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Elio De Capitani. C’era una volta l’uomo contemporaneo

Elio De Capitani porta al Teatro Argentina di Roma Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Recensione

Foto Laila Pozzo
Foto Laila Pozzo

Roma. C’era una volta.
Dev’esserci una specie di fuso orario, una cristallizzazione del tempo che inizia con i secondi e non te ne accorgi, poi si fanno minuti e va anche bene, ma quando si fanno ore, giorni, mesi e qualche anno inizi a farci caso che la progressione è avviata e non si può tornare indietro o, meglio, che per tornare indietro servirebbe un cambiamento sostanziale, epocale, rivoluzionario.
Non fosse così, si spiegherebbe con maggiore difficoltà alle generazioni che guarderanno quest’epoca di Roma il disagio con cui si avverte una retrocessione – morale, sociale, politica – a provincia dell’impero. Non ne è esente il teatro, considerando chiavi di lettura forse marginali ma indicative – peggio ancora, identitarie – come l’arrivo, in dicembre 2015, sul palco del Teatro Argentina del debutto firmato gennaio 2014 da Elio De Capitani del Teatro dell’Elfo, quel Morte di un commesso viaggiatore che attraverso la penna di Arthur Miller ha attraversato decenni fin dal 1949, quando fu presentato per la regia di Elia Kazan in un teatro di New York.

Novecento. C’era una volta.
Willy Loman. Per chi abbia padronanza di storia culturale del secolo passato questo nome ricorre in mezzo a tanti perché se ne avverta la caratura esemplare, personaggi in cui riconoscere uomini fatti simbolo di una mutazione dell’umanità nel divenire; dal Bloom di Joyce al K. di Kafka, passando per il proustiano Swann o ancor prima Madame Bovary, ognuno ha sviluppato un segno di riconoscibilità nell’esperienza dipinta attorno alla situazione ora drammatica ora narrativa, al punto che i fruitori ne traessero un rimando esplicito, per di più plastico quando teatralizzato, al ritratto di un’epoca e della propria condizione umana. Ma se questa è la lezione del Novecento, quasi impossibile è rintracciare figure simili che siano state capaci di imporsi nelle arti di questo inizio millennio, come si fosse esaurito il racconto ideale e le forme di rappresentazione non avessero adeguato riscontro dal mondo reale, più ancora forse perché l’uomo degli anni Zero è incapace, così intriso di notizie da consumare e immagini da scorrere in fretta, di modellare e percepire la propria figura di riferimento con un tratto deciso e non disperso in mille sfumature. Si tratta insomma della cronica inadeguatezza al racconto del presente, perduto quando ancora non si sia avvertito a portata di mano, lacero di interpretazioni efficaci e compiute, in cui ristagna la storia culturale di un’era che non avrà classici e che si avrà modo di definire, rassegnati, “di passaggio” tra grandi rivoluzioni.

Foto Laila Pozzo
Foto Laila Pozzo

Willy Loman è dunque un venditore, per mestiere e, forse, per vocazione. Accecato dal desiderio di affermarsi, il suo lavoro ha iniziato pian piano a sostituire l’esistenza, surrogandone apparenze che lui stesso ha iniziato a credere vere; ha una moglie che si riflette passivamente nello stesso specchio, ha due figli: Happy, che non basta mai ed è incapace di soddisfare le ambizioni di famiglia, Biff su cui ricadono le maggiori aspettative di successo, idealista e imbevuto delle proiezioni paterne. E sarà proprio lui, la promessa mai mantenuta, a rivelare la bugia espansa in cui macerare le più inguaribili delusioni.
È una parete orizzontale asfittica, rivestita di carta, a farsi casa, albergo, ristorante, ufficio, favorita da pochi elementi che attraverso l’uso e il cambio di luci prendono un diverso indirizzo semantico. L’azione si compone quasi esclusivamente in virtù dei dialoghi, procedendo per scene corali ora in avanti ora indietro nel tempo e aprendo varchi onirici entro cui rassodare le impressioni lentamente, assimilare la presenza di un segreto che si dipana lungo l’intero arco drammaturgico e che sviluppa un sentimento di angoscia, un declino atteso e nitidamente tragico, il cardine espressivo di quella “morte” chiusa nel titolo, cui non ci sarà scampo. Perché Willy Loman ha anche un passato, che viene a trovarlo. È il fantasma del fratello Ben che ce l’ha fatta a diventare ricco e pertanto stimato, che conosce il modo per farcela, ma non lo rivela; egli, in un crescendo frastornato di suoni e di luci più cupe, si trasforma poi in fattezze mefistofeliche e concretizza uno spettro in forma di serpe, invisibile ad altezza uomo, strisciante nel silenzio di una progressiva decadenza che svelerà un finale più modesto, di soluzioni teatrali e di tensione del racconto, come se la fine di un uomo si rivelasse meno intensa di un promesso declino. Sarà questo, forse, un tema degli anni Zero. Con un fantasma dal passato, più concreto di chi vive ancora, a dirci che il tempo è già scaduto. Prima di accadere. Prima di pronunciare, mestamente, c’era una volta.

Simone Nebbia

visto al Teatro Argentina, Roma, dicembre 2015.
In scena fino al 20 dicembre.

MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE
di Arthur Miller
regia Elio De Capitani
traduzione Masolino d’Amico
con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Federico Vanni, Gabriele Calindri, Daniele Marmi, Vincenzo Zampa, Alice Redini, Vanessa Korn
scene e costumi Carlo Sala
suono Giuseppe Marzoli
produzione Teatro dell’Elfo

orari spettacolo
martedì e venerdì ore 21.00
mercoledì e sabato ore 19.00
giovedì e domenica ore 17.00
lunedì riposo
durata
1 ora e 25 minuti primo atto
intervallo 15 minuti
1 ora e 40 minuti secondo atto

Tour
Elfo Puccini Milano (MI) 13 – 31 ottobre 2015
Teatro Municipale Piacenza (PC) 17 – 18 novembre 2015
Teatro del popolo Castelfiorentino (FI) 26 novembre 2015
Teatro Verdi Pisa (PI) 28 – 29 novembre 2015
Teatro Chiabrera Savona (SV) 1 – 4 dicembre 2015
Teatro Argentina Roma (RM) 9 – 20 dicembre 2015
Teatro Storchi Modena (MO) 10 – 13 marzo 2016
Teatro Novelli Rimini (RN) 15 – 17 marzo 2016
Teatro Alighieri Ravenna (RA) 19 – 22 marzo 2016
Teatro Donizetti Bergamo (BG) 29 marzo – 3 aprile 2016
Teatro comunale Ferrara (FE) 8 – 10 aprile 2016
Teatro Sociale Sondrio (SO) 12 aprile 2016
Teatro Due Parma (PR) 15 – 17 aprile 2016

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

1 COMMENT

  1. Avessi capito un micron del pensiero di questo grande critico a proposito dello spettacolo…troppo narciso, troppo occupato a piacersi e straparlare per occuparsi della messinscena. Ora. poi, lo sfottono anche su Facebook…

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