Roma teatrale: e se i teatri fossero come tanti campi da calcio? Piccoli stadi dove si giocano partite senza goal, vincitori e vinti. Proviamo a raccontarveli così questi spettacoli con la recensione che quasi si trasforma in telecronaca sportiva: Dialogo di una prostituta con il suo cliente di Dacia Maranini al Brancaccino, Al Teatro Belli per Trend All over lovely di Claire Dowie, Paola Giglio con Finalmente sola al Teatro Studio Uno
A pochi minuti dal fischio d’inizio al Teatro Brancaccino ci giungono in postazione le formazioni ufficiali e tutto sembra previsto: Dacia Maraini a dettare il testo a centrocampo, di punta la coppia formata da Rossana Bellizzi e Mauro Racanati, in panchina, l’allenatore, Walter Manfrè; eppure una sorpresa c’è: al centro della difesa svetta un nome celebre e imprevisto, il Marcello Mastroianni del felliniano La città delle donne (1980). Proprio così inizia il Dialogo di una prostituta con un suo cliente, con la proiezione di un noto passo del film che si conclude nella camera da letto della nostra prostituta, intenta a far rilassare questo giovane e timido cliente un po’ troppo agitato tra il letto rosso e la poltrona rossa, tra l’attaccapanni e il catino per la toletta. Ma nonostante ciò, neppure avere in difesa uno come Mastroianni permette alla squadra di Manfrè di non prendere gol al passivo, dipingendo una situazione statica che raramente riesce a mostrarsi contemporanea, affondata in un testo classe 1978 che lascia intravedere fin troppe rughe perché passino inosservate. Partita scialba dunque, giocata su ritmi blandi e vittima di una certa povertà – non essenzialità – estetica, con ruoli troppo stereotipati e grande difficoltà a impostare la manovra e fare gioco.
Al Teatro Belli invece serata fredda e una Trastevere semidormiente, atmosfera britannica utile per una delle ultime gare di Trend, a campionato però quasi finito con pochi verdetti ancora da decretare. Schema classico per Flaminia Cuzzoli e Ottavia Orticello che sposano il gioco duro, all’inglese, e si dicono All over lovely con le parole di Claire Dowie, drammaturga di Birmingham sensibile ai temi sociali e al dibattito di genere.
A e B si fronteggiano da una parte all’altra del campo. Sono due personaggi, due donne. E le relative gigantografie colorate alle loro spalle. Cui appendere oggetti, cui lasciare il compito di raffigurare l’esistenza. Sono quasi amanti, quasi sorelle. Sono, quasi. Perché qualcosa blocca la loro completezza, il loro rapporto non ha avuto soluzione e si trascina nelle epoche fin da quando, bambine, scoprirono un legame stridulo ma inestinguibile. Il dialogo inizia con il vivo entusiasmo delle due attrici che scoprono la competizione, il femminismo, l’anarchia, poi la lotta per la supremazia a centrocampo si rivela dispendiosa di energie e pian piano una catena drammaturgica eccedente che fa tratti di giri a vuoto rivela la stanchezza della distanza, mostrando ripetitività in un continuum di fughe e tradimenti, ripicche e accuse, ritardi e rivendicazioni. Non c’è chi prevale, ognuna cerca di screditare l’altra, portarla al fondo delle proprie contraddizioni. Eppure è lì che il conflitto – in teatro sovrano e funzionale – si blocca, inceppando una via d’uscita. Brave le attrici, coraggioso il regista Emiliano Russo. Forse ancora troppo giovani per misurarsi con questi campi e con poche soluzioni per scardinare le difese avversarie, ma ci sono i presupposti per una dignità artistica in divenire. Zero a zero a Trastevere, linea a Torpignattara.
Molti gli spettatori al Teatro Studio Uno per la sorpresa della giornata: Paola Giglio che si sente Finalmente sola e porta a casa una vittoria meritata di fronte al pubblico pagante. Con una buona condizione atletica la drammaturgia di questo monologo si snoda attraverso un certo ricorso al movimento, capace di premiare parte dei suoi sforzi dettati dall’entusiasmo e dal desiderio di vincere.
P. parte subito all’arrembaggio, imbastendo azioni su azioni su un campo tutto dipinto di rosso che però non riescono a penetrare in area di rigore, affollatissima di fidanzati fin dall’età giovanile, quando si inizia a creare una psicologia della dipendenza dalla relazione. Ma è da grande che essa svela il disagio, nell’incontro con un uomo che pian piano scopriamo possessivo, geloso, insomma marcatura troppo stretta e continuo rischio di gioco falloso. Ed è proprio in vista del possibile annientamento che il gioco spumeggiante cambia indirizzo e la Giglio, grazie anche alla regia di Marcella Favilla, dribbla il crescente pericolo dirigendosi indisturbata verso la porta, concludendo con un tiro imprendibile per l’uomo che l’avrebbe portata alla rovina. Quindi uno a zero e fischio finale sulla violenza, inizio però dei festeggiamenti per dire a tutte le donne che rischiano questa caduta negli inferi di relazioni morbose quanto sia opportuno comprenderne in tempo i limiti e i possibili stravolgimenti, così che per una volta non sia il corpo tumefatto di una donna uccisa, la sua foto sorridente di quando era in vita, a far da monito, ma sia una donna viva davvero, una donna che potrà dire con le proprie parole di avercela fatta.
Simone Nebbia
visti a dicembre 2015
Teatro Brancaccino
Viola Produzioni
DIALOGO DI UNA PROSITUTA
CON UN SUO CLIENTE
di Dacia Maraini
con Rossana Bellizzi
Mauro Racanati
regia di Walter Manfré
Teatro Belli
ALL OVER LOVELY
DI CLAIRE DOWIE
con Flaminia Cuzzoli e Ottavia Orticello
regia Emiliano Russo
una produzione Ass. Upnòs
Teatro Studio Uno
FINALMENTE SOLA
Di e con Paola Giglio
Regia Marcella Favilla
Tecnica luci e fonica Francesco Bàrbera