Caia, Claudia Caldarano, Vittoria De Ferrari Sapetto, Patscharaporn Distakul, Giulia Mureddu, Sara Sguotti

La sagra della primavera
musica Igor Stravinskij
interpretazione e collaborazione Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Vittoria De Ferrari Sapetto, Patscharaporn Distakul, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Giulio Petrucci, Rafal Pierzynski, Sara Sguotti, Davide Valrosso

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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