A Stefano Cucchi Margine Operativo dedica uno spettacolo intenso andato in scena ad Attraversamenti Multipoli 2015. Recensione
C’è una qualità intrinseca e facilmente rilevabile nel percorso artistico della compagnia romana Margine Operativo, formata da Alessandra Ferraro e Pako Graziani, questa caratteristica risiede nel tentativo costante di approcciarsi a una poetica tematicamente impegnata, sono autori di un teatro civile dalla morfologia urbana, ma rifiutano quasi interamente i canoni estetici abituali di quelle narrazioni. I monologhi si colorano di musica e live electronics e il duo lavora su drammaturgie frutto di commistioni, dando vita così a patchwork tematici e stilistici attraverso la riscrittura e la giustapposizione di diverse fonti. È teatro ibridato nella parola come nella forma.
Questo il taglio anche dell’ultima fatica, Presunta morte naturale, vista nell’unico debutto (ma si spera in ulteriori repliche future) alla quindicesima edizione di Attraversamenti Multipli, il festival urbano che a ottobre si è dispiegato tra gli spazi al chiuso del Teatro Centrale Preneste e della biblioteca Mameli e quelli all’aperto del quartiere Pigneto, per terminare poi nella zona del Quadraro. Uno spettacolo sulla vicenda tragica e vergognosa legata a Stefano Cucchi, che non cada nella trappola della retorica e ancor peggio che non diventi solo un dispositivo celebrativo, è una montagna da scalare. In questo senso allora il progetto interpretato con affabile tenacia da Tiziano Panici è un lavoro necessario: non solo perché arriva proprio nel periodo in cui la famiglia Cucchi vede riaffiorare, attraverso l’ipotesi di accusa nei confronti dei tre carabinieri impegnati quella notte nell’arresto, la possibilità di fare una minima luce sul caso – si attende l’esito del processo in Cassazione dopo che in appello erano stati assolti tutti gli imputati tra medici, infermieri e polizia penitenziaria – ma soprattutto perché si fa carico di metterci di fronte a qualcosa di personale e oscuro che è proprio la vergogna.
In questo modo comincia la drammaturgia creata da Graziani a partire dalle testimonianze e dagli articoli di giornale fusi in un percorso fatto di salti, flash, cambi del punto di vista narrativo. E la colpa collettiva emerge subito, quando Panici di fronte a un microfono legge parte di un testo apparso online quai un anno fa a firma di Nico Mauro su Galatina.it e dal titolo “Con quella vergogna tra le mani”. Il testo contiene una lettera, naturalmente, mai scritta dal trentaduenne romano: «Ma al Varco, m’è apparso un dio, senza volto. Nella mia dolente inedia, subivo l’affronto del corpo per mani vili, e non trovavo, e non giungevano umane parole, ne bende umide a detergere il sangue, ne acqua sulle labbra asciutte. Quel dio, era caldo, e mi ha detto: andiamo via. Lasciamo qui solo la vergogna. Qui crescerà. Lasciamola nelle mani di chi ti viola, lasciamola nelle mani di chi cercherà la verità, lasciamola nelle mani di chi giudicherà, di chi sarà indifferente. Lasciamola qua la vergogna.» La vergogna come una sensazione, un sentimento che rimane a noi vivi e con il quale dobbiamo confrontarci. Nelle parole successive di Mauro si legge anche la difficoltà di trasmettere quel sentimento ai figli: «Vorrei essere padre, cercare di spiegare, ascoltare, portare l’esperienza ai figli perché la usino, affianco alla loro. Ma non posso».
La scena al Teatro Centrale Preneste è spoglia, costituita solo da un tavolo e un cubo, poi in realtà lo spettatore la scoprirà piena dei suoni densi, nervosi e fastidiosi di Dario Salvagnini, utili a stimolare l’uditorio mettendolo in difficoltà, quasi a ricordargli che anche lui è destinatario di quella vergogna.
Ma come abbiamo già detto non vi è nessun patetismo, neanche quando Panici si prende l’onere di una prima persona scomodissima: «Ciao, mi chiamo Stefano Cucchi. Sono morto il 22 ottobre di sei anni fa – 2009. Mi hanno processato per direttissima e messo in custodia cautelare nel carcere di Regina Coeli. Spacciavo e mi drogavo, ma gli ematomi sul mio volto il primo giorno d’udienza poco avevano a che fare con questo. Un carabiniere ha scritto male i miei dati nel verbale, o meglio, non ha scritto i miei, ma quelli di un ragazzo albanese senza fissa dimora. Avrei potuto usufruire degli arresti domiciliari e persino, chissà, essere ancora vivo».
Con il giovane attore Margine Operativo ha lavorato sull’essenzialità e la pulizia, quel ragazzo in giacca e camicia è Stefano Cucchi ma rappresenta anche gli altri uomini morti mentre lo Stato doveva tutelarne la custodia. Il messaggio è preciso e puntuale: potrebbe capitare a chiunque.
Andrea Pocosgnich
Twitter @AndreaPox
Teatro Centrale Preneste, ottobre 2015, Roma
Nell’ambito del festival Attraversamenti Multipli
N.B. il 31 ottobre si svolgerà al Parco degli acquedotti di Roma il 1° Memorial Stefano Cucchi. “Parteciperanno anche Ascanio Celestini, Valerio Mastandrea, Muro del Canto e tanti altri artisti e sportivi. La partenza è prevista per le ore 10 in via Lemonia, dove la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009, il 31enne romano venne arrestato”, qui le info complete
Clicca per sfogliare la fotogallery, foto Valeria Collina
PRESUNTA MORTE NATURALE
Un dramma pubblico
ideazione – drammaturgia: Pako Graziani
regia : Alessandra Ferraro e Pako Graziani
con: Tiziano Panici
musiche: Margine Operativo
light designer: Valerio Maggi
suono: Dario Salvagnini,
produzione: Margine Operativo
in collaborazione con: Kollatino Underground, Argot Studio, Attraversamenti Multipli
[…] TEATRO e CRITICA/ Andrea Pocosgnich “STEFANO CUCCHI LA MORTE A MARGINE” […]
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