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Inviloop: nell’hula hoop di Daniele Parisi

Al Nuovo Cinema Palazzo il debutto di Inviloop, nuovo lavoro dell’attore comico Daniele Parisi

Foto Matteo Abati
Foto Matteo Abati

Quartiere San Lorenzo, venerdì pomeriggio. Il Nuovo Cinema Palazzo è ancora chiuso, sono passate un paio di settimane da quando Daniele Parisi ha debuttato con il suo terzo one-man-show dal titolo Inviloop. Nel quartiere universitario romano il freddo e i primi esami tornano a farsi sentire, i ragazzi si chiudono in biblioteca, a casa, al bar, e tutto continua a girare attorno a piazza dei Sanniti in quell’immenso – popolare – condominio che sono i quartieri di Roma. Quel “bestiario umano”, come piace dire a Daniele Parisi, dove il comico vive, e dal quale attinge per nutrire il gioco e la scrittura scenica. Non si dà comicità se non in ambito strettamente umano, dice Bergson nel suo Saggio sul significato del comico, e non a caso è lo stesso Parisi, seduto con me in un bar del quartiere tiburtino, a citare il filosofo francese per descrivere il meccanismo con il quale Inviloop avvolge, incastra, lo spettatore: il comico è una rigidità di meccanismo da cui tu non riesci a uscire, e questo crea inevitabilmente un effetto, il comico è dunque una meccanicità placcata sulla vita della quale il riso si fa castigo.

Foto Marco Abati
Foto Marco Abati

Inviloop si apre con un pretesto, una suggestione, una frase che appartiene ai ragazzi di San Lorenzo e all’umanità intera, la semplice domanda che ci si può sentir dire dopo una serata, o un appuntamento: «vuoi salire da me?». Daniele Parisi la ripete più volte, a sé stesso forse, ma soprattutto al pubblico creando nello spettatore quella sospensione della risposta, quell’esitare prima di buttarsi, quell’istante che concederselo vuol dire correre il rischio di rimanere incastrati. E così in quell’istante dilatato, che dura tutto il tempo dello spettacolo, l’immaginario del comico accompagna quello dello spettatore in un safari di scenari grotteschi, allucinati, drammaticamente reali, che vanno dalla paura di legarsi, di essere vincolati in un rapporto che non dà aria, alla solitudine di chi – a casa dell’altro – non salirà mai.

Un funzionamento ripetitivo, ripreso più volte dalla loop station che ormai accompagna Daniele Parisi, retaggio del suo passato da musicista – «quando faccio uno spettacolo di teatro sto facendo un concerto rock, punk forse, è sempre una Woodstock» – e che avevamo visto anche in Ab hot et ab hac. Loop station che costruisce tappeti vocali come base su cui cantare, insiste sul loop o personifica la rete di relazioni sociali che si interpongono tra un lui e una lei, in una drammatica ed esilarante sequenza nella quale un uomo non riesce a dire qualcosa di importante alla propria donna perché inviluppato, appunto, in un vortice di «buonasera» che lo tirano via; potrebbe essere un racconto di Achille Campanile, sicuramente è emblematico il fatto che la voce che lo saluta sia la sua, a confermare che il sistema di incastri spesso ce lo costruiamo da soli.

«Ronald D. Laing, in un testo bellissimo che si chiama Nodi, racconta proprio questo meccanismo qui, la psicopatologia di tanti esseri umani; ci creiamo dei loculi domestici, delle relazioni umane che non hanno sviluppo, delle follie tutte nostre nelle quali ci ostiniamo a vivere». Mi dice Daniele Parisi, che ormai da quattro anni continua a percorrere dal basso il territorio romano e nazionale portando, ovunque, i suoi spettacoli con l’idea di creare un suo linguaggio sulla scena, di poter raccontare «quell’elemento di ironia tragica che poi fa parte della nostra tradizione».

Questo è Inviloop. Questo è l’hula hoop di Daniele Parisi, un gioco scenico che raccontando il dramma diverte il pubblico forte della circolarità di un universo nel quale rimaniamo intrappolati, inviluppati, come nel teatro dell’assurdo; uno spettacolo forte del meccanismo di ripetizione dell’esistenza, e della grinta e del ritmo sincopato – tra tensione ed elasticità – della performance scenica e vocale. Nonostante stavolta si presenti sul palco senza chitarra, Daniele Parisi si può sicuramente definire un performer “rock.

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Foto Marco Abati

Dopo l’analisi in occasione dello spettacolo di Nano Egidio della scorsa settimana, Inviloop conferma come questo sia un periodo in cui una generazione di comici sta portando avanti delle idee, con un linguaggio riconoscibile e innovativo. Dalla romanità quasi acquisita del comico, che nello spettacolo racconta di aver guardato Roma sempre un po’ da lontano, dalla sua Ciampino e dai Castelli Romani, così come si guarda un’opera d’arte, viene fuori il rispetto e il rapporto tra un attore e un’antica signora; un attore che ha deciso di appoggiare il suo linguaggio sulle proprie radici. “Noi veniamo dalla commedia dell’arte, dalla stagione della commedia italiana che io amo, abbiamo una tradizione. La comicità dovrebbe essere valorizzata e studiata perché il comico è un mezzo, non un fine».

Luca Lòtano

visto al Nuovo Cinema Palazzo, Roma – novembre 2015

INVILOOP
di e con Daniele Parisi

Prossime date:
3 gennaio 2016 INVILOOP @ M.U.S.P.A.C. – L’Aquila
9 gennaio 2016 INVILOOP @ Teatro del Lido – Ostia (ROMA)
13 febbraio 2016 INVILOOP @ Sala Malalingua – Molfetta (BA)
19 febbraio 2016 INVILOOP @ Teatro della Caduta – Torino

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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