Mauro Bigonzetti presenta la sua coreografia di Cinderella al Teatro alla Scala di Milano. Recensione
Da una parte all’altra del pianeta, sono tante le nuove produzioni e le riprese dei titoli di repertorio che vedono la luce grazie ad un sempre più diffuso interesse per il balletto come genere spettacolare “tradizionale” delle feste di fine anno. E così quest’anno, mentre all’Opéra di Parigi il pubblico ha potuto scegliere tra la sontuosa Bayadère con la coreografia di Nureyev e un programma misto con coreografie di Wheeldon, McGregor e Bausch, il pubblico della Royal Opera House di Londra ha assistito a un più canonico Schiaccianoci firmato da Peter Wright. Al Teatro dell’Opera di Roma lo stesso titolo è andato in scena nella nuova versione di Giuliano Peparini (qui la recensione), mentre al Teatro alla Scala di Milano ha debuttato Cinderella con la coreografia di Mauro Bigonzetti.
Per la compagnia di Makhar Vaziev – direttore uscente e prossimo alla direzione della compagnia del Bol’šoj di Mosca – non si tratta della prima esperienza con Bigonzetti, uno tra i più apprezzati coreografi italiani attivi sulla scena internazionale. Nato a Roma, dove si è formato alla Scuola del Teatro dell’Opera, il suo nome è legato a quello del compianto Balletto di Toscana e naturalmente a quello di Aterballetto, compagnia che il coreografo ha diretto e con cui ha collaborato per circa trent’anni, fino al 2012.
Alle prese con un balletto a serata intera, grazie al suo talento compositivo Bigonzetti opera un sapiente uso delle potenzialità atletiche ed espressive dei ballerini scaligeri che mettono a disposizione del coreografo corpi dalle linee forgiate dalla danza classica. La sua scrittura coreografica si sviluppa a partire da un approccio organico a quelle linee di forza che dal corpo emanano verso lo spazio scenico, nel quale la coreografia s’inserisce adattandosi senza forzature. I pieni e i vuoti disegnati dal movimento dialogano con la scena lasciata perlopiù sgombra, aperta, ma mai vuota. Sul palcoscenico, infatti, lo sguardo è libero di accomodarsi nella totalità della sua ampiezza. Una struttura architettonica creata grazie alle proiezioni di luce disegnate da Carlo Cerri con Alessandro Grisendi e Marco Noviello ci mostra una dopo l’altra diverse ambientazioni della fiaba. Immancabile è la dimora in cui vive Cenerentola insieme al padre, alla matrigna e alle sorellastre. Oltre alla casa, la scenografia accompagna lo sguardo degli spettatori al castello del principe, dove si tiene il ballo.
Senza intaccare la leggibilità della tecnica classica, Bigonzetti non rinuncia a imprimere il proprio stile accordando comunque ai danzatori grande libertà espressiva. Per Cinderella, il coreografo ha affrontato la creazione avendo a disposizione fisicità apollinee di grande espressività e doti tecniche come quelle delle étoile Polina Semionova e Roberto Bolle, le due stelle del primo cast. Nelle altre serate la distribuzione dei ruoli ha impegnato altre coppie di giovani ma affermati danzatori: Nicoletta Manni (leggi l’intervista) e Christian Fagetti, Virna Toppi e Antonina Chapkina con Jacopo Tissi e infine Alessandra Vassallo e Marco Agostino.
Sin dalla prima scena si percepisce un’armonia compositiva tra danza e musica in virtù di un ascolto attentissimo della partitura di Prokof’ev da parte del coreografo. Bigonzetti ha voluto dedicare questa produzione ai danzatori del Teatro alla Scala, offrendo loro grande autonomia nella costruzione di un’espressività propria creata a partire dai caratteri di ciascuno. Inoltre, la stabilità tecnica di tutto il corpo di ballo ha concesso al coreografo di non rinunciare mai al proprio vocabolario di movimento che, anzi, è messo ulteriormente in risalto dalla bravura dei danzatori.
Come ha dichiarato in una videointervista rilasciata al Teatro alla Scala, il suo ruolo non è stato quello del coreografo che “impartisce” una coreografia. Bigonzetti ha creato Cinderella insieme agli artisti a partire dalla potenza della musica nella quale i corpi si sono lasciati andare, lasciandosi costruire come personaggi.
Diviso in tre atti, questo balletto contemporaneo non è connotato temporalmente e non altera la trama della fiaba di Perrault di cui mantiene l’atmosfera magica e misteriosa, mettendone però in risalto l’ironia.
I costumi richiamano cromatismi opachi e cangianti tra i quali spicca il rosso carminio di Cenerentola accanto a quello, nero e elegantissimo, del principe.
