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Cuisine & Confessions, nella cucina del nouveau cirque

Les 7 doigts de la main al Romaeuropa Festival con il nouveau cirque e l’arte della cucina di Cuisine & Confessions. Recensione

foto Alexandre Galliez
foto Alexandre Galliez

Al termine della serata Clarissa, una spettatrice, gira per la platea con un’omelette cercando l’acrobata che l’ha preparata per ringraziarlo; dal palco, intanto, un rumore di aspirapolvere da fine cena accompagna gli spettatori all’uscita del Teatro Brancaccio, o forse del circo, sicuramente di un’enorme cucina ancora tiepida.

Les 7 doigs de la main, con Cuisine & Confessions presentato in Italia in occasione del Romaeuropa Festival 2015, affondano la mano nel circo e ne tirano fuori una drammaturgia da gourmet che insiste, se ancora ce ne fosse bisogno, sull’identità autoriale del nouveau cirque. «La grossa differenza con il circo tradizionale è nell’esibizione degli animali, ora ci esibiamo solo noi. A ogni artista è richiesta quindi una preparazione completa, dalla recitazione alla danza, dall’acrobatica alla musica…un mélange di forme d’arte differenti al quale stavolta abbiamo voluto aggiungere anche quella della cucina». Dice Héloïse Bourgois durante l’incontro #PostIt incalzata da Don Pasta che conduce il dialogo a seguito dello spettacolo mentre sulle poltrone rosse si ascolta a bocca piena tra una torta di banane e un piatto di pasta.

foto Alexandre Galliez
foto Alexandre Galliez

Ciò che viene fuori da un esperimento del genere, oltre la fascinazione per l’acrobatico profilo della messa in scena, è un’atmosfera, lontana dall’uso meramente dimostrativo delle tecniche circensi e funzionale a quella che è la vocazione narrativa. L’arte circense applicata alla drammaturgia collettiva, personale del gruppo di interpreti, è infatti alla base della ricerca che i due registi Shana Carroll e Sébastien Soldevila hanno portato avanti partendo dalla suggestione del libro Young and Hungry di Suzanne Taylor e da una semplice domanda: «cosa accade in una cucina?».

In cucina si parla, si racconta, si conosce l’altro. Ci si confessa, appunto. Les 7 doigts de la main hanno scelto di volteggiare tra il cibo per riconoscersi: Francia, Argentina, Svezia, Russia, Finlandia, Stati Uniti d’America, Canada si fondono nel melting pot circense che ha preso forma nella Ècole National de cirque di Montréal in Quebec, la stessa accademia che ha visto nascere un’altra delle capo fila del circo contemporaneo, il Cirque du Soleil. Ognuno degli interpreti ha portato con sé, nella fase di creazione dello spettacolo, la propria tradizione culinaria, le proprie abitudini, e in un métissage di arti e culture differenti è riuscito a scambiare i propri sapori con gli altri interpreti prima e con il pubblico poi. «Durante la creazione dello spettacolo abbiamo fatto un corso di cucina, ogni settimana cucinavamo tra di noi, con i registi, parlavamo molto di quando eravamo piccoli, di cosa mangiavamo» rivela Mishannock Ferrero durante l’incontro #PostIt.

foto Alexandre Galliez
foto Alexandre Galliez

Così le coreografie riescono a raccontare la povertà vissuta nelle omelette di uno degli interpreti, o l’ultima sognata pasta della domenica di un figlio che vede il proprio padre sparire e entrare nel novero di chi non avrà mai sepoltura, ma solo una dicitura “desaparecido”: un cadere nel vuoto lungo una pertica – da tenere il fiato sospeso – che, fermandosi con il viso a un soffio da terra, restituisce tutta la forza e il controllo dell’acrobata che vede andar via il proprio padre: «com’è bella la vita che stai per lasciare». La stratificazione delle pratiche del circo e la loro evoluzione si lasciano ripercorrere poeticamente nel racconto muto che il corpo di un’interprete disegna nell’aria, un’infanzia tra pop corn e zucchero filato, bestie mansuete, maghi, clown spruzzanti lacrime e giocolieri sotto un tendone, quel tendone che a guardarlo oggi ha però l’aria malinconica delle polaroid. Intanto il palco, la cucina, è tutta un giocolare e un mescolare di corpi e ingredienti, di amori impastati, di uova rotte con una mano sola e di colazioni tra le coperte. Si, dell’universalità del cibo.

foto Alexandre Galliez
foto Alexandre Galliez

L’esercizio aereo della compagnia di Montrèal muove dalla traiettoria del palcoscenico fino ad arrivare a un coinvolgimento diretto, sensoriale, del pubblico in sala. Lo spettacolo non ha un inizio definito, ma accoglie lo spettatore giocandoci assieme, con gli interpreti che girano tra le poltrone cercando in ogni lingua risposte che diventeranno poi – come per Clarissa – parte integrante del testo. La torta di banane cucinata durante le coreografie, servita poi a fine spettacolo come metafora di condivisione, rispetta il tempo di cottura che gli smartphone degli spettatori fanno suonare dalla platea in un countdown culinario. «Ci presentiamo al pubblico al loro stesso livello. Il nostro intento è umanizzare il circo attraverso un contatto emozionale, fisico, di parola; invitiamo le persone sul palcoscenico a inizio spettacolo per abbattere totalmente la quarta parete e avere con loro uno scambio reale» insiste sul tema Héloïse Bourgois, mentre al suo fianco Mishannock Ferrero ha immerso piede e caviglia in una bacinella.
L’equilibrio della cucina e quello del corpo impongono una presenza costante e una lunga preparazione. Libero dalla retorica il circo moderno riporta l’interprete teatrale in una situazione di rischio, autodeterminata, che ne amplifica la suggestione e l’ammirazione, rendendo esplicito l’eventuale errore come percorso umano e artistico: se sbagli, e non tieni per la mano il pubblico, cadi.

Luca Lòtano

Teatro Brancaccio, Roma – Novembre 2015

CUISINE & CONFESSIONS
Creazione, Regia Shana Carroll, Sébastien Soldevila
Interpreti Sidney Iking Bateman, Héloïse Bourgois, Melvin Diggs, Mishannock Ferrero, Anna Kichtchenko, Gabriela Parigi, Emile Pineault, Matias Plaul, Pablo Pramparo
Assistente artistico, Direttore di palco Sabrina Gilbert
Direzione musicale Sébastien Soldevila
Sound Engineer Colin Gagné
Disegno luci Éric Champoux
Scenografia Ana Cappelluto Props Cloé Alain-Gendreau
Costumi Anne-Séguin Poirier
Apparato acrobatico Yannick Labonté
Acrobatic Design Jérôme LeBaut
Acrobatic coaching Francisco Cruz
Assistente alla scenografia Clara Maria Gonzalez
Consulente per la cucina Mat & Alex Winnicki – Satay Brothers
Manager di produzione Luc Paradis
Direttore tecnico Yves Touchette
Musiche originali, Arrangiamenti Nans Bortuzzo, Raphaël Cruz, Colin Gagné, Spike Wilner, DJ Pocket Canto Alexandre Désilets, Frannie Holder Chitarra Serge Nakauchi-Pelletier & Benoit Landry
C.E.O. Nassib El-Husseini
Direzione Artistica Shana Carroll, Isabelle Chassé, Patrick Léonard, Gypsy Snider, Sébastien Soldevila, Samuel Tétreault
Direzione Touring, Sviluppo, Eventi speciali Tina Diab Comunicazione Marion Bellin
Ispirato al libro “Young and Hungry” di Suzanne Taylor

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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