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Antonio Rezza e la moltiplicazione del corpo in Anelante

 

Antonio Rezza con Anelante è in scena al Teatro Vascello. Sul palco il performer si circonda di giovani aiutanti… Recensione e Fotogallery (guarda le foto)

foto Giulio Mazzi
foto Giulio Mazzi

Il teatro di Antonio Rezza è nel suo corpo. Non esistono altri esempi in Italia – e per quello che ne sappiamo nel resto d’Europa e nel mondo. È nelle sue ossa, dentro ogni fibra o muscolo, lungo la sua epidermide, tutto è teatro e spettacolo. E anche la voce è corpo, frutto di una manipolazione fisica senza sosta, in grado di risuonare improvvisamente dalle zone più nascoste.
Dopo più di vent’anni di carriera quel corpo è ancora lì, capace di saltare come un elastico in un fisico atletico da altri tempi, ancora pronto a darsi in pasto al pubblico, ogni volta protagonista più che di un rito di vere e proprie battaglie dalle quali sembra uscire sempre un solo vincitore. Rezza è un gladiatore, un matador dell’arte scenica che risponde al sacrificio del corpo con la dominazione della mente. Fino a un paio di spettacoli fa al pubblico veniva chiesto di ripagare il sacrificio del corpo con la partecipazione – o in certi casi bisognerebbe parlare di sottomissione – totale. Lo spettatore rischiava di entrare nell’opera come uno dei tanti segni utilizzati, alla stregua di un oggetto, parte di una follia dadaista in cui apparentemente non vi è gerarchia alcuna – tra i segni, i contenuti e la loro successione. Di quelle stagioni in platea è rimasta quasi la paura e l’eccitazione che ne deriva, talvolta è lo stesso Rezza a ricordarlo: se durante gli applausi hai il coraggio di alzarti prima degli altri sappi che la pagherai cara.

foto Flavia Mastrella
foto Flavia Mastrella

Eppure ora su quel corpo inevitabilmente cominciano a contarsi i natali di mezzo secolo, se il fisico e il fiato ancora reggono nel viso si fanno strada dei solchi che non fanno altro che rendere la maschera smunta più detestabile, incattivita, cinica. Come d’altronde è il teatro dell’artista di Nettuno, cinico e senza speranza, dove l’unica salvezza è in quella risata catartica che più che un fine è una punteggiatura, matematica rappresentazione dell’infinita battaglia tra corpo e mente, ma anche lascito popolare di un’avanguardia artistica costantemente in lotta con la normalizzazione.
Arrivato a questo punto, il duo – perché voce e corpo non sono scindibili dagli ambienti scenici di Flavia Mastrella – aveva già dimostrato tutto o quasi infischiandosene di qualsiasi tabù teatrale e più in genere artistico, diventando quella che in molti hanno spesso chiamato “anomalia”, ovvero l’utopia realizzata di un teatro d’arte popolare, anzi da tutto esaurito. Ora però, condannato al sold out eterno, Antonio Rezza dopo tre anni di assenza da nuove creazioni è tornato al Teatro Vascello e la novità salta subito agli occhi: Analente è un lavoro corale?

Dopo qualche momento, dietro a una quintatura sghemba e mobile, una sorta di teatrino/navicella, cominciano ad apparire mani, teste e braccia, corpi che non sono quello del performer, ma che in realtà sono quasi delle proiezioni. Rezza ci aveva già abituato negli ultimi lavori alla collaborazione con Ivan Bellavista, ma in questo caso quello sdoppiamento del corpo in cui finivano le moltitudini di apparizioni mentali partorisce fino a quattro volte. L’azione fisica e scenografica è coadiuvata dai giovani Manolo Muoio, Chiara A.Perrini, Enzo Di Norscia, oltre che dal già citato Bellavista. Non sono personaggi, come d’altronde non lo sono neanche quelli del protagonista, ma sono più che altro delle emanazioni e in taluni casi degli amplificatori di forza.

foto Giulio Mazzi
foto Giulio Mazzi

Tutti insieme concorrono però a portarsi di tanto in tanto, sulle spalle, i fantasmi di una flebile traccia narrativa, o sarebbe meglio dire, logica. Perché anche qui, come sempre accade nel teatro di Rezza e Mastrella non ci sono storie da raccontare, ma allo stesso tempo l’autore non lascia del tutto chiusa la porta alla realtà, più che altro la apre e la chiude con ritmi alogici e antinarrativi, di modo che questa possa entrare a sorpresa, spezzettata, frantumata, senza il corollario di sovrastrutture sociali con cui siamo abituati a guardarla e così ne possa uscire rimasticata disordinatamente per apparire nuda e costellata di dubbi e incertezze.

Allora di cosa parla questo Anelante? Ecco appunto, non parla, ma “è”. In ogni momento è qualcosa di diverso che muta ai nostri occhi, in uno stimolo continuo, in un gioco di rimandi in cui lo spettatore non può fisicamente addormentarsi perché continuamente sollecitato da corpi e pensieri che diventano mostri anche quando sembrano innocenti scherzi. Certo, il pubblico è tentato di prendere con sé quei brandelli di quotidianità di cui il palco a un certo punto inizia a popolarsi: la matematica della prima scena, Copernico, Pitagora, la fisica quantistica, Keplero, una possibile adolescenza in cui una maestra miope aveva negato proprio a lui il palco per la recita – «tu pensa che si è perso il teatro ragazzi» – e poi i temi attuali, le pensioni, il potere e i grandi della terra che si incontrano. Ma siamo trascinati da un fiume in piena che sputa e inghiotte senza sosta. Così spuntano anche Dio e Freud, o meglio il continuo attacco e derisione alle teorie freudiane, perché in fondo l’austriaco rispetto a L’interpretazione dei sogni «è stato solo fortunato, che a un certo punto la gente c’ha sonno. C’ha costruito un impero economico». Se gli altri performer hanno il compito di espandere il corpo e talvolta la voce divenendo in un paio di occasioni una sorta di orchestra futurista, a tirare i fili del pensiero è sempre Rezza che in una struttura circolare comincia da se stesso e dopo aver bombardato qualsiasi punto fermo del nostro inconscio collettivo torna nelle profondità di un io disperso nei ricordi di un bambino alle prese con la madre dai modi tedeschi e il padre assente… al pubblico la possibilità di (non) cercarvi ancora una volta un significato.

Andrea Pocosgnich

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Clicca su una foto per sfogliare la galleria. Foto di GIULIO MAZZI

in scena fino al 17 gennaio 2015
Teatro Vascello, Roma
dal martedì al sabato h 21 domenica h 18
Riposo il lunedì, il 15-24-25-29 dicembre 2015 e il 12 gennaio 2016

CAPODANNO 31 DICEMBRE 2015 H 21
Programma: dalle h 20 Apericena
21.30 spettacolo
23.30 brindisi con dolci NATALIZI per festeggiare il capodanno
costo della serata 60 euro

ANELANTE
di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara A. Perrini, Enzo Di Norscia
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
disegno luci Mattia Vigo
organizzazione Stefania Saltarelli
macchinista Andrea Zanarini

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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