Nei ruoli principali, la bella coppia formata Jacopo Tissi e Virna Toppi regala leggerezza anche ai passaggi più complessi della coreografia. Ne sono un esempio certe promenade per così dire “ad incastro”, nei pas de deux dove lui sostiene e muove la ballerina in equilibrio sulla punta, sorreggendola dalle spalle e facendola ruotare sul proprio asse tenendola con le braccia incrociate.
Molto interessante è il lavoro fatto sul personaggio della matrigna, simbolicamente e indissolubilmente legata alle due figlie, le sorellastre di Cenerentola. Le tre donne, la cui apparenza sembra ispirata a quella caricaturale e circense dei personaggi di Robert Wilson, sono rinchiuse in una struttura-abito metallica che le contiene tutte e tre insieme, facendole danzare come una creatura “una e trina”. Da dietro/dentro la loro struttura, dalla quale entrano e escono, le tre danzatrici (Alessandra Vassallo, Chiara Fiandra e Stefania Ballone) eseguono agilmente un’arzigogolata partitura di gesti, mimica e mani. Caratterizzati da un’ironia pungente, questi tre personaggi non riescono a sciogliersi dal legame che li unisce. Il loro stile, nella danza, si differenzia da quello dei protagonisti e dal corpo di ballo: gambe e braccia in apparenza “mollemente gettate via” fanno del loro movimento un gesto ironicamente antipatico, appositamente sgraziato e svogliato che fa sorridere il pubblico.
La fata madrina e le fate delle stagioni (Vittoria Valerio, Marta Gerani, Gaia Andreanò, Maria Celeste Losa e Denise Gazzo) danzano con precisione movimenti rotondi, rassicuranti, che alimentano la percezione positiva della dimensione onirica dell’intero balletto. Nella versione di Bigonzetti, allo scoccare della mezzanotte la ragazza non fugge dal ballo perdendo la classica scarpetta, ma il suo abito rosso.
Cenerentola mancava alla Scala dal 2006, anno in cui il Teatro programmò il balletto nella versione di Nureyev, una versione hollywoodiana e ambientata nel mondo del cinema degli anni Trenta. Le numerose, diverse interpretazioni hanno in comune il tema della proiezione dei desideri nel futuro da parte di una giovane ragazza che deve affrontare la propria emancipazione per diventare se stessa e, per farlo, ha bisogno di trovare quell’Altro da sé che chi ancora ha voglia di sognare, o danzare, può osare un sogno impossibile e chiamarlo amore. Oppure vita.
Gaia Clotilde Chernetich
Visto al teatro alla Scala di Milano il 30 dicembre 2015.
CINDERELLA
Musica Sergej Prokof’ev
Coreografia Mauro Bigonzetti
Assistente Coreografo Roberto Zamorano
Direttore Michail Jurowski
Scene e luci Carlo Cerri
Costumi Maurizio Millenotti
Costumista collaboratore Irene Monti
Video Designer Carlo Cerri, Alessandro Grisendi e Marco Noviello
Cenerentola Virna Toppi
Il principe Jacopo Tissi
Le sorellastre Alessandra Vassallo, Chiara Fiandra
La matrigna Stefania Ballone
Gli amici del principe Marco Messina, Valerio Lunadei, Angelo Greco, Matteo Gavazzi
La fata madrina Vittoria Valerio
Le fate delle stagioni Marta Gerani, Gaia Andreanò, Maria Celeste Losa, Denise Gazzo
Il padre Fabio Saglibene
Gaia Clotilde Chernetich ha ottenuto un dottorato di ricerca europeo presso l’Università di Parma e presso l’Université Côte d’Azur con una tesi sul funzionamento della memoria nella danza contemporanea realizzata grazie alla collaborazione con la Pina Bausch Foundation. Si è laureata in Semiotica delle Arti al corso di laurea in Comunicazione Interculturale e Multimediale dell'Università degli Studi di Pavia prima di proseguire gli studi in Francia. A Parigi ha studiato Teorie e Pratiche del Linguaggio e delle Arti presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales e Studi Teatrali presso l'Université Paris3 - La Sorbonne Nouvelle e l'Ecole Normale Supérieure. I suoi studi vertono sulle metodologie della ricerca storica nelle arti, sull’epistemologia e sull'estetica della danza e sulla trasmissione e sul funzionamento della memoria. Oltre a dedicarsi allo studio, lavora come dramaturg di danza e collabora a progetti di formazione e divulgazione delle arti sceniche e della performance con fondazioni, teatri e festival nazionali e internazionali. Dal 2015 fa parte della Springback Academy del network europeo Aerowaves Europe, mentre ha iniziato a collaborare con Teatro e Critica nel 2013.
